Questo articolo esplora la strategia russa di diplomazia digitale, guerra informatica e uso dell’intelligenza artificiale (AI) come strumenti fondamentali nella competizione globale. La soft diplomacy russa, inizialmente accolta con favore, ha subito evoluzioni altalenanti a causa di campagne informative che hanno danneggiato l’immagine internazionale del paese. Negli ultimi anni, la Russia ha sviluppato una “diplomazia digitale” per influenzare l’opinione pubblica internazionale, sfruttando strumenti come i social media per diffondere messaggi polarizzanti e notizie alternative. Parallelamente, il paese ha potenziato le sue capacità di guerra informatica, considerandola una componente essenziale delle operazioni di informazione e un mezzo per raggiungere un equilibrio militare asimmetrico contro l’Occidente. L’uso dell’AI amplifica queste operazioni, consentendo la creazione di disinformazione su vasta scala e potenziando tecniche di spionaggio e attacchi cibernetici, con l’obiettivo di destabilizzare gli avversari e consolidare l’influenza russa a livello globale.
La morte di Sinwar ci conferma però due aspetti chiave. Il primo è che con la decapitazione dei suoi vertici politici e militari, Hamas ha perso la capacità di condurre una guerra strutturata contro Israele (avrebbe perso 80% della propria forza), sebbene il reclutamento di giovani reclute radicalizzate confermi ancora una certa presa ideologica in una fascia definita di popolazione. Dall’altro lato, questo è il secondo aspetto – molto più importante e determinante delle dinamiche della guerra – è la conferma di una capacità di intelligence israeliana che, al di là della disponibilità tecnologica d’avanguardia (pensiamo all’intensivo utilizzo dell’AI nell’attività di targeting – eliminazione obiettivi di alto valore), ha dimostrato di essere in grado di penetrare la difesa sociale creata attorno ai leader di Hamas. Questo perché per penetrare il cerchio a protezione di Sinwar (fatto di un ristretto numero di collaboratori di fiducia) Israele avrebbe colto una perdita di fiducia palestinese. La morte di Sinwar, con questa lettura, sarebbe così il risultato della combinazione tra la capacità intelligence e le crescenti crepe nella fiducia e nel sostegno da parte della popolazione di Gaza verso Hamas.
Finito il dibattito il primo commento che balza alla mente è che la Harris è stata per Trump pruriginosa. Dopo una breve introduzione in cui racconta d’essere cresciuta con solo la mamma divorziata che l’ha mantenuta fino alla fine degli studi, si è subito lanciata nel suo “programma” politico incentrato nel voler sollevare la classe media, la stessa di sua provenienza, dalle pressanti difficoltà economiche in cui versa. La strategia della squadra Harris è stata quella di irritare il più possibile Trump, obbligandolo di fatto a stare sulla difensiva.
Il duello per le presidenziali americane si sta inasprendo e posiziona i due candidati agli estremi dell’arco politico attraverso la scelta dei due Vice. Dopo il tanto atteso dibattito tra Kamala Harris e Donald Trump che li vedrà confrontarsi a settembre, Vance e Walz, si incontreranno per un faccia a faccia il primo ottobre prossimo. L’evento è organizzato dalla rete televisiva CBS.
Nell’agosto 2023 l’US Office of the Director of National Intelligence (ODNI) ha pubblicato una National Intelligence Strategy (NIS) incentrata sulla nuova era di competizione con la Cina che nel corso degli ultimi mesi ha iniziato ad essere attuata. Esiste la possibilità che la strategia di collegamento USA si traduca in opportunità per il sistema d’intelligence italiano? La disanima di Niccolò Petrelli dà una risposta all’importante quesito.
Dall’intervento di Claudio Bertolotti a SKY TG24 MONDO, ospite di Roberto Tallei (Puntata del 19 giugno 2024, h. 19.20.
Attaccare israele? Un’opzione senza scelta in relazione al ruolo dell’Iran nel cosiddetto “Asse della Resistenza”: chiedere per anni ai suoi proxy di combattere coerentemente con l’ambizione di potenza di Teheran non sarebbe più stato sostenibile dopo l’attacco israeliano all’ambasciata iraniana in Siria. Coerenza, opportunità, condivisione dello sforzo: se Teheran non avesse agito, l’intero Asse della Resistenza si sarebbe indebolito, progressivamente frantumato, lasciando Teheran da sola ad affrontare Israele.
