Tre palestinesi arrestati a L’Aquila per terrorismo: “Attentati per conto delle Brigate Tulkarem” (al-Aqsa).
di Claudio Bertolotti
La Polizia di Stato italiana
ha arrestato a L’Aquila tre cittadini palestinesi – tra cui Anan Yaeesh, 37 enne palestinese
attualmente in carcere a Terni dopo essere stato arrestato il 27 gennaio scorso
su richiesta delle autorità israeliane che ne chiedono l’estradizione –
accusati di aver pianificato attacchi terroristici, nell’ambito di
un’operazione contro l’estremismo. Sono stati presi in custodia in seguito
all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di
associazione con scopi di terrorismo, inclusi obiettivi internazionali, e
sovversione dell’ordine democratico. Secondo le forze dell’ordine, gli
arrestati erano coinvolti in attività di proselitismo e divulgazione a favore
dell’organizzazione e avevano l’intento di compiere attacchi, incluso il
sacrificio personale, contro bersagli civili e militari fuori dai confini
nazionali. Il ministro dell’Interno, Matteo
Piantedosi, ha espresso la sua soddisfazione per l’arresto dei tre
individui ritenuti estremamente pericolosi, sottolineando l’impegno e
l’eccellenza investigativa delle forze dell’ordine italiane. Questa operazione
dimostra, secondo il ministro, l’efficace vigilanza e l’azione preventiva
contro l’estremismo e la radicalizzazione, per cui ha esteso i suoi
ringraziamenti alla polizia e alla magistratura per il significativo successo
ottenuto, che evidenzia la costante attenzione alle minacce alla sicurezza
interna.
Chi sono e quali le origini e gli obiettivi Brigate
dei Martiri di Al-Aqsa?
Le “Brigate dei Martiri di Al-Aqsa” rappresentano un’ala militante del movimento Fatah, fondato nel tardo 1950 da Yasser Arafat e altri leader palestinesi. Emerse all’inizio dell’Intifada di Al-Aqsa nel settembre 2000, questo gruppo ha giocato un ruolo significativo nel conflitto israelo-palestinese, conducendo attacchi contro obiettivi israeliani sia militari che civili. Le Brigate hanno dichiarato di voler combattere l’occupazione israeliana e hanno rivendicato responsabilità per numerosi attacchi suicidi, sparatorie e lanci di missili.
All’interno di questa organizzazione, il “Gruppo di Risposta Rapida –
Brigate Tulkarem” rappresenta una specifica articolazione operativa che
opera principalmente nell’area di Tulkarem, una città situata nella parte
occidentale della Cisgiordania. Questo gruppo specifico è stato costituito con
l’obiettivo di fornire una risposta rapida alle incursioni militari israeliane,
sfruttando la conoscenza del terreno locale e la capacità di mobilitare
rapidamente i suoi membri in caso di conflitto.
La natura del “Gruppo di Risposta Rapida” si caratterizza per la
sua agilità operativa e la capacità di condurre attacchi mirati. Il gruppo
utilizza tattiche di guerriglia urbana e si adatta rapidamente alle dinamiche
del campo di battaglia, il che lo rende una componente efficace all’interno
della più ampia strategia delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa. La loro
attività è volta a creare un senso di insicurezza continua tra le forze
israeliane, cercando di impedire o rallentare le operazioni militari nella loro
area di influenza.
Nonostante la loro determinazione, l’azione di gruppi come il “Gruppo
di Risposta Rapida – Brigate Tulkarem” solleva questioni significative
riguardo al ciclo di violenza nel conflitto israelo-palestinese. Le loro operazioni,
spesso dirette contro obiettivi civili, hanno portato a condanne internazionali
e hanno accentuato la sofferenza umana su entrambi i lati del conflitto. La
complessità della loro esistenza e operazioni riflette l’intricata rete di
cause, identità e lealtà che caratterizzano il lungo e doloroso scontro tra
israeliani e palestinesi.
