Verso l’amministrazione Trump: il Gabinetto presidenziale – Prima parte
di Melissa de Teffè.
A nemmeno di un
mese dalla vittoria, Trump, al secondo giro, ha organizzzato una macchina politica ben
oleata e pronta a non commettere gli errori del 2016.
Nel caldo ed
elegante scenario di Mar a Lago si lavora incessantemente per compilare la
lista delle tante nomine necessarie prima dell’insediamento a gennaio. Il team
è capeggiato da Brian Hook, ex rappresentante speciale degli Stati Uniti per
l’Iran durante il primo mandato di Trump e collaboratore sia di Pompeo che
dell’ex Segretario di Stato Rex Tillerson. Hook ha lavorato per mesi sulle idee
politiche da attuare, incontrandosi con i diplomatici stranieri più rilevanti
al momento e purtroppo non ci sono ancora stati incontri ufficiali di
transizione con il team Biden-Harris, nonostante le affermazioni di
quest’ultima nel suo speech di concessione.
Per correttezza
di cronaca trascriviamo la lista completa delle nomine, ma ci soffermeremo su
quelle più rilevanti:
Capo di
gabinetto della Casa Bianca: Susie Wiles Segretario di Stato: Marco Rubio Procuratore
generale: Pam Bondi (dopo il ritiro di Matt Gaetz)
Vice procuratore generale: Todd Blanche Segretario per la salute (HHS): Robert F.
Kennedy Jr.
Direttore bilancio: Russ Vought Ambasciatore alle Nazioni Unite: Elise
Stefanik “Zar del confine”: Tom Homan Segretario
della difesa: Pete Hegseth
Segretario per gli affari dei veterani: Doug
Collins Consigliere per la sicurezza nazionale:
Michael Waltz
Segretario degli interni: Doug Burgum Segretario dell’energia: Chris Wright
Segretario dei trasporti: Sean Duffy Segretario
per il commercio: Howard Lutnick Segretario dell’istruzione: Linda McMahon Segretario del tesoro: Scott Bessent
Segretario del lavoro: Lori Chavez-DeRemer
Consigliere legale della Casa Bianca: William
McGinley Ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO:
Matthew Whitaker
Segretario della sicurezza interna: Kristi
Noem
Segretario per lo sviluppo urbano e abitativo
(HUD): Scott Turner Direttore della CIA: John Ratcliffe Direttore
dell’intelligence nazionale: Tulsi Gabbard
Amministratore dell’EPA (Environmental
Protection Agency): Lee Zeldin
Solicitor General: Dean John Sauer
Commissario della FDA (Food and Drugs
Administration): Marty Makary
Segretario dell’agricoltura: Brooke Rollins
Direttore dei CDC: David Weldon Presidente
della FCC: Brendan Carr Amministratore dei Servizi nei Centri Medicare
e Medicaid: Dr. Mehmet Oz
Medico generale (Surgeon General): Dr. Janette
Nesheiwat Ambasciatore
degli Stati Uniti in Israele: Mike Huckabee
Ambasciatore degli Stati Uniti in Canada: Pete
Hoekstra
Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto
Meridionale di New York: Jay Clayton Dipartimento
per l’efficienza governativa: Elon Musk e Vivek Ramaswamy
Vice capo di gabinetto: Dan Scavino
Vice capo di gabinetto per affari legislativi,
politici e pubblici: James Blair
Vice capo di gabinetto per comunicazioni e
personale: Taylor Budowich
Capo dell’Ufficio del personale presidenziale:
Sergio Gor
Direttore delle comunicazioni della Casa
Bianca: Steven Cheung Portavoce
della Casa Bianca: Karoline Leavitt
GEORGE BESSENT – Segretario del Tesoro
CEO di un hedge fund, Scott Bessent, è stato
scelto da Trump lo scorso venerdì con questa dichiarazione: “sono molto
lieto di nominare Bessent, un uomo ampiamente rispettato sia come investitore
internazionale molto importante che come stratega geopolitico ed economico del
mondo.” – “Scott “sosterrà” politiche che “promuovono la
competitività degli Stati Uniti e arginerà gli squilibri commerciali
ingiusti.” Fondatore e AD del Key
Square Group, Hedge Fund, con sede in Connecticut, il 62enne, originario della
Carolina del Sud, e laureato all’Università di Yale, come Trump, sostiene la
politica dei dazi, considerandoli un modo efficiente ed utile per aumentare le
entrate e proteggere le industrie americane. Durante gli anni ’90, ha lavorato per quasi un decennio con il notissimo
miliardario investitore George Soros, uno dei più importanti sostenitori delle
cause liberali, come direttore esecutivo del Fondo Soros. Apertamente gay, lui
e suo marito, l’ex procuratore di New York John Freeman, hanno due figli. Se
confermato, Bessent sarebbe il primo membro dichiaratamente gay a far parte di un
esecutivo presidenziale repubblicano.
Robert F.