A due anni dall’inizio del conflitto russo-ucraino, la situazione rimane critica, con un apparente stallo sul campo di battaglia che cela complesse dinamiche e gravi conseguenze. La Russia ha mantenuto il vantaggio tattico acquisito, consolidando il controllo sui territori occupati e mostrando disinteresse per le proprie perdite, in una strategia che privilegia le vittorie di grande risonanza mediatica. Al contrario, l’Ucraina, nonostante l’aiuto occidentale sotto forma di equipaggiamenti avanzati, si trova in difficoltà a causa della quantità insufficiente di sostegni, limitando la sua capacità di recuperare i territori occupati. La stanchezza dell’Occidente rischia di minare il supporto all’Ucraina, ignorando le implicazioni strategiche di lungo termine e potenzialmente consentendo alla Russia di usare i successi ottenuti per rafforzare le sue ambizioni future. Il conflitto sottolinea l’importanza di un impegno rinnovato e di una riflessione strategica per preservare l’ordine internazionale.
Questo articolo esamina l’origine della robusta condizione finanziaria della Russia alle soglie del terzo anno del conflitto in Ucraina, rilevando come il sostanziale afflusso di denaro dalle esportazioni di petrolio, in particolare all’India, abbia rafforzato le casse dello Stato russo. L’Autore, discute inoltre sul ruolo della Flotta Ombra del Cremlino, una forza marittima clandestina che elude le normative internazionali, facilitando il commercio di petrolio e oro insanguinato e contribuendo a mantenere il flusso di entrate verso la Russia. Infine, viene analizzata la dipendenza dell’India dal petrolio russo come strategia per mantenere stabili i prezzi globali del petrolio, nonostante le critiche internazionali.
Attualmente, chiunque osservi il coinvolgimento dell’Iran nel Medio Oriente non può ignorare le complesse dinamiche in atto. Nel corso degli anni, Teheran ha sostenuto diversi gruppi regionali, influenzando gli sviluppi nel teatro mediorientale senza farsi coinvolgere direttamente in operazioni militari. Con astuzia, l’Iran ha tessuto una rete intricata di proxies in vari paesi, utilizzandoli come strumenti per perseguire i propri interessi strategici a medio e lungo termine.
Gli attentati a Beirut e in Iran infiammano la crisi medio orientale. La guerra di Israele tra battaglie nella Striscia di Gaza e omicidi mirati.
Federica Saini Fasanotti – storica militare e studiosa dell’ISPI
Eric Salerno – giornalista esperto di questioni medio orientali e relazioni internazionali
Claudio Bertolotti – direttore di Start Insight e ricercatore ISPI
La minaccia principale che i soldati israeliani dovranno affrontare nella fase condotta dell’operazione di bonifica della Striscia di Gaza e, in particolare, dell’area urbana di gaza city, è quella proveniente dalla dimensione sotterranea, strategicamente sfruttata dal gruppo terrorista di Hamas per muovere, vivere e combattere sul campo di battaglia che si sta delineando.
Il presidente Joe Biden ha ordinato attacchi alle due strutture utilizzate dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane e dai gruppi di milizie da queste sostenuti, avvertendo che gli Stati Uniti sono pronti ad adottare ulteriori misure se gli attacchi da parte dei proxy dell’Iran dovessero continuare. Un chiaro segnale di posizionamento statunitense in funziona di deterrenza all’ipotesi di escalation orizzontale del conflitto in Medioriente.
Bertolotti (Ispi): “Gli incubi si chiamano ‘close combat’ e ‘urban warfare’. La dimensione sotterranea della Striscia è l’asso nella manica di Hamas’. Attenti al rischio ‘escalation orizzontale'”.
Questa guerra sarà diversa da quelle affrontate negli anni precedenti Perché a differenza delle precedenti rischia di sfociare in una guerra regionale in grado di coinvolgere l’Iran, la Siria, il Libano e gli Stati Uniti, e di allargarsi ulteriormente con strascichi di lungo periodo difficili da prevedere.
L’allargamento regionale del conflitto, da un punto di vista razionale in realtà non è auspicato da nessuno, in primo luogo da Hezbollah e dal Libano a causa del rischio di implosione economica e sociale dello stato libanese, con il rischio di una nuova guerra civile. Ma neanche l’Iran vuole dare il via a un’escalation che allarghi il conflitto. Ma da un punto di vista emotivo c’è sempre il rischio che le parti siano spinte o si lascino trascinare verso una crescente partecipazione alla guerra contro Israele e questo rappresenterebbe un punto di non ritorno che determinerebbe la ridefinizione violenta degli equilibri dell’intero vicino e medioriente.