La presenza e le azioni di gruppi come le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa e
il loro “Gruppo di Risposta Rapida – Brigate Tulkarem” in Italia
come, è possibile valutare, sia in Europa che negli Stati Uniti, sono testimoni
della profonda capacità di permeazione da parte del terrorismo jihadista associato
ad Hamas che, attraverso una serie di appelli alla “rabbia” dei musulmani ha
chiamato i suoi accoliti a colpire, in difesa dell’Islam. Di fatto spingendo
verso quel fenomeno ormai consolidato di terrorismo emulativo, improvvisato e
prevalentemente individuale che ha ormai imposta le proprie presenza e volontà
d’azione, in Europa, dall’avvento del fenomeno Stato Islamico (già ISIS) negli anni 2014/2017. Oggi, quel
terrorismo di fatto autonomo e spesso fallimentare, si è inserito in una nuova
dinamica competitiva tra i brand Stato islamico e il “nuovo” attore del jihad,
Hamas, che pur ponendosi come “movimento di liberazione nazionale” non ha
mancato di estendere sul piano comunicativo, ideologico e propagandistico la propria
visione e l’appello a colpire ovunque, con atti di “jihad” atti a difendere l’islam
dalla corruzione e dalla violenza dell’occidente.
Biden: lo stato dell’Unione.
di Melissa de Teffé
Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione al Congresso, il Presidente Joe Biden ha sorpreso tutti per il tono combattivo e aggressivo, in netto contrasto con le sue consuete apparizioni sempre pacate.
Come noto il secondo articolo della Costituzione americana richiede al capo dell’esecutivo di presentare un rapporto scritto, letto a camere unite, sullo Stato dell’Unione, non solo raccontando i successi ottenuti, ma elencando quali misure adottare per risolvere sfide e problematiche nazionali. Biden invece ha fatto una scelta comunicativa insolita, mirata a dissipare i dubbi sulla sua idoneità al ruolo, dati i suoi 81 anni, è attualmente il presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti. Una delle battute più divertenti seppur sarcastica, dei media americani è stata: “Qualunque cosa abbiano dato a Biden, ogni uomo, donna e qualsiasi altra persona americana dovrebbe essere autorizzato a prender-lo,” insomma un po’ di pesante ironia nei confronti di 68 “intensi” minuti di discorso, ma che in realtà sono stati più un’ accalorata arringa contro l’amministrazione precedente che la consueta, storica presentazione a cui siamo abituati.
Biden ha aperto il suo discorso paragonando l’attuale periodo storico sia a quello di Lincoln durante la guerra civile che al discorso di Delano Roosevelt del 1941, in piena seconda guerra mondiale. Questa audace dichiarazione, che sembra quasi un j’accuse contro i repubblicani, parrebbe voler definirsi come l’unico vero paladino, difensore supremo, della “vera” democrazia.
Tra i temi principali affrontati, spicca in primis, la richiesta d’inviare il prima possibile i finanziamenti all’Ucraina, (60 miliardi di $) che erano inclusi nella legge sull’immigrazione e l’asilo politico, bocciata il mese scorso; proseguendo, altro punto molto antipatico e scottante è stata la critica ai giudici della Corte Suprema, per altro presenti come gesto di rispetto e cortesia, e seduti in prima fila, per aver ribaltato il famosissimo caso Roe vs Wade sull’aborto, promettendo che, se rieletto, sarebbe certamente riuscito a influenzare la Corte Costituzionale e a capovolgere la loro decisione. Sicuramente” non solo un affronto ma una manifestazione arrogante da parte di un presidente”, dice il noto commentatore politico Ben Shapiro.
Altro punto chiave riguarda la lotta contro l’inflazione, dove Biden certo del prossimo abbassamento dei tassi di interesse incentiverebbe il settore immobiliare con una regalia mensile di $400 per due anni consecutivi sugli acquisti di nuove proprietà. Inoltre Biden non si fa sfuggire l’opportunità di attribuire il problema dell’inflazione al suo predecessore. Pure il Wall Street Journal non ne è convinto, infatti la “shrinkinflation” ossia l’inflazione ristretta, così definita da Biden, che porta come esempio la riduzione dei quantitativi di patatine o pezzetti di dolcetti da parte dei produttori di merendine e patatine, senza però aver cambiato la grandezza del sacchetto, viene denigrata da questo titolo: “Il Presidente non sa nulla su come funzioni l’economia privata”.