Kennedy jr – Segretario del Dipartimento per la Salute e Servizi Umani (HHS)
Se Robert F. Kennedy Jr. guiderà il Dipartimento della Salute, ha già detto che come primo compito vorrà affrontare i non pochi problemi causati ”dall’industria alimentare e dalle aziende farmaceutiche, che per motivi di lucro, hanno ingannato, disinformato e divulgato falsità”. Il suo contributo sarà focalizzato nel cercare di “Rendere l’America di nuovo Sana!” (Make America Healthy Again- MAHA). Molto critico delle politiche riguardo ai vaccini, ormai divenuta storica, è un’antica diatriba che si trascina da quando ha iniziato la sua campagna elettorale. La sua posizione non è contro i vaccini in generale, ma contro l’accanimento di alcune Big Farma nel voler imporre questa soluzione medicale senza aver raccolto le necessarie verifiche sull’effettivo risultato sanifico. Kennedy non nega l’utilità di questi e ha spesso sottilineato d’averne sempre fatto uso soprattutto i vaccini
antiinfluenzali. Ma l’impatto maggiore delle
ideologie Kennediane si sentiranno maggiormente nel contesto alimentare.
Infatti secondo i sondaggi del 2021, il National Center for Health Statistics,
National Health Examination Survey e il National Health and Nutrition
Examination Survey, risulta che il 31,1% degli adulti statunitensi è
sovrappeso, il 42,5% è obeso e il 9% ha un’obesità grave.
Il piano Kennedy,
MAHA, parte dal presupposto che le aziende sono i principali attori responsabili dei problemi
di salute dei cittadini e che il governo ha quindi il dovere di intervenire.
L’industria alimentare, che storicamente ha considerato il Partito Repubblicano
un alleato, è ovviamente assai preoccupata. Le quotazioni di borsa delle società
alimentari hanno subìto forti cali dopo l’annuncio della nomina di Kennedy lo
scorso giovedì. Alla chiusura dei mercati, martedì, le azioni del gigante delle
bevande e degli snack PepsiCo sono scese del 5,1%, il produttore di cioccolato
Hershey ha perso il 4,9%, mentre i conglomerati di alimenti confezionati Kraft
Heinz, Conagra Brands e General Mills hanno registrato cali rispettivamente del
3,8%, 3,5% e 3%. La campagna MAHA si propone di contrastare l’epidemia di
malattie croniche che da anni affligge il paese, adottando una strategia
innovativa. L’obiettivo è migliorare la filiera alimentare attraverso
l’agricoltura rigenerativa, la tutela degli habitat naturali, l’eliminazione
delle influenze delle lobby aziendali sulle agenzie sanitarie governative e la
riduzione di sostanze chimiche e tossine dannose, come il fluoro nelle
tubazioni idriche, dal sistema alimentare e dall’ambiente.
Kennedy, che ha
accusato le aziende alimentari di aver “avvelenato in massa”
il pubblico americano ha espresso chiaramente il desiderio di voler limitare
l’accesso alle bevande zuccherate e ai cibi ultraprocessati, considerati da
molti nutrizionisti poco salutari. Tra le sue proposte figura l’idea di
impedire a chi usufruisce dell’assistenza pubblica di acquistare cibi “spazzatura”
con i buoni alimentari, una misura che potrebbe penalizzare aziende come
PepsiCo, Conagra, Kraft Heinz, Coca-Cola, J.M. Smucker e WK Kellogg, le cui
vendite a questi utenti rappresentano una fonte significativa di ricavi.
Inoltre, Kennedy mira ad eliminare bevande gassate e cibi processati dalle
mense scolastiche, aggravando ulteriormente le difficoltà per il settore. “Questo
tipo di speculazione negativa sul mercato è l’ultima cosa di cui il settore
alimentare confezionato, già sotto pressione, ha bisogno,” ha scritto
l’analista di J.P. Morgan Ken Goldman in una nota di lunedì scorso. Kennedy propone
di ridurre l’uso di additivi e sostanze chimiche, tra cui aromi e coloranti
artificiali. Molti Stati stanno già prendendo provvedimenti in questa
direzione. L’anno scorso, la California ha vietato un gruppo di sostanze
chimiche, tra cui il colorante alimentare Rosso n. 3, utilizzato in cibi e caramelle.
New York e Pennsylvania stanno valutando divieti simili. “La FDA – Food and
Drugs Administration – è rimasta indietro rispetto ad altri paesi nella
regolamentazione degli additivi alimentari”, dice il candidato. Se la sua
nomina sarà confermata, Kennedy potrebbe accelerare questo processo innovativo,
anche attraverso una riorganizzazione del personale. Ha già promesso di
riformare l’agenzia che, ha accusato di servire più gli interessi dei Big
Pharma e Big Food che quelli della popolazione.