Nelle intenzioni di Hamas, è l’escalation di violenza il risultato fortemente voluto e ricercato dal gruppo terrorista palestinese. E questo perché è l’unica opzione per far rivoltare le opinioni pubbliche dei paesi arabi nei confronti delle rispettive leadership di governo
Questo articolo delinea un’ipotesi di riforma dell’intelligence italiana basata su recenti dibattiti teorici, nonché sulla storia del sistema informativo della Repubblica. Dopo aver illustrato le principali difficoltà a cui i servizi d’informazione occidentali si trovano a far fronte, discute alcuni costrutti teorici emersi negli ultimi anni per guidare riforme dei sistemi d’intelligence ed analizza brevemente alcuni episodi rilevanti tratti dalla storia dell’apparato informativo italiano nel periodo repubblicano. L’articolo conclude infine con alcune indicazioni su come procedere a riformare il sistema.
Come Direttore dell’Osservatorio sul Radicalismo e il Contrasto al Terrorismo in Europa (ReaCT), sono lieto di presentare il 4° rapporto annuale sul terrorismo e il radicalismo in Europa, #ReaCT2023 (vai all’indice e scarica il volume), che intende fornire un’analisi quanto più completa dell’evoluzione della minaccia del terrorismo nel nostro continente.
Il commento sulla guerra in Ucraina del direttore Claudio Bertolotti a Radio inBlu, con Chiara Piacenti (puntata del 10 maggio 2023).
[…] quattro fattori mettono in evidenza la principale criticità dell’intero meccanismo di sostegno all’Ucraina: la divergenza tra limitata volontà/capacità occidentale, propensa a un accordo negoziale in cui Kiev dovrebbe rinunciare a parte della propria sovranità territoriale, e la determinata volontà e significativa capacità russa di sostenere una guerra a media intensità sul lungo periodo per annettere (non importa in quanto tempo) l’intero territorio ucraino.
#Ucraina: nuova fase della guerra? Dopo l’apertura USA all’invio di carri armati MBT ora si paventa l’ipotesi di missili a lungo raggio. Si discuterà di quantità (e forse potrebbero far sorridere i limitati numeri iniziali promessi), ma non è una questione di numeri (che cresceranno nel tempo) bensì di decisione di fornire determinate tipologie di equipaggiamento che si erano inizialmente escluse. Progressivamente si asta politicamente accettando, e lo si sta facendo accettare ai contribuenti ed elettori, un maggiore coinvolgimento nel conflitto in corso. E’ un passo significativo che, se confermato, potrebbe portare a un sostegno convenzionale potenzialmente senza limiti, con l’obiettivo di indebolire una Russia sempre più invischiata in una guerra di logoramento e attrito la cui leadership cercherà, per ragioni di sopravvivenza politica, di risolvere con un’offensiva “risolutiva” nel breve periodo (settimane, mesi).
A fronte degli sviluppi sul campo di battaglia, anche sul “fronte” della comunicazione si intensifica l’attivismo delle due parti in guerra. Da un lato il Presidente ucraino
Volodymyr Zelensky e la sua partecipazione a eventi “pop” e ad ampia diffusione come il Festival di Sanremo: tra contestazioni e sostegno riesce a far parlare della guerra in Ucraina, centrando così l’obiettivo di arrivare alle opinioni pubbliche dei Paesi che sostengono Kiev nella difesa dall’invasione illegale della Russia. Dall’altro lato, il Presidente russo Vladimir Putin, che minaccia ampie e gravi rappresaglie in risposta all’invio di mezzi corazzati in supporto all’Ucraina da parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti: un messaggio “forte” rivolto prevalentemente all’opinione pubblica interna. Entrambe le azioni hanno in comune una strategia comunicativa e propagandistica aggressiva ed efficace: un chiaro e consolidato strumento della guerra.
il commento del Direttore Claudio Bertolotti a TeleTicino sul discorso di Putin alla nazione, i referendum nei territori occupati e la mobilitazione militare (edizione del 21.09.2022, ore 18.15)
(Adnkronos) Bertolotti (Ispi): “Il paradosso di al-Qaeda in parte rappresentata all’interno del governo talebani. Vede i Talebani come modello di riferimento per gruppi insurrezionali, jihadisti e radicali dall’Africa subsahariana al Sudest asiatico”.
”Per al-Qaeda non cambia nulla” con l’uccisione del suo leader, l’ideologo egiziano Ayman al-Zawahiri, ”non è che la morte di un vecchio leader carismatico”. Perché ”oggi finisce la guerra al terrore, ma non finisce il terrore”, e a livello politico ”si chiude un’epoca storica, un capitolo importante già chiuso con il ritiro fallimentare dall’Afghanistan”. Per Bertolotti dell’Ispi è ”verosimile aspettarsi una reazione contro gli Usa”. Vidino vede tra i possibili successori l’egiziano Saif al-Adel o Abdal-Rahman al-Maghrebi, ma anche leader di gruppi in Africa dove il jihad si sta espandendo.
