Presentazione del Rapporto #ReaCT2023 a Lugano il 6 ottobre
Ad oltre venti anni dagli attentati dell’11 settembre 2001 che hanno aperto un lungo capitolo di lotta al terrorismo sotto varie forme, la minaccia non solo non è svanita, ma è oggi più diffusa, frammentata e complessa da affrontare.
In Occidente,
lo scenario dell’estremismo violento è oggi caratterizzato da una varietà di
ideologie, orientamenti, profili e motivazioni, spesso sovrapposte o
indefinite, che rendono più difficile indicarne la portata, prevedere il
rischio e tracciare l’evoluzione del fenomeno.
Le iniziative di contrasto e prevenzione implicano una collaborazione multidisciplinare fra attori diversi e un dialogo costante tra ricercatori, operatori sul campo, forze dell’ordine, legislatori e società civile. Di fronte alla capacità di adattamento del terrorismo e al ‘new normal’ della radicalizzazione che definisce l’epoca attuale, è importante aggiornare le conoscenze, gli approcci e gli strumenti a nostra disposizione.
Invito alla presentazione del
4° Rapporto sul Terrorismo e il Radicalismo in Europa
#ReaCT2023
Venerdì 6 ottobre 2023, ore 17.30
Lugano, Università della Svizzera italiana
Auditorium, Palazzo Centrale
per annunciarsi scrivere a: info@startinsight.eu
SCARICA #REACT2023 QUI
PROGRAMMA
Introduce i lavori Jean-Patrick Villeneuve, Direttore dell’Istituto di Comunicazione e Politiche pubbliche, Università della Svizzera Italiana
Saluti istituzionali dell’On. Norman Gobbi, Dipartimento delle Istituzioni,
Cantone Ticino (videomessaggio)
Ore 17.45 INTERVENTI
“Terrorismi ed estremismi in continua evoluzione: il Rapporto #ReaCT2023”
Claudio Bertolotti, Direttore dell’Osservatorio ReaCT, ricercatore
Chiara Sulmoni, Presidente di START InSight, giornalista, analista
Marco Lombardi, Prof. e direttore del centro di ricerca ITSTIME, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Ore 18.15 TAVOLA ROTONDA
“Il contrasto e la prevenzione del terrorismo e dell’estremismo violento. Prospettive svizzere e italiane”
On. Rocco Cattaneo, Consigliere nazionale, Commissione della politica di sicurezza
Martin von Muralt, Delegato della Rete integrata svizzera per la sicurezza
(intervento in francese)
Diego Parente, Direttore centrale della Polizia di Prevenzione, Polizia di Stato
(in collegamento da Roma)
Michela Trisconi, Capo-progetto, Piattaforma cantonale di prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento
evento in collaborazione con
USI – Università della Svizzera italiana
e
Piattaforma di prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento, Cantone Ticino
Riformare l’Intelligence Italiana: Elementi di analisi teorici e storici.
di Niccolò Petrelli. START InSight, Università Roma 3
Abstract: Questo articolo delinea un’ipotesi di riforma dell’intelligence italiana basata su recenti dibattiti teorici, nonché sulla storia del sistema informativo della Repubblica. Dopo aver illustrato le principali difficoltà a cui i servizi d’informazione occidentali si trovano a far fronte, discute alcuni costrutti teorici emersi negli ultimi anni per guidare riforme dei sistemi d’intelligence ed analizza brevemente alcuni episodi rilevanti tratti dalla storia dell’apparato informativo italiano nel periodo repubblicano. L’articolo conclude infine con alcune indicazioni su come procedere a riformare il sistema.