Secondo Scott
Faber, vicepresidente senior per gli affari governativi del gruppo ambientale
no-profit EWG, restrizioni più severe sugli additivi avranno un impatto
limitato sui bilanci dei produttori alimentari. Molte sostanze chimiche sono
già vietate in Europa e in altri mercati internazionali, e le aziende
alimentari hanno adottato ingredienti alternativi per rispettare le leggi
locali. Adeguare le stesse ricette al mercato interno non comporterà costi
aggiuntivi significativi, ha dichiarato. I consumatori di solito non notano la
rimozione o il cambiamento degli additivi alimentari. “Ci sono stati casi in
cui le vendite sono diminuite dopo l’eliminazione di coloranti alimentari, ma
ciò è avvenuto perché un’unica azienda ha apportato il cambiamento”, ha
scritto Goldman di J.P. Morgan in una recente nota. Se tutte le aziende si
adattano a nuove regolamentazioni, probabilmente non ci saranno grandi
cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, ha concluso. Coopererà a questa
rivoluzione il nuovo Commissario della FDA Marty Makary, chirurgo presso
la nota Johns Hopkins e professore sempre alla Johns Hopkins Carey Business
School. Sempre sotto lo stesso dipartimento si colloca il programma per l’Assistenza
Sanitaria, Medicare – Medicaid, con 140 milioni di iscritti, che verrebbe
gestito dal Dr. Oz, noto cardiochirurgo e star televisiva. In una recente
intervista ha dichiarato: “Non è un segreto che il nostro sistema sanitario
non funizoni. Continuiamo a spendere sempre più denaro senza alcun chiaro
ritorno sull’investimento in termini di salute e benessere della nostra nazione”. Quasi il 50% degli americani vive con una
condizione di salute cronica, come diabete, ipertensione o obesità. Per quanto
riguarda i bambini, uno studio prevede che oltre 220.000 persone sotto i 20
anni avranno il diabete di tipo 2 entro il 2060, un aumento del 700%.”
Marco Rubio: Segretario di Stato
Cubano-Americano
e senatore per lo Stato della Florida, Marco Rubio è famoso per le denuncie su
X contro gli illeciti di agenti cubani o come scrive lui “per le azioni vili
e le aggressioni” ingiustificabili contro, ad esempio, Carolina Barrero, storica
dell’arte che rappresenta il volto dell’opposizione. Questa nomina dà un chiaro segnale della nuova
politica presidenziale contro l’infiltrazione marxista sia da parte cinese che
da alcuni dei paesi caraibichi come Cuba e altri del Sud America. Se le ultime
amministrazioni americane potrebbero aver trascurato la dottrina Monroe,
con Rubio c’è sicuramente un ritorno alle priorità regionali non più attraverso
una lente del politicamente corretto apologetico, ma con un’attenzione chiara e
lucida su sicurezza, prosperità e democrazia.
Thomas Douglas Homan: funzionario per ICE (Immigration and Customs Enforcement) lo zar del confine.
Thomas Douglas Homan, ex agente di polizia, funzionario per ICE (Immigration and Customs
Enforcement) e commentatore politico statunitense, ha già prestato servizio
durante l’amministrazione Obama e nella prima amministrazione Trump. In questo
ruolo che non prevede la conferma del Senato, Homan sarà responsabile di tutti
i confini statunitensi, nord, sud, spazi aerei e marittimi. Inoltre si occuperà
anche delle deportazioni di immigrati illegali, oltre ai gruppi di immigrati
che ledono la quiete con atti di violenza, (qui si riferisce all’invasione di
alcuni gruppi di delinquenti venezuelani che si sono impadroniti abusivamente e
con la forza di interi palazzi). Inoltre
ha garantito il taglio dei finanziamenti federali agli Stati che non
collaborano con le sue nuove politiche. Parlando dal palco della Convenzione
Nazionale Repubblicana, Homan ha dichiarato che Trump designerà i cartelli
messicani come una “organizzazione terroristica” per il loro ruolo
nel traffico di fentanyl attraverso il confine, avvertendo: “Vi
cancellerà dalla faccia della Terra.” – riferendosi a Trump.
Homan ha espresso disprezzo verso le città santuario, come New York, Los
Angeles, Denver, e molte altre, ossia quelle giurisdizioni che adottano
politiche volte a non sanzionare l’immigrazione illegale. Ha espresso la speranza che la polizia locale di
queste città collabori con la nuova amministrazione, sottolineando con forza
come, in passato, Trump abbia utilizzato il Dipartimento di Giustizia per
imporre le proprie politiche in questo ambito.
“Le città
santuario sono santuari per criminali,” ha dichiarato Homan a Fox News. L’immigrazione è stata uno dei punti
fondamentali in questa campagna elettorale e l’ex presidente ha promesso più
volte di deportare milioni di immigrati senza documenti. In una recente
intervista alla CBS, alla domanda se intenda separare nuovamente le famiglie
come accaduto nel 2018, evento che suscitò un’ondata di critiche a livello
nazionale, Homan ha dichiarato che “le famiglie possono essere
deportate al completo“. Ha inoltre sottolineato che l’operazione
sarebbe mirata, pur riconoscendo che i dettagli su come verrà attuata devono
ancora essere definiti. “Non sarà
una retata di massa quartiere per quartiere. Non sarà la costruzione di campi
di concentramento, – holetto di
tutto – È ridicolo,” ha detto Homan alla CBS.