Sul fronte dell’immigrazione, il Presidente afferma che gli immigrati sono anch’essi cittadini americani e ancora una volta attribuisce la crisi al confine alla precedente amministrazione. Durante l’amministrazione del presidente Joe Biden, oltre 7,2 milioni di migranti sono entrati illegalmente negli Stati Uniti. Questa cifra supera la popolazione di 36 stati degli Stati Uniti. (fonte CBP- Customs and Border Protection, Factcheck.org ecc.)
Il numero di 7,3 milioni rappresenta una parte significativa della popolazione di diversi stati di grandi dimensioni: 18,7% della popolazione della California (39 milioni di abitanti); 23,9% della popolazione del Texas (circa 31 milioni di residenti), 32,3% della popolazione della Florida, 37,3% della popolazione di New York. È importante notare che questa cifra totale di 7,3 mill. non include un ulteriore (stimato) 1,6 milioni di immigrati indocumentati che sono entrati negli Stati Uniti da altre località, né 1,8 milioni di “fuggitivi” noti, sfuggiti alle forze dell’ordine. Considerando questi numeri aggiuntivi, il totale sarebbe persino superiore alla popolazione di New York.
I critici dell’amministrazione Biden sostengono che questo aumento senza precedenti dell’immigrazione illegale non sia casuale, ma piuttosto il risultato di scelte politiche deliberate . Oltre ai vari applausi che hanno visto il vicepresidente alzarsi quasi ad ogni frase per applaudire, la prima interrompere al discorso è stata della rappresentante Marjorie Taylor Greene (R-Ga.) che ha gridato: “e l’omicidio di Laken Raley?”, che Biden forse già stanco, la ribattezza Lincoln Riley, un noto allenatore di football recentemente su tutti i giornali per i recenti successi sportivi.
Non poteva mancare un accenno alle politiche transgender che stanno da mesi infiammando gli animi di questa nazione per la partecipazione di maschi transgender fra le fila sportive femminili Anche qui, Biden le supporta facendo uno specifico accenno anche alle politiche di “trasformazione, o cambio di sesso”, dedicate ai più giovani. La broche di chiusura al discorso è ovviamente una ennesima critica al suo rivale politico, su quanto avvenuto il 6 gennaio di tre anni fa, prima del giuramento presidenziale, paragonando l’insurrezione all’invasione dell’Ucraina da parte di Putin.
Da giovedì tutte le affermazioni di Biden sono oggetto di dubbi e controversie, specialmente in relazione alle dichiarazioni sulla diminuzione della criminalità. Questa posizione è stata messa in discussione da fatti evidenti, come la decisione da parte del governatore dello Stato di New York insieme al sindaco di New York, Adams, di aumentare il numero delle forze dell’ordine soprattutto lungo i diversi percorsi della metropolitana, oggi soggetti a rapine e illeciti di ogni tipo. Il governatore in concerto con il sindaco, oltre aver aumentato il numero degli agenti di polizia, ha aggiunto 1000 soldati della guardia nazionale. Inoltre tutte le forze dell’ordine sono state autorizzare a perquisire qualsiasi borsa o valigia. Queste misure di sicurezza sono in risposta all’ aumento del 45% dei reati registrati questo gennaio rispetto all’anno precedente.
Ultimo a intervenire dal pubblico interrompendo il discorso del presidente urlando: “ Si ricordi di Abbey Gate”, è stato il padre di uno dei 13 marines uccisi durante la tragica evacuazione dall’Afghanistan). Allontanato subito dall’aula e arrestato, il grido è caduto nel vuoto. Più fortunati invece alcune decine di manifestanti che hanno tentato di bloccare l’accesso al Capitol in difesa dei palestinesi. Nessuno è stato ammonito o ammanettato.