Alcune
settimane fa i quotidiani hanno riportato la notizia che il
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la
sicurezza della Repubblica (AD) Alfredo Mantovano intende entro la fine dell’anno sottoporre al
Parlamento una bozza di riforma dell’apparato di intelligence.[1]
La materia è estremamente complessa non solo per via della segretezza che
circonda l’ambito delle informazioni per la sicurezza e di una generalizzata scarsa
familiarità con il tema, ma anche perché la riforma di un apparato informativo
presenta dilemmi di funzionalità ed efficacia, così come di controllo e
responsabilità democratica. Se questi ultimi si sono già profilati nelle poche
notizie riportate dai quotidiani, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda
i primi. La funzionalità e l’efficacia di un sistema di intelligence
rivestono tuttavia enorme importanza, dal momento che la decisione politica si
basa necessariamente sulla disponibilità di informazioni e che, in presenza di
un apparato disfunzionale, i decisori politici tenderanno a reperire altrove e
in autonomia le informazioni che ritengono necessarie all’esercizio del proprio
ruolo, con rischi tutt’altro che trascurabili per quanto riguarda il controllo
effettivamente esercitabile dalle autorità preposte circa la democraticità dei
processi attraverso cui tali informazioni vengono prodotte.
In un noto studio di alcuni anni fa lo storico di Harvard
Ernest May concluse che l’architettura organizzativa di un sistema di intelligence
non sembrava avere un impatto determinante sulla performance dello
stesso.[2] Negli
ultimi anni tuttavia tale conclusione, basata del resto sullo studio dei
periodi precedenti le due guerre mondiali, è stata sempre più spesso messa in
discussione, e attualmente il consenso tra gli studiosi è che l’organizzazione
sia una delle variabili chiave nel determinare l’efficacia di un sistema di intelligence
nel processo di raccolta e analisi delle informazioni, e dunque la sua capacità
di generare “conoscenza” utile a prendere decisioni politiche suscettibili di
avere un impatto sull’ambiente strategico di riferimento.[3]
Alla base di tale nuovo consensus vi sono due elementi: i rimarchevoli
cambiamenti intervenuti nel contesto strategico-operativo in cui gli apparati
informativi occidentali sono chiamati ad operare, ed un’evoluzione sempre più
rapida nelle tecnologie rilevanti per l’attività di raccolta e analisi delle
informazioni.[4] Da un lato, i servizi di
informazione operano oggi in un ambiente strategico instabile e soggetto a
mutamenti estremamente rapidi, il che produce significativi cambiamenti
nella natura del lavoro di intelligence, in particolare la necessità di identificare e monitorare
entità e minacce “nascoste”, e “processi emergenti”. Dall’altro, sono costretti a confrontarsi con un ciclo
di innovazione tecnologica estremamente rapido che a sua volta genera una sfida
di acquisizione, integrazione e innovazione particolarmente problematica per
organizzazioni di dimensioni medio-piccole.
E proprio problemi inerenti all’assetto organizzativo
sembrano essere alla base della proposta di riformare il sistema italiano
recentemente resa pubblica: come sottolineato in diverse occasioni da addetti
ai lavori infatti, l’efficacia dell’apparato informativo della Repubblica è
minata dalla persistente frammentazione tra le tre componenti del sistema.[5]
La soluzione individuata dall’AD per questo annoso problema si è orientata
dunque verso la “centralizzazione”, ovvero la creazione di un unico servizio
informazioni con competenze sia sul territorio nazionale che all’estero. Il
tema della centralizzazione non è nuovo al dibattito italiano sulla politica
dell’informazione per la sicurezza: una proposta per la creazione di un
servizio informativo unico fu infatti avanzata già nel 1993 da parte del
governo Ciampi.[6] Una riforma di questo tipo
appare tuttavia oggi di difficile realizzazione, non solo per i numerosi
ostacoli tecnici e burocratici a cui potrebbe andare incontro, ma anche alla
luce dei timori e resistenze che, sulla scorta della travagliata storia degli
apparati informativi nell’Italia repubblicana, la proposta di creare un
servizio informazioni unificato potrebbe generare in parte della classe
politica e dell’opinione pubblica.