Corso ISPI “Prevenire la guerra: quale modello di Difesa?”
Il nuovo corso dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI, Milano) avrà luogo il 7 e l’8 marzo 2025
Chi si iscrive entro il 15 dicembre 2024 può beneficiare della quota agevolata
“In un mondo sempre più complesso e interconnesso, comprendere le dinamiche della difesa è cruciale per garantire la sicurezza e la stabilità internazionale. Questo corso si propone di esplorare i modelli di difesa più attuali, analizzando sia le realtà nazionali che le prospettive europee.”
Il concetto strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa
Claudio Bertolotti
12.15-13.15
Lo sviluppo di un’Europa della Difesa tra ambizioni e criticità
Sonia Lucarelli, Università degli studi di Bologna
14.15-15.15
Il ruolo della NATO nella Difesa europea
Una prospettiva politica
Sonia Lucarelli
15.15-16.15
La dimensione cyber della Difesa I
Giampiero Giacomello, Università di Bologna
16.30-17.30
La dimensione cyber della Difesa II
Giampiero Giacomello
PROGRAMMA DELL’8 MARZO 2025
9.00-10.00
La politica industriale della Difesa I
Nicolò Petrelli, Università degli studi Roma tre
10.00-11.00
La politica industriale della Difesa II
Nicolò Petrelli
11.15-12.15
Gli attori privati come componente integrata della Difesa I
Stefano Ruzza, Università degli studi di Torino
12.15-13.15
Gli attori privati come componente integrata della Difesa II
Stefano Ruzza
La strategia russa: offensiva (azione e interferenza), difensiva e deterrente. Diplomazia digitale, guerra informatica e intelligenza artificiale nella competizione globale.
di Claudio Bertolotti.
Abstract
Questo articolo
esplora la strategia russa di diplomazia digitale, guerra informatica e uso
dell’intelligenza artificiale (AI) come strumenti fondamentali nella
competizione globale. La soft diplomacy russa, inizialmente accolta con favore,
ha subito evoluzioni altalenanti a causa di campagne informative che hanno
danneggiato l’immagine internazionale del paese. Negli ultimi anni, la Russia
ha sviluppato una “diplomazia digitale” per influenzare l’opinione
pubblica internazionale, sfruttando strumenti come i social media per
diffondere messaggi polarizzanti e notizie alternative. Parallelamente, il
paese ha potenziato le sue capacità di guerra informatica, considerandola una
componente essenziale delle operazioni di informazione e un mezzo per
raggiungere un equilibrio militare asimmetrico contro l’Occidente. L’uso
dell’AI amplifica queste operazioni, consentendo la creazione di
disinformazione su vasta scala e potenziando tecniche di spionaggio e attacchi
cibernetici, con l’obiettivo di destabilizzare gli avversari e consolidare
l’influenza russa a livello globale.
Soft
diplomacy
pubblica, diplomazia digitale e operazioni informatiche
All’inizio del 21° secolo, l’affermarsi della soft diplomacy pubblica russa è stata
accolta con ottimismo sia dagli analisti che dall’opinione pubblica
internazionale. Tuttavia, successivamente, la diplomazia pubblica russa ha
attraversato diverse fasi altalenanti a causa di campagne informative che hanno
danneggiato l’immagine della Russia a livello globale, in particolare dopo il
conflitto russo-georgiano del 2008.
Un altro aspetto significativo legato al progresso digitale
dell’informazione è l’uso crescente della guerra dell’informazione, ora
potenziata dall’intelligenza artificiale, che è diventata un fattore cruciale
nel raggiungimento di obiettivi strategici.[3]
La strategia e la dottrina russe hanno sempre attribuito
grande importanza alla sicurezza informatica e alle operazioni cibernetiche,
considerandole una parte essenziale delle più ampie operazioni di informazione.
Questo approccio rende spesso indistinguibile la linea di confine tra capacità
militari e civili, poiché entrambe collaborano all’interno della strategia
nazionale complessiva. Le principali agenzie informatiche russe, infatti,
partecipano attivamente, anche ai più alti livelli, all’interno del Consiglio
di sicurezza del governo, che include membri come il ministro della Difesa, il
capo del Servizio di sicurezza federale (FSB) e il capo di stato maggiore
generale.
La dottrina militare del 2015, che ha preceduto la dottrina
per la sicurezza informatica del 2016, sottolinea l’importanza della protezione
dello spazio cibernetico come parte integrante della sicurezza nazionale russa,
affidando questo compito alle forze armate. In linea con questa dottrina, nel
2017 la Russia ha istituito “unità per le operazioni di informazione”,
inizialmente concepite per la difesa del cyberspazio, ma che hanno rapidamente
assunto un ruolo più ampio, includendo attività di informazione tradizionali e
operazioni psicologiche. La “Direzione Principale dello Stato Maggiore” (GU),
precedentemente nota come GRU, insieme ai suoi comandi subordinati, come l’85°
Centro Servizi Speciali Principali (Unità 26165) e il 72° Centro Servizi
Speciali (Unità 54777), sotto il diretto controllo del capo di stato maggiore
delle forze armate russe, è considerata l’entità principale responsabile delle
operazioni cibernetiche offensive e di influenza.
