#ReaCT2020 – La prevenzione del finanziamento al terrorismo tra interventi comunitari e panorama normativo nazionale (A. Triggiano)
di Anna Triggiano, Osservatorio ReaCT
Scarica #ReaCT2020, il 1° rapporto sul radicalismo e il terrorismo in Europa
La cornice comunitaria: l’attenzione prevalente al riciclaggio come possibile fonte di finanziamento di attività terroristiche
Le modalità attraverso le quali vengono finanziate attività di stampo terroristico, anche di ispirazione religiosa e radicale, sono tematica che, da sola, meriterebbe un apposito approfondimento. In questa sede possono essere svolte solo alcune riflessioni basilari.
Le modalità con le quali i terroristi finanziano la loro azione possono consistere in attività lecite sia illecite.
Tra le attività lecite rilevano, ad esempio, riferendoci per comodità espositiva al solo terrorismo di matrice islamica, l’esercizio di piccole e medie imprese regolarmente costituite, liberalità e donazioni (zakat) versate da membri della comunità islamica ad enti caritatevoli e assistenziali, che risultano essere schermo fittizio per l’impiego distorto di tali somme, le rimesse degli emigranti (taxes). Le risorse sono alimentate da fonti diversificate (fonte ICSR-Statista 2019). Gli atti di saccheggio assicurerebbero secondo le ultime stime (2016) il 22% dei potenziali proventi, il 43% proverrebbe da imposte e tasse; i proventi petroliferi inciderebbero per circa il 32% mentre la percentuale residua, proventi da rapimenti e sequestri, garantirebbe soltanto il 3% degli introiti.
Le attività illecite che alimentano le risorse economiche dei terroristi sono insomma eterogenee e tra le più diffuse e redditizie si possono annoverare anche il traffico di sostanze stupefacenti, il contrabbando, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la contraffazione dei marchi e lo sfruttamento del lavoro irregolare, come la raccolta illegale di scommesse.
Le risorse frutto di attività illecita sono poi sovente oggetto di riciclaggio e, quindi, trasferite mediante canali finanziari. È per tale motivo che il contrasto preventivo al finanziamento del terrorismo corre spesso di pari passo con la normativa antiriciclaggio.
Vi è poi un livello di macrofinanziamento, riconducibile alla gestione delle risorse propria dell’organizzazione “madre”, alimentato anche dall’apporto clandestino di governi statali compiacenti.
La Commissione Europea a guida Jean Claude Juncker è stata molto attiva nel rafforzare il quadro per la lotta contro il riciclaggio quale potenziale fonte di finanziamento di attività e gruppi terroristici.
Nel febbraio del 2016, essa ha presentato un Piano di Azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo recante, da un lato, iniziative volte ad individuare i terroristi attraverso i loro movimenti finanziari e impedire loro di spostare fondi o altri beni, dall’altro misure dirette allo smantellamento delle fonti di entrata usate dalle organizzazioni terroristiche, in primo luogo colpendo le capacità di raccolta fondi.
Non si può non menzionare, in questo contesto, la Quarta Direttiva antiriciclaggio (EU 2015/849), la quale ha costituito un fondamentale strumento per la prevenzione dell’uso del sistema finanziario dell’Unione a fini di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.
Il rafforzamento, in particolare, della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo nella legislazione bancaria prudenziale ha condotto poi alla adozione della Quinta Direttiva antiriciclaggio. Tra i contenuti più salienti, si segnalano:
- una maggiore trasparenza sulle informazioni e sui titolari di società e soprattutto trust.
- l’attenzione ai rischi connessi alle carte prepagate e alle valute virtuali;
- la cooperazione tra le FIUs;
- il potenziamento dei controlli sulle operazioni che coinvolgono paesi terzi ad alto rischio.
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Il panorama normativo italiano
Il Legislatore è intervenuto sulla prevenzione del riciclaggio come fonte di finanziamento del terrorismo con il D. Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, attuativo della Direttiva 2015/849, nonché modificativo del D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231. Uno dei contenuti – ai fini della presente ricerca – più salienti della norma in parola è condensato nell’art. 2, che esplicita la definizione di finanziamento del terrorismo rilevante ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel decreto. Per finanziamento del terrorismo s’intende “qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte anzidette”.
Altra legge da prendere in considerazione è il D. Lgs. 125 del 4 ottobre 2019.
Le novità proposte dal decreto garantiscono una più sicura tracciabilità dei flussi finanziari, il rafforzamento degli strumenti di prevenzione e lotta al terrorismo e alle attività connesse e il contrasto ai pagamenti in forma anonima e alle nuove forme di pagamento (in particolare, alle monete virtuali), potenziando le norme di collaborazione fra le Autorità fiscali.
Il decreto, entrato in vigore il 10 novembre scorso, prevede anche l’inasprimento delle sanzioni (e il ricorso alla confisca) e una implementazione degli obblighi a carico dei Professionisti.
Lo scambio di informazioni tra Polizie economico-finanziarie, FIUs e Procure giudiziarie dei vari Paesi Europei si rivela di importanza vitale per attuare controlli sempre più serrati su soggetti segnalati e operazioni a rischio anche nel dominio cibernetico. La normativa italiana recentemente emanata, completa e accurata sotto questo ultimo profilo, è attesa, dunque, a un importante banco di prova di effettività.
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