In ogni caso la creazione di un servizio unico non
rappresenta la sola possibile soluzione al problema della frammentazione. La
recente letteratura di studi sull’intelligence, così come la storia dell’apparato
informativo italiano, offrono al contrario alcune preziose indicazioni per
sviluppare linee generali di riforma alternative mantenendo la attuale
struttura triangolare che, oltre a risolvere il problema della frammentazione, consentirebbero
di affrontare in maniera adeguata le sfide precedentemente menzionate ed assicurare
efficacia e rilevanza alla funzione d’intelligence nel contesto italiano
nei prossimi anni.
Un primo spunto potrebbe venire dal relativamente recente
concetto di “Revolution in Intelligence Affairs” (RIA) epigono del più
noto costrutto di “Revolution in Military Affairs” coniato negli anni
90. La nozione di RIA contiene tre prescrizioni fondamentali per riformare le strutture
delle organizzazioni di intelligence ed adattarle nella maniera migliore all’ambiente
informativo attuale e futuro. Anzitutto, acquisizione e integrazione su base
continuativa di intelligenza artificiale, sensori all’avanguardia e tecnologie
di automazione. In secondo luogo, promozione da parte dei vertici delle
organizzazioni di intelligence di cambiamenti organizzativi volti ad integrare
raccolta e analisi, generare un certo grado di ridondanza organizzativa tra le
varie componenti del sistema, e creare meccanismi più rapidi per la diffusione
in tempo reale ai decisori a tutti i livelli (oltre a sviluppare concetti
operativi per il teaming uomo-macchina che ottimizzino i punti di forza di ciascuno).
Da ultimo, i sostenitori della RIA ritengono che in futuro la maniera più
efficiente di operare per un sistema di intelligence sia ridurre la
sequenzialità delle operazioni a beneficio di una maggiore sincronia nelle
quattro funzioni fondamentali di pianificazione, raccolta, analisi e disseminazione.
Il concetto di RIA, per quanto utile come
costrutto-guida generale, potrebbe tuttavia in una certa misura risultare di
limitata rilevanza per un sistema di intelligence come quello italiano,
estremamente diverso per obiettivi, dimensioni, grado di tecnologizzazione, e
risorse da quello statunitense, in relazione a cui è stato sviluppato. Elementi
di riferimento più concreti potrebbero venire dal concetto di “integrazione” (Jointness)
applicato all’ambito informativo, dibattuto ed impiegato come principio guida
per vari cicli di riforme in seno all’intelligence israeliana. Esso si
fonda sull’ampio consenso esistente negli studi di teoria dell’organizzazione
circa la necessità, per un’organizzazione che
aspiri ad operare in maniera efficace in un ambiente complesso e mutevole, di
mantenere un alto livello di specializzazione delle varie componenti del
sistema nonché di assicurare meccanismi di interazione estremamente flessibili
tra le stesse al fine di integrare al massimo grado le competenze.[7]
Nel
dibattito israeliano con il concetto di “integrazione” si è inteso delineare un
nuovo tipo di assetto organizzativo per il sistema di intelligence che
si spingesse oltre la mera istituzionalizzazione di forme di collaborazione e
cooperazione, come ad esempio la condivisione di strutture e prodotti o i
tavoli di lavoro pianificati. L’“integrazione” si riferisce infatti alla
“creazione di nuove capacità sistemiche attraverso la fusione delle risorse e
delle competenze delle varie componenti dello stesso”.[8]
Tre
sono le linee di riforma ritenute essenziali per la creazione di tali capacità
sistemiche: ridondanza, riordino dei processi di lavoro, autonomia. La
ridondanza si riferisce alla generazione all’interno delle varie componenti del
sistema di surplus di competenze analoghe rispetto alle rispettive esigenze,
sia per quanto concerne metodologie di raccolta delle informazioni (in
particolare di raccolta tecnica), sia in relazione a tecniche analitiche (ad
esempio: strutturate, qualitative, quantitative) ed aree disciplinari (ad
esempio: analisi economica, social network analysis, studi
antropologico-culturali).