Figura 1.
Evoluzione della Diplomazia russa e delle operazioni informatiche.
Il grafico in Figura 1 rappresenta l’evoluzione della diplomazia russa e delle
operazioni informatiche, mostrando come queste siano diventate sempre più
influenti nel tempo. Le fasi temporali sono così illustrate:
Prima fase: inizio del 21° secolo –
Introduzione della soft diplomacy
pubblica.
Seconda fase: 2008-2012 – Sviluppo
della diplomazia digitale e delle prime operazioni informatiche, specialmente
dopo il conflitto russo-georgiano.
Terza fase: 2013-Presente –
Consolidamento e intensificazione delle operazioni informatiche e
dell’influenza attraverso la diplomazia digitale, potenziate dall’intelligenza
artificiale.
Il grafico evidenzia un aumento
progressivo del livello di influenza di queste strategie nel contesto globale.
La diplomazia pubblica della Russia: tra strategia
e meccanismi
La diplomazia pubblica russa contemporanea si fonda sulla
strategia di politica estera delineata nel 2013. In un articolo intitolato
“Russia and the Changing World“,
pubblicato nel febbraio 2012, il presidente russo Vladimir Putin ha definito il
soft power come un insieme di
strumenti e metodi per conseguire obiettivi di politica estera senza ricorrere
all’uso di armi o altre forme di pressione, con un’enfasi particolare
sull’utilizzo della leva finanziaria.[4] In linea con questa visione, il
“Concetto di politica estera della Federazione Russa”, approvato da
Putin nel febbraio 2013, dichiara che il soft
power, un insieme completo di strumenti per il raggiungimento degli
obiettivi di politica estera basato sul potenziale della società civile,
dell’informazione, e su metodi e tecnologie culturali alternativi alla
diplomazia tradizionale, è diventato una componente essenziale nelle relazioni
internazionali contemporanee.
Tuttavia, l’intensificazione della competizione globale e
l’aumento del rischio di crisi possono talvolta portare a un uso distorto e
illegale del soft power e dei diritti
umani «per esercitare pressioni politiche sui paesi sovrani, interferire nei
loro affari interni, destabilizzare la situazione politica e manipolare
l’opinione pubblica, anche attraverso il finanziamento di progetti culturali e
sui diritti umani».[5] La
citazione inquadra molto bene l’atteggiamento della Russia verso il concetto di
soft power, inteso come motore delle cosiddette “rivoluzioni
colorate” e delle attività dell’Occidente che la Russia considera sfavorevoli
per sé stessa. Russia che, nello sviluppo della propria diplomazia pubblica, ha
fatto ampio utilizzo degli strumenti d’influenza per condizionare la vita
politica di paesi terzi.[6]
Con queste ambizioni, nel 2010 la Russia ha creato due
agenzie diplomatiche: il “Russian World”, focalizzato sulla diffusione della
lingua russa, e il “Fondo Alexander Gorchakov per la Diplomazia Pubblica”.
Inoltre, già nel 2008, all’interno del ministero degli Affari Esteri era stata
istituita la Divisione Rossotrudnichestvo,
l’Agenzia federale responsabile degli affari della Comunità degli Stati
Indipendenti, dei compatrioti all’estero e della cooperazione umanitaria
internazionale. Questa agenzia si occupa dei russi e delle comunità di lingua
russa all’estero. Nel 2020, Rossotrudnichestvo
ha ampliato la sua struttura aggiungendo dipartimenti dedicati all’informazione
e alla sicurezza informatica, alla scienza e all’istruzione, e agli aiuti
esteri.
Nel complesso, l’approccio russo alla diplomazia pubblica
mostra una continua evoluzione nella comunicazione strategica e nel marketing
politico di Mosca, in cui strumenti come messaggi mirati, tweet, e il coinvolgimento del pubblico diventano sempre più
centrali, sia nella comunicazione tradizionale che in quella digitale.[7]
L’influenza russa attraverso la diffusione di informazioni è
limitata dalla scarsa accessibilità e penetrazione dei contenuti in lingua
russa, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Per superare questo ostacolo,
la Russia sta efficacemente potenziando le sue capacità di azione e
penetrazione nel cyberspazio. Considerando le pressioni politiche e
l’inefficacia della diplomazia culturale tradizionale russa, è la diplomazia
digitale e dei dati che viene utilizzata come strumento per diffondere
“notizie alternative” nei paesi di interesse per il Cremlino. In
questo contesto, i messaggi politici e le comunicazioni divisive sono mirati a
polarizzare le opinioni pubbliche nazionali tramite social network come Facebook, Twitter e YouTube, utilizzati come
strumenti di guerra informativa da utenti registrati in Russia.[8]
Attraverso questi strumenti, la diplomazia pubblica russa ha intensificato i
suoi sforzi durante la pandemia da Covid-19, sfruttando il supporto umanitario
russo per presentarsi in modo credibile alle opinioni pubbliche straniere.