L’infelice stato dell’Unione, definito così da molti è purtroppo facile da constatare, basti guardare la quantità di senza tetto, drogati e malati mentali in diverse città dell’unione, da Los Angeles, a Philadelphia, da Portland a San Francisco, da Chicago a Austin; l’assenza di una politica migratoria, le dimostrazioni anti-semite nei più prestigiosi campus universitari, che hanno visto il licenziamento dei rispettivi presidenti; ancora le feroci sparatorie su innocenti durante festeggiamenti, l’inflazione alta e un mercato immobiliare fermo.
Analizzando i sondaggi a ridosso del discorso presidenziale, secondo Hanson, classicista, storico militare e opinionista politico, Trump è in testa, soprattutto considerando quelle fasce di elettori che storicamente hanno sempre votato democratico. Questi risultati positivi per Trump tra gli afroamericani, i latinos e le donne delle zone rurali o suburbane sono una reazione alle insufficienze di questa amministrazione. Nel paese si percepisce un’atmosfera di malessere e dolore che politicamente si riflette sul presidente, da sempre individuato come il colpevole principale.
L’immigrazione tema di campagna elettorale negli Stati Uniti.
di Melissa de Teffé
Articolo originale pubblicato su Panoràmica Latinoamericana, plataforma informativa, de investigación y análisis, especializada en las relaciones birregionales Unión europea-América Latina y Caribe o CELAC-UE.
Entrambi il presidente Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump hanno fatto visita al confine meridionale giovedì, per affrontare quello che oggi è considerato il problema cruciale di questa campagna presidenziale del 2024: l’immigrazione e il traffico di esseri umani.
Ad aprire le danze politiche, con mezz’ora di differenza è Trump, che da Eagle Pass, Texas, ormai simbolo di questa sfida politica, circondato da agenti federali e dal Governatore Greg Abbott, dopo un iniziale elogio per i risultati ottenuti dalle azioni di forza dei federali locali, ha proseguito citando alcune statistiche non verificabili: “milioni e milioni di persone hanno attraversato i nostri confini; potrebbero essere 15 milioni, potrebbero essere 18 milioni entro la fine del mandato presidenziale (di Biden). ….L’anno scorso quasi la metà di tutti gli arresti effettuati dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE) riguardavano criminali imputati, più di 33.000 aggressioni, 3.000 rapine, 6.900 furti, 7.500 crimini legati ad armi, 4.300 reati sessuali, 1.600 sequestri e 1.700 omicidi: questi sono i crimini commessi dalle persone che stanno entrando nel nostro paese e provengono dalle carceri, dalle prigioni, dagli istituti mentali e dagli ospedali psichiatrici. Sono terroristi a cui è permesso entrare nel nostro paese ed è terribile. Non solo dal Sud America, ma da tutto il mondo: dal Congo, con una popolazione molto numerosa che proviene dalle carceri, Cina, Iran, paesi non amici degli Stati Uniti.”
Per appesantire le accuse contro Biden, Trump cita l’orribile assassinio di Laken Riley, una studentessa di 22 anni laureata in infermieristica, uccisa il 22 febbraio, mentre faceva jogging vicino all’Università della Georgia, perpetrato da un illegale. Prima di giungere a Eagle Pass, Texas, l’ex presidente ha fatto visita ai genitori della giovane. Dopo aver dialogato con i Riley, ha dichiarato: «Sono individui straordinari profondamente colpiti al di là di ogni immaginazione».
Ma sono molti i conservatori del resto degli Stati Uniti che hanno identificato nella morte di Riley un esempio di crimine commesso da migranti, dopo che l’assassino, un venezuelano senza documenti, entrato illegalmente, è stato accusato in relazione alla morte della ragazza. Trump ha anche definito la crisi migratoria come «L’invasione di Joe Biden» è una «violazione brutale del nostro paese».
Biden, invece, dopo aver ringraziato gli agenti di frontiera per il loro lavoro, ha promesso che avrebbe inviato più risorse a supporto della crisi frontaliera. «È passato molto tempo dall’ultimo intervento», ha detto, aggiungendo che il controllo delle frontiere ha «disperatamente» bisogno di più risorse.