Il
secondo elemento, il riordino dei processi lavorativi, contempla invece che
all’interno delle varie componenti del sistema, accanto ai classici processi
lineari, paralleli e funzionalmente segmentati, si sviluppino anche in pari
misura processi “di rete” gestiti su base logica anziché funzionale che
eliminino la tradizionale separazione tra la raccolta e l’elaborazione delle
informazioni, ad esempio attraverso la creazione di gruppi di lavoro che, in relazione
a questioni emergenti, operino congiuntamente lungo l’intero “ciclo
dell’intelligence” per periodi di tempo prolungati.
Infine,
per quanto riguarda l’autonomia, ci si riferisce al trasferimento di autorità
pratica dai capi reparto ai sottoposti in un modello analogo al “mission
command” da tempo in uso proprio nelle forze armate israeliane, statunitensi,
britanniche, in cui i componenti di ogni unità godono della massima autonomia
nella gestione dei compiti affidati dai vertici che si limitano, da parte loro,
a operare come facilitatori, “abilitatori” e “sintetizzatori” dei prodotti
finali. In sintesi dunque l’“integrazione” crea le condizioni per una capacità
di continuo adattamento del sistema d’intelligence decentralizzando al
massimo il processo di produzione dell’intelligence e contemporaneamente
centralizzando il suo output, ovvero la conoscenza.
Tale nozione appare dunque decisamente più appropriata
come costrutto-guida per riformare il sistema informativo italiano poiché,
essendo incentrata sullo sviluppo e rafforzamento dei meccanismi di interazione
verticali e orizzontali tra le varie componenti organizzative del sistema, è
suscettibile di produrre quella moltiplicazione di forze che risulta essenziale
perché un sistema medio-piccolo e risorse limitate come quello italiano possa
superare i problemi di frammentazione di cui attualmente soffre e gestire
efficacemente le due sfide precedentemente menzionate. A questo punto è
necessario riflettere su “come” declinare tale costrutto-guida alla luce
dell’effettivo funzionamento del comparto intelligence.
Storicamente il sistema di intelligence della repubblica
italiana ha mostrato una più che buona predisposizione all’integrazione
orizzontale sia all’interno delle singole agenzie, sia nelle interazioni
esterne tra le stesse. Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna ricordare
che già il primo apparato informativo militare della repubblica, il Servizio
Informazioni Forze Armate (SIFAR), era strutturato in due branche principali,
una offensiva e l’altra difensiva ognuna delle quali deputata alla gestione di
entrambe le funzioni principali, raccolta e analisi
delle informazioni, nei rispettivi ambiti di competenza. I successori del
SIFAR, il Servizio Informazioni Difesa (SID), il Servizio
Informazioni e Sicurezza Miliare (SISMI), così come poi il Servizio
Informazioni e Sicurezza Democratica (SISDE) pur sviluppando strutture più
articolate, hanno sempre mantenuto assetti organizzativi di tipo ibrido in cui
le funzioni di raccolta e analisi erano compartimentate in alcuni ambiti e fuse
in altri.[9]
Per quanto riguarda le interazioni tra le varie agenzie dalla
storia del sistema informativo italiano emerge chiaramente come, anche in
situazioni di accesa rivalità, le varie componenti abbiano dimostrato
eccellenti capacità sia di coordinamento che di cooperazione. Alcuni primi
esempi in tal senso possono trarsi già dal periodo 1949-1977, in cui il sistema
di intelligence, formalmente centralizzato con il servizio informazioni
militare unico organismo deputato alla raccolta, analisi e protezione delle
informazioni a tutela della sicurezza dello stato, di fatto operava come un
sistema binario, con la Divisione Affari Riservati (DAR) del Ministero
dell’Interno come servizio informativo civile. In particolar modo, tra il 1951