Paesi come la Serbia nei Balcani, la Siria in Medio Oriente, il Venezuela in
America Latina e persino l’Italia nell’Unione Europea hanno ricevuto aiuti
russi, la cui portata è stata promossa sui social
network attraverso una campagna propagandistica ben organizzata ed
efficace.
Information
warfare, artificial
intelligence e la competizione con la Nato
Come discusso, la Russia percepisce l’Occidente come una
minaccia. Questo punto di vista è stato ribadito dal capo di stato maggiore
generale delle forze armate russe, Valery Gerasimov, nell’aprile 2019, quando
ha sottolineato il pericolo rappresentato dall’espansione della NATO verso i
confini russi e dai tentativi occidentali di destabilizzare il governo del
presidente Putin attraverso l’uso della “guerra ibrida”.[9]
Questa percezione è ulteriormente rafforzata dalla
consapevolezza della debolezza delle forze armate convenzionali russe, ritenute
non sufficientemente preparate per affrontare un eventuale conflitto con la
NATO. I vertici militari russi credono fermamente che sia essenziale evitare
una guerra convenzionale, preferendo spostare il confronto sul piano
cibernetico per raggiungere un equilibrio militare asimmetrico. Questa
strategia è attivamente perseguita dal Cremlino per garantire alla Russia un
vantaggio militare capace di contrastare le ambizioni dell’Alleanza Atlantica,
senza dover ricorrere all’uso della forza cinetica convenzionale.
L’approccio russo può essere descritto come una forma di
“dissuasione strategica”, o come ha indicato lo stesso Gerasimov, una
“strategia di difesa attiva”, nota in Occidente come “guerra
ibrida” o “attività sotto soglia”. Questo concetto si basa su
operazioni non cinetiche mirate a indebolire, nel lungo termine, i potenziali
avversari durante il tempo di pace, creando divisioni politiche e sociali al
loro interno per minare la risolutezza e la capacità decisionale strategica
dello Stato bersaglio. Gli obiettivi principali sarebbero i paesi fortemente
anti-russi, in particolare quelli situati sul fianco orientale della NATO, dove
la Russia potrebbe concentrare un’intensa guerra d’informazione per provocare
cambiamenti politici significativi. In questo modo, la Russia potrebbe
perseguire la sua dottrina di “autoaffermazione sovrana” e ottenere
maggiore libertà di azione in regioni critiche come la Siria, il Medio Oriente
e l’Africa. Queste misure preventive potrebbero anche servire a ostacolare
qualsiasi decisione collettiva della NATO, compresa l’eventualità di un
intervento diretto contro Mosca.[10] In
linea con questa lettura, in occasione dell’avvio della guerra russo-ucraina nel
febbraio 2022 è stata registrata un’ondata di azioni per penetrare le reti
della Nato all’inizio del conflitto, una precauzione ragionevole dal punto di
vista russo, dato il timore di un possibile intervento dell’Alleanza a supporto
di Kiev.
Information Warfare e Intelligenza Artificiale (AI)
Come già menzionato, Gerasimov ha sottolineato l’importanza
crescente dell’informazione per neutralizzare gli oppositori dello Stato, sia
interni che esterni. Secondo Gerasimov, «le tecnologie dell’informazione»
stanno diventando «uno dei tipi di armi più promettenti» da impiegare contro
altri paesi. Per questo motivo, egli afferma che «lo studio dei temi legati
alla preparazione e alla conduzione delle azioni di informazione è il compito
più importante della scienza militare».