Biden ha continuato lanciando un appello diretto a Trump, invitandolo a unirsi a lui nell’esortare il Congresso a ratificare il disegno di legge. Quest’ultimo era stato bloccato quando Trump aveva mobilitato i suoi sostenitori nel Congresso contro di esso. «Tu e io sappiamo che è il disegno di legge sulla sicurezza delle frontiere più difficile, efficiente ed efficace che questo paese abbia mai visto», ha detto Biden. «Quindi, anziché fare politica usando questo problema, perché non ci uniamo e lo facciamo?”
Biden ha elogiato il disegno di legge bipartisan sulla frontiera come «una vittoria per il popolo americano», definendolo un «iniziativa veramente bipartisan». Ha esortato il Senato a riesaminare il disegno di legge, chiedendo ai senatori di «mettere da parte la politica» e a Mike Johnson, R-La., presidente della Camera, di portare il disegno di legge in aula. «Dobbiamo agire», ha detto Biden, aggiungendo che i repubblicani al Congresso devono «mostrare un po’ di fermezza».
La tanto attesa proposta di legge del Senato di 118 miliardi di dollari sulla “Sicurezza delle frontiere e aiuti in tempo di guerra», pubblicata domenica 4 febbraio, a cui si riferisce Biden è stata affondata. Insieme al finanziamento per l’Ucraina e Israele, così come all’assistenza umanitaria per le persone che fuggono da Gaza, questo disegno di legge rappresenta una riscrittura drammatica del sistema di asilo statunitense.
Dei 118$ miliardi, 60$ andrebbero all’Ucraina, 14,1$ a Israele, 4,83$ alla regione Indo-Pacifico, 10$ per aiuti umanitari per Ucraina, Israele, Gaza e pochi altri, 20$ per migliorare la sicurezza al confine americano, 2, 72$ per l’arricchimento dell’uranio. La maggior parte dei fondi destinati all’Ucraina, tuttavia, non verrà devoluta, invece, decine di miliardi di dollari affluiranno nelle casse del Pentagono per acquistare nuove armi da aziende statunitensi al fine di rimpinguare le riserve intaccate per aiutare l’Ucraina, finanziare operazioni militari e stipulare contratti per nuove armi per Kiev. Il senatore Rand Paul (R-Ky.), contrario a ulteriori finanziamenti per assistere l’Ucraina, ha scritto sui social media: «Quello che sappiamo ad oggi è: 60$ miliardi per il regime corrotto ucraino e nessuna vera sicurezza delle frontiere per il nostro paese». «Questo deve finire.» E supportando quanto scritto da Paul, prosegue il senatore Mike Lee (R-Utah) con tono sarcastico- «un fatto curioso: «... il bilancio del Corpo dei Marines degli Stati Uniti nell’anno fiscale 2023 era di 53,8 miliardi di dollari. Questo disegno di legge darebbe all’Ucraina più di 60 miliardi di dollari».
Dopo il discorso di Biden, la risposta di Trump attraverso il suo portavoce Karoline Leavitt, non si è fatta aspettare, ribattendo all’appello di Biden così: «Anziché scaricare la colpa su tutti tranne che su se stesso, Joe Biden dovrebbe assumersi la responsabilità della crisi al confine, delle morti e delle distruzioni che le sue politiche hanno causato, il come Laken Riley e utilizzare il suo potere esecutivo per chiudere il confine oggi».
Un sondaggio della NBC News di gennaio ha rilevato che il 57% degli elettori registrati ha dichiarato che Trump sarebbe più idoneo ad occuparsi della sicurezza al confine, mentre solo il 22% ha detto lo stesso riguardo a Biden. Essendo stato bocciato il progetto di legge che disciplina l’immigrazione, Biden sta valutando se usare il “Presidential Executive Order” o provvedimento presidenziale, per limitare le regole sull’asilo bypassando il Congresso. I sostenitori per una immigrazione “umana” dei migranti e democratici progressisti lo hanno esortato a non seguire questa strada, sostenendo che renderebbe più difficile per gli immigrati richiedere asilo, esponendoli a situazioni e condizioni pericolose in Messico.