ed il 1954 SIFAR e DAR collaborarono efficacemente attraverso tavoli di lavoro
a scadenza regolare per coordinare le penetrazioni della rete informativa Los
Angeles, impiantata dall’intelligence militare USA nell’Italia
nordorientale e tentare di appropriarsene.[10]
Un ulteriore esempio potrebbe considerarsi la collaborazione avviata intorno alla
fine del 1963 in materia di raccolta tecnica. La DAR ottenne l’affidamento del
centro radio di Monterotondo, che fu destinato alla localizzazione e
l’intercettazione di emittenti clandestine, nonché di radiotrasmissioni
provenienti dai paesi comunisti dell’Europa orientale. SIFAR e DAR iniziarono
una stretta cooperazione, che sarebbe durata fin quasi al 1966, volta allo
sviluppo da parte del servizio civile di competenze specialistiche in materia,
non solo in relazione all’impiego di particolari attrezzature per
intercettazioni, ma anche per operazioni di bonifica.[11]
Altri, ancor più significativi esempi, possono
derivarsi dal periodo successivo alla riforma del sistema d’intelligence attuata
con la legge n. 801 del 1977.[12] La
documentazione disponibile sul caso del rapimento di Aldo Moro mostra, ancora
una volta, una notevole attitudine all’integrazione orizzontale da parte
dell’apparato informativo. Infatti, in una condizione di gravissima crisi, il Comitato
Esecutivo per le Informazioni e la Sicurezza – CESIS, il Servizio Informazioni
e Sicurezza Militare – SISMI, ed il Servizio Informazioni e Sicurezza
Democratica – SISDE, in diverse sedi (i noti “Comitati” istituiti dall’allora
Ministro dell’Interno Cossiga) cooperarono abbattendo de facto le
barriere tra raccolta ed analisi, condividendo non solo informazioni, ma in
molti casi comunicandone le fonti, e conducendo analisi congiunte di specifici
eventi, così come dell’evoluzione generale della situazione. Nonostante la
mancanza di risultati rispetto all’obiettivo primario di fornire informazioni
rilevanti per la liberazione dell’ostaggio, la collaborazione tra le componenti
del sistema informativo che ebbe luogo durante i quasi due mesi del sequestro
Moro si sarebbe rivelata di notevole importanza nel periodo immediatamente
successivo, non solo come “esperimento organizzativo” utile a definire percorsi
di cooperazione, ma anche per sviluppare il quadro informativo alla base delle
operazioni anti-terrorismo condotte sotto il comando del Generale Dalla Chiesa.[13] Ciò
emerge con chiarezza dall’analisi delle fonti archivistiche disponibili. Nella
seconda metà del 1978 il SISDE, di recente creazione, avrebbe dovuto essere la
principale agenzia deputata a produrre un flusso di informazioni a sostegno delle
operazioni anti-terrorismo. Essa tuttavia mancava ancora di una infrastruttura
sul territorio nazionale, non disponeva di un patrimonio informativo
organizzato, né di una consolidata rete di fonti. In tale circostanza il SISMI,
in quanto erede strutturale del SIFAR e del SID, non solo si adoperò per un
prolungato periodo di tempo per sopperire a tali carenze, fornendo costante
supporto informativo all’azione anti-terrorismo delle forze dell’ordine, ma
avviò attraverso la 1^ Divisione (ex ufficio “D” del SID), una strettissima
cooperazione con il SISDE. Essa si tradusse in una “coabitazione” delle due
agenzie nei Centri di Contro Spionaggio (CS) del SISMI, in particolare nelle
città di Milano, Torino e Genova, con condivisione di fonti, risorse e
metodologie di raccolta, al fine di costruire un surplus di capacità sistemiche
nel neonato SISDE.[14]
Al
contrario, la documentazione d’archivio disponibile in merito al funzionamento
del sistema d’intelligence creato dalla legge n. 801/1977 evidenzia importanti
lacune in relazione alla dimensione verticale dell’integrazione. Benché come
notato dalla Commissione Stragi nel 1993, e di nuovo nel “Primo rapporto sul