Con questo approccio, la Russia ha dato priorità allo
sviluppo di operazioni informative avanzate piuttosto che all’espansione di
armi convenzionali, come carri armati o sistemi missilistici, poiché oggi le
“tecnologie dell’informazione” possono essere notevolmente potenziate
dall’intelligenza artificiale (AI).[11]
Il pensiero delle forze armate russe riguardo allo sviluppo e all’impiego
dell’intelligenza artificiale in ambito militare si focalizza sui vantaggi che
essa può offrire nel supporto alle operazioni militari. Questi vantaggi spaziano
dal miglioramento dei sistemi autonomi e di altre tecnologie militari fino alla
gestione dell’informazione, in particolare a livello strategico globale. In
questo contesto, l’intelligenza artificiale agisce come un amplificatore,
potenziando le operazioni di disinformazione attraverso la diffusione
intenzionale di notizie false e ingannevoli, con l’obiettivo di influenzare
politiche e società e di creare instabilità su larga scala mediante la
manipolazione delle informazioni e attività cibernetiche.[12]
Durante la crisi in Ucraina, la Russia avrebbe messo in atto
un’ampia campagna di operazioni informative mirate a influenzare l’opinione
pubblica e a creare confusione nello spazio dell’informazione, diffondendo una
combinazione di informazioni vere, parzialmente vere e false per renderle
credibili. Un esempio significativo di questi sforzi è rappresentato dai più di
65.000 tweet diffusi da falsi account
russi nelle ventiquattr’ore successive all’abbattimento del volo MH-17 della
Malaysia Airlines il 17 luglio 2014, con l’obiettivo di attribuire la colpa
dell’incidente al governo ucraino. Inoltre, durante l’annessione della Crimea,
le forze russe avrebbero oscurato nove canali televisivi ucraini in Crimea,
sostituendoli con emittenti televisive russe per silenziare i media
filo-governativi ucraini:[13]
un fatto che confermerebbe la condotta di azioni di guerra elettronica (Electronic
warfare, EW) come fattore abilitante per le operazioni di informazione.[14]
Le azioni menzionate evidenziano la
determinazione della Russia a migliorare e intensificare le proprie capacità
nel contesto della guerra informatica, che all’interno della dottrina militare
russa è considerata una componente della più ampia guerra dell’informazione. La
minaccia strategica posta dalla guerra informatica potenziata dall’intelligenza
artificiale sarà particolarmente pericolosa, poiché gli strumenti informatici
diventeranno sempre più capaci di generare disinformazione dettagliata e
credibile (inclusi i “deep fake“[15]) in volumi tali da rendere estremamente difficile distinguere la verità
reale da un’enorme quantità di informazioni contrastanti.[16] L’AI consentirà di saturare lo spazio informativo con dati artificiali,
creando una “verità virtuale” che potrà confondere e destabilizzare
gli avversari, aprendo la strada a una possibile “guerra cognitiva” che
la Russia potrebbe dominare.
Un altro aspetto cruciale della
guerra informatica riguarda il piano tecnico: lo spionaggio, l’installazione di
malware, la distruzione selettiva e, in particolare, la ricerca di
vulnerabilità nei sistemi informatici degli avversari. Con l’avvento dell’AI,
queste tecniche cibernetiche diventeranno sempre più efficaci, permettendo di
individuare le debolezze dei sistemi IT avversari con maggiore rapidità.[17]
Figura 2.
Evoluzione dell’importanza della sicurezza informatica nella strategia russa.
Il grafico
rappresenta l’evoluzione dell’importanza attribuita alla sicurezza informatica
e alle operazioni cibernetiche nella strategia russa nel corso degli anni. Il
grafico mostra un aumento significativo dell’enfasi sulla sicurezza informatica
dal 2010 al 2020, indicando la sua crescente priorità nella pianificazione
strategica della Russia.
[1] J. Fieke, Digital Activism in
the Middle East: Mapping Issue Networks in Egypt, “Knowledge Management for
Development Journal” 6 (1), 2010, pp. 37–52.
[2] N. Tsvetkova, D. Rushchin, (2021), Russia’s Public Diplomacy: From Soft Power
to Strategic Communication, Journal of Political Marketing. 20. 1-12.
10.1080/15377857.2020.1869845.
[3] R. Thornton & M. Miron, Towards
the ‘Third Revolution in Military Affairs’, The RUSI Journal, 165:3, 2020,
pp. 12-21, DOI: 10.1080/03071847.2020.1765514:
https://doi.org/10.1080/03071847.2020.1765514.
[4] V. Putin (2012), Russia and the
Changing World, “Rossiyskaya Gaseta”. Accessed October 20, 2020.
[5] A. Sergunin, L. Karabeshkin, Understanding
Russia’s Soft Power Strategy, “Politics” 35
(3–4):347–63,
2015.
[6] U.S. Congress. 2015. “U.S.
Senate Committee on the Judiciary. Extremist Content and Russian Disinformation
Online:
Working with Tech to Find Solutions.”. In: https://www.judiciary.senate.gov/meetings/extremist-content-and-russian-disinformation-online-working-with-tech-to-find-solutions
(ultimo accesso 21 luglio 2021).
[7] N. Tsvetkova & D. Rushchin, Russia’s
Public Diplomacy…, cit.
[8] J. Bērziņš (2014), Russia’s
New Generation Warfare in Ukraine: Implications for Latvian Defense Policy,
Policy Paper No 02, (Riga: National Defence Academy of Latvian Center for
Security and Strategic Research, April 2014), 5.
[9] V. Gerasimov, Vektory Razvitiya
Voyennoy Strategii [“The Vectors of Military Strategic Development”],
“Krasnaya Zvezda” [Red Star], 3 aprile 2019, in
http://redstar.ru/vektory-razvitiya-voennoj-strategii/.
[10] R. Thornton & M. Miron, Towards
the ‘Third Revolution…, cit.
[13] Office of the UN High Commissioner
for Human Rights, ‘Report on the Human Rights Situation in Ukraine’, 15
July 2014, p. 31. In:
https://www.ohchr.org/Documents/Countries/UA/Ukraine_Report_15July2014.pdf
(ultimo accesso 21 luglio 2021).