Anche quando fallimentare, un attacco terroristico ottiene un risultato altamente favorevole che consiste nell’imporre costi economici e sociali alla collettività e nel condizionarne i comportamenti nel tempo in relazione a misure di sicurezza o limitazioni ai fini della salvaguardia della collettività. La limitazione della libertà dei cittadini è un risultato misurabile che il terrorismo ottiene attraverso le proprie azioni: questo è il “blocco funzionale”, ottenuto dal terrorismo nell’82% dei casi: un risultato che conferma il vantaggioso rapporto costo-beneficio a favore del terrorismo.
Dugin e la “Quarta Teoria Politica”: l’ideologia illiberale russa che spopola in Occidente e giustifica l’invasione dell’Ucraina
Dopo le prime grandi operazioni manovrate, e le penetrazioni in profondità attuate nella prima settimana dell’offensiva russa, ora molti indicatori mostrano come si sia aperta una nuova fase di logoramento e attrito. Le forze attaccanti non hanno mantenuto l’iniziale “momentum” del loro ritmo operativo, ma è dubbio che, come dichiarato dal ministero della difesa ucraino, abbiano del tutto “perso l’iniziativa”, perché in quasi tutti i settori esse continuano invece le loro azioni, che si sviluppano in tutta una serie di “attacchi sistematici”, tipici delle operazioni offensive contro posizioni fortemente organizzate a difesa.
di Marco Cochi. L’esponenziale incremento dei download delle VPN evidenzia che molti russi non si accontentano della semplice propaganda di regime e bypassando i controlli cercano di avere informazioni più affidabili su ciò che sta realmente accadendo sul fronte di guerra.
Il Cremlino ha da tempo sviluppato un’elevata capacità di controllo di Internet all’interno dei propri confini, agendo in modo sempre più aggressivo nel tentativo di isolare tecnicamente il paese dalla rete globale di Internet, di fatto realizzando un’autonoma rete infrastrutturale posta sotto l’esclusivo controllo statale. Di fatto un’infrastruttura fisica e digitale di Internet all’interno dei confini russi: una “rete di reti” parallele, più che un sistema centralizzato dall’alto verso il basso.
Dal punto di vista prettamente tattico, il decorso delle operazioni sta mostrando diversi aspetti ormai piuttosto definiti e consolidati, cui se ne aggiungono altri che emergono dagli ultimi sviluppi osservabili sul campo: la “difesa a istrice” dei centri abitati e i “contrattacchi” delle forze ucraine
Prima di entrare nella sua fase cinetica, lo scontro tra l’Occidente e la Russia si è protratto per anni sul piano mediatico, culturale e psicologico. Sul fronte psyop, l’azione di disinformation war e l’impatto del memetic warfare russo spesso portata avanti da influencer più o meno consapevoli, ha indebolito l’Europa e gli Stati Uniti diminuendo la fiducia nella politica, aumentando la polarizzazione sociale e inceppando i processi decisionali tramite l’inasprimento di conflitti interni già latenti.
Secondo molte analisi, le offensive delle unità russe non hanno fatto ricorso in modo ampio al sostegno di fuoco aereo e terrestre (artiglieria), quest’ultimo, tradizionalmente e storicamente una priorità e un punto di forza degli eserciti russi dai tempi delle guerre napoleoniche. L’analisi di Fabio Riggi
START InSight ed Europa Atlantica hanno il piacere di annunciare l’uscita dell’ultimo libro collettaneo “2001-2021: Vent’anni di guerra al terrore. geopolitica e sicurezza: l’Occidente e il terrorismo jihadista dall’11 settembre a oggi”. Curato da Enrico Casini e Andrea Manciulli, con la prefazione di Marco Minniti.
L’Editore START InSight ha deciso di pubblicare e distribuire gratuitamente l’ultimo libro di Claudio Bertolotti a favore degli operatori, civili e militari, in Italia e in Svizzera; dei Ministeri della Repubblica Italiana e dei Dipartimenti della Confederazione Svizzera; delle amministrazioni regionali e locali, cantonali e comunali; della Protezione Civile, della Croce Rossa, di tutte le organizzazioni e associazioni di volontariato impegnate nel sostegno ai profughi afghani.
Blinken a Roma, via al vertice anti Isis: il commento di C. Bertolotti
L’esperto: “Più pericoloso, Mediterraneo allargato è area calda”