sistema di informazione e sicurezza” del 1995, il principale organo di
coordinamento e sintesi informativa, ovvero il CESIS, abbia nel corso degli
anni svolto un ruolo sempre più incisivo, per via della mancata applicazione di
numerosi regolamenti e disposizioni negli anni i poteri di quest’organo sono de
facto rimasti più circoscritti rispetto a quanto effettivamente previsto nella
disciplina di legge.[15] Ciò,
a sua volta, ha fatto sì che in ultimo l’efficacia del CESIS sia storicamente
rimasta molto legata alle capacità individuali del Segretario Generale (segretari
più efficaci nell’attività di sintesi informativa come Orazio Sparano si sono
alternati a figure meno in grado di porre in essere un effettivo coordinamento
nell’attività delle agenzie operative come Francesco Paolo Fulci).[16]
Trarre conclusioni circa la sussistenza o meno
nell’attuale assetto dei livelli di integrazione mostrati storicamente dal
sistema di intelligence italiano è estremamente difficile data la
segretezza che circonda la materia e la mancanza di documentazione relativa al
periodo successivo all’approvazione della legge n. 124/2007. È plausibile
ipotizzare che a seguito della più recente riforma del sistema informativo ed il
potenziamento dell’organo di coordinamento e sintesi informativa, con la
creazione del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) in luogo
del CESIS, le carenze in materia di integrazione verticale siano state almeno
in parte sanate. L’impressione tuttavia da dichiarazioni di ex vertici, eventi
trapelati sulla stampa, e fonti estere è che a livello di integrazione, sia
orizzontale che verticale, il sistema non abbia subito rilevanti
trasformazioni.
Come dunque procedere alla luce degli elementi di
analisi teorici e storici qui brevemente presentati? Due raccomandazioni base appaiono
di particolare importanza: espandere lo spazio di interazione delle due agenzie
operative, e consentire al DIS di
perseguire quelle che potremmo chiamare forme di “integrazione verticale a monte” sul processo di
produzione dell’intelligence.
Delle tre misure che la letteratura
teorica evidenzia come essenziali per infondere “integrazione” in un sistema d’intelligence,
autonomia, ridondanza, e riordino dei processi,
l’apparato informativo italiano necessità principalmente della prima. Come
visto in precedenza nella cultura organizzativa di entrambe le agenzie
operative esiste una forte attitudine alla fusione di raccolta e analisi, così
come, a mettere in pratica sia all’interno che all’esterno, processi di lavoro
congiunti e non lineari. Al fine di sfruttare nella maniera più produttiva
questo vantaggio comparato, la riforma del sistema dovrebbe puntare
sull’incrementare l’autonomia, spingendola quanto meno a livello di aree
(introdurre ridondanza è più semplice e può essere fatto attraverso il
reclutamento). Ciò rafforzerebbe ulteriormente l’integrazione orizzontale
creando dei potenziali spazi di lavoro congiunti tra le agenzie operative da
attivarsi in base alle necessità.
Per quanto riguarda l’integrazione verticale, in cui
invece come si è visto il sistema è relativamente debole, una soluzione
potrebbe essere rappresentata dal consentire al DIS di integrare all’interno delle proprie attività un
maggior numero di “passaggi intermedi” nel processo di produzione dell’intelligence.
In altre parole dovrebbe essere consentito al Dipartimento di esercitare un ruolo di coordinamento (operando di
fatto come “abilitatore”/”facilitatore”) sulle attività congiunte delle agenzie
operative fino al livello più basso a cui si intende spingere l’integrazione
orizzontale. Solo in tal modo sembra possibile lasciarsi definitivamente alle
spalle le lacune croniche di integrazione verticale di cui il sistema sembra
soffrire dal 1977.
Da ultimo, vale la pena ribadire che, come più volte
sottolineato, essenziale per il rafforzamento dell’integrazione e la creazione
di un surplus capacitivo è il reintegro del Reparto Informazioni per la Sicurezza
(RIS) nel sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.[17]
Ciò alla luce del fatto che il RIS dispone di una serie di risorse per la
raccolta tecnica la cui condivisione in un sistema d’intelligence
relativamente piccolo come quello italiano potrebbe essere di
fondamentale importanza.
Niccolò Petrelli è Ricercatore presso
il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, dove insegna
Studi Strategici, e Senior Researcher per StartInsight.
[1] Il Foglio, 19 Agosto 2023.
[2] Ernest R. May (Ed.), Knowing One’s
Enemies: Intelligence Assessment Before the Two World Wars (Princeton:
Princeton UP, 1986).
[3] Thomas H. Hammond, ‘Intelligence
Organizations and the Organization of Intelligence’, International Journal
of Intelligence and CounterIntelligence, 23/4, (2010), 680-724
[4] Shay Hershkovitz, the Future of
National Intelligence: How Emerging Technologies Reshape Intelligence Communities
(New York: Rowman & Littlefield, 2023), 1-2.
[5]
https://formiche.net/2022/12/intelligence-lezione-gabrielli-master-caligiuri/
[6]
Enzo Bianco, “Così è Cambiata l’Intelligence in Italia”, Gnosis – Rivista
Italiana di Intelligence, 13/3 (2007), 1.
[7] A titolo di
esempio: P. R. Lawrence and J. W. Lorsch, “Differentiation and Integration in
Complex Organizations,” Administrative Science Quarterly 12(1) (January
1967): 1-47; AAVV., Designing Organizations. 21st Century
Approaches (Berlin: Springer, 2008).
[8] Kobi Michael, David Siman-Tov, and
Oren Yoeli, ‘Jointness in Intelligence Organizations: Theory Put into Practice’,
INSS Cyber, Intelligence, and Security, 1/1 (January 2017), 5-30.
[9] Relazione del
Comitato Parlamentare per i Servizi di Informazione e Sicurezza e per il
Segreto di Stato, Primo Rapporto sul Sistema di Informazione e Sicurezza,
6 Aprile 1995.
[10] Niccolò Petrelli, ‘Through a Glass,
Darkly: US-Italian Intelligence Cooperation, Covert Operations and the Gladio
‘Stay-Behind’ Programme’, Diplomacy & Statecraft (in corso di
pubblicazione, Marzo 2024).
[11]
Aldo Giannuli, La Guerra Fredda delle Spie: L’Ufficio Affari Riservati
(Roma: Nuova Iniziativa Editoriale, 2005), 72-73.
[12]
https://gnosis.aisi.gov.it/gnosis/MainDb.nsf/HomePages/Legge801-1977#:~:text=6.-,E’%20istituito%20il%20Servizio%20per%20le%20informazioni%20e%20la%20sicurezza,contro%20ogni%20forma%20di%20eversione.
[13]
Si vedano: Appunto 04/9344/E/1^ da SISMI a CESIS: “Attività
svolta in relazione al “Caso MORO””, 13 Maggio 1979, ACS Raccolte
speciali/Direttiva Prodi (2008)/PCM/CESIS/5: Varie 1979. Corrispondenza –
appunti (1979)/10: Attività svolta in relazione al caso Moro: riscontri
informativi e relazioni; Appunto CESIS n. 2113.1.1: “Attività svolta dal SISDE
in relazione al caso MORO”, 15 Maggio 1979 ACS Raccolte speciali/Direttiva
Prodi (2008)/PCM/CESIS/5: Varie
1979. Corrispondenza – appunti (1979)/11: Attività
svolta in relazione al caso Moro: riscontri informativi e relazioni; Appunto
da Direttore 1^ Divisione SISDE a Direttore del Servizio, 20 Maggio 1980, ACS
Raccolte speciali/Direttiva Prodi (2008)/PCM/AISI/Servizio per le informazioni
e la sicurezza democratica – SISDE/Indagini, accertamenti sulla vicenda e
eventi collegati (durante il rapimento e dopo l’uccisione) [1978 – 2001]/3:
Atti diversi. Caso Moro (1978 – 2000)/104: Riunione ministero dell’interno
(1978 mar. 16).
[14]
Si vedano: Appunto 04/536/RR, da SISMI a Centri CS Tutti,
Comandante RCCS, Direttore SISDE: Ordinamento provvisorio del SISMI –
Collaborazione con Il Gen. D. CC. Carlo Alberto DALLA CHIESA, 31 agosto 1978,
ACS Raccolte speciali/Direttiva Prodi (2008)/PCM/Agenzia informazioni e
sicurezza esterna – AISE/Servizio per le informazioni e la sicurezza militare –
SISMI (primo versamento)/Collaborazione SISMI con il Gen. Carlo Alberto Dalla
Chiesa. Fascicoli nn. 118-136 [1978 – 1998]/1: Collaborazione SISMI con il Gen.
Carlo Alberto Dalla Chiesa. Fascicolo n. 118 da n. 1 a n. 17 (1978 – 1980)/1:
Lettera (non firmata): Ordinamento provvisorio del SISMI – Collaborazione con
il Gen. Carlo Alberto dalla Chiesa (pag. 1) (1978 ago. 31); Appunto
SISMI 04/83/S: Collaborazione SISMI-SISDE – Utilizzazione dei
Centri C.S., 25 Ottobre 1978, ACS
Raccolte speciali/Direttiva Prodi (2008)/PCM/Agenzia
informazioni e sicurezza esterna – AISE/Servizio per le informazioni e la
sicurezza militare – SISMI (primo versamento)/Collaborazione SISMI con il Gen.
Carlo Alberto Dalla Chiesa. Fascicoli nn. 118-136 [1978 – 1998]/1:
Collaborazione SISMI con il Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa. Fascicolo n. 118
da n. 1 a n. 17 (1978 – 1980)/11: Lettera: Collaborazione SISMI – SISDE –
Utilizzazione dei Centri CS (1978 nov. 28)/2: Appunto: Cooperazione tra SISDE e
SISMI (1978 ott. 25); Appunto da Direttore SISDE a Segretario CESIS 20 gennaio
1979, ACS Raccolte speciali / Direttiva Renzi (2014)
/ Presidenza del Consiglio dei ministri / Dipartimento
delle informazioni per la sicurezza – DIS / Serie varie / 14: Attività Giudiziaria e di Polizia –
Strage di Piazza Fontana (Milano 12/12/1969): Giovanni Ventura (1979)
/ 3: DIS_f0014_d0002.pdf.
[15]
Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Terrorismo in Italia e sulle Cause
dalla Mancata Individuazione dei Responsabili delle Stragi, Resoconto della 13ª
SEDUTA, 30 Novembre 1993, 303-304; Relazione del Comitato Parlamentare per i
Servizi di Informazione e Sicurezza e per il Segreto di Stato, Primo
Rapporto sul Sistema di Informazione e Sicurezza, 6 Aprile 1995.
[16]
“Appunto
da Segretario CESIS a PCM, s.d.”, ACS Raccolte speciali/Direttiva Renzi (2014) PCM/DIS/Serie
varie/13: Attività Giudiziaria e di Polizia – Strage di Piazza Fontana (Milano
12/12/1969): Giovanni Ventura (1978)/4: DIS_f0013_documentazione.pdf.
[17] https://formiche.net/2022/09/intevista-intelligence-pagani-pd/.