[14] D. McCrory (2021), Russian
Electronic Warfare, Cyber and Information Operations in Ukraine, “The RUSI
Journal”, 2021, pp –.
[15]Deepfake: tecnica per la rielaborazione
dell’immagine umana basata sull’intelligenza artificiale, usata per combinare e
sovrapporre immagini e video esistenti con altri video, o immagini originali,
tramite una tecnica di apprendimento automatico, nota come rete antagonista
generativa.
[16] R. Thornton &
M. Miron, Towards the ‘Third Revolution…, cit.
Elezioni USA: la vittoria (di Trump) e le sconfitte (di democratici e stampa)
di Melissa de Teffè.
Ieri sera, durante una lunga maratona di interviste al quartier generale di Trump a Mar-a-Lago, il celebre giornalista conservatore Tucker Carlsonha posto a Elon Musk una domanda diretta: “perché ha deciso di sostenere Trump?” – La risposta di Musk non ha lasciato spazio a dubbi: “Quando vedi una persona sotto tiro e osservi la sua reazione, capisci subito se ha coraggio o è una codarda. La pallottola lo aveva colpito, c’era sangue che gli colava sul viso, e avrebbe potuto esserci un secondo tiratore. Invece ha gridato: ‘Combattiamo, combattiamo, combattiamo’. Quello è vero coraggio. L’America (come dice l’inno, ndt) è la terra degli uomini liberi e la casa dei valorosi, e noi vogliamo come Presidente un uomo coraggioso”.
Ma cosa ha portato Trump alla vittoria?
Diversi elementi e strategie vincenti si sono sommati, rendendo questa campagna elettorale efficace. Innanzitutto, i lunghi podcast sia di Trump sia del suo vicepresidente J.D. Vance, uomo brillante e preparato, che insieme ai membri del loro team, hanno consentito al pubblico di conoscere soluzioni chiare e concrete, sui temi che più hanno interessato gli elettori: inflazione, economia, guerra. Questo approccio , nonostante le frasi a volte “pazze” di Trump, ha avvicinato candidato ed elettori. Vivek, Bob Kennedy, Gabbard, Musk, non si sono risparmiati presentandosi ovunque, come ad esempio presso le università, rispondendo liberamente e senza filtri alle domande dei ragazzi, illustrando apertamente il programma politico e le soluzioni offerte ai vari problemi del paese.
In contrasto, la vicepresidente Kamala Harris non è riuscita a connettersi empaticamente con l’elettorato, concentrandosi troppo su temi come l’aborto, che ovviamente prevedeva un focalizzarsi su un solo segmento della popolazione e senza mai riuscire a spiegare cos’altro proponesse.
Un altro punto di forza è stato presentare un team di governo già delineato: Bob Kennedy Jr. come ministro della Salute, Elon Musk come responsabile per semplificare la burocrazia governativa, Vivek Ramaswamy, imprenditore brillante e figlio di immigrati indiani, e Tulsi Gabbard, deputata delle Hawaii e riservista delle Forze Armate. Volti, nomi e competenze specifiche che hanno dato al pubblico sicurezza e fiducia, nomi, volti, certezze.
Infine, Trump ha rassicurato la popolazione sul fatto che farà il possibile per risolvere i due conflitti internazionali in corso, un’idea in netta contrapposizione con le posizioni espresse da Harris e Biden, che non sono riusciti a dissipare il timore di una possibile escalation verso una terza guerra mondiale.
Le grandi sconfitte: Harris e la stampa
Il primo grande perdente è stata ovviamente la vicepresidente Kamala Harris, il cui team non ha saputo creare e farle dire quali fossero le sue scelte politiche in primis e quali, essendo lei vicepresidente, le differenze con Biden.
Sono stai due i momenti significativi che hanno indebolito il consenso intorno a lei. Il primo, a settembre durante un’intervista con Oprah Winfrey, peraltro in un contesto assai amichevole, la Harris ha dichiarato di essere favorevole alla costruzione del muro di Trump, un dietrofront netto e sorprendente. La sua risposta, lunga e articolata, non è riuscita ad offrire nuove politiche per la gestione della crisi alla frontiera.
L’altro colpo di scena è stato quando ha dichiarato di essere pro il secondo emendamento della costituzione che recita il diritto al porto d’armi, d’averlo e che se un estraneo fosse apparso nella sua residenza gli avrebbe sparato senza esitazione. Anche questo un punto cruciale da sempre una delle roccaforti repubblicane. Un altro passo falso è stato durante la sua apparizione a The View, dove, in un contesto amichevole, ha faticato a rispondere su cosa farebbe di diverso da Biden. “Non mi viene in mente nulla,” ha dichiarato Harris, lasciando perplessi gli spettatori.
Anche la stampa ha subito una grande sconfitta. I reportage di parte, la mancanza di giornalismo investigativo e le critiche incessanti su Trump e il suo team, hanno fatto emergere un giornalismo meno oggettivo e più editoriale. Pochi media si sono limitati a riportare i fatti senza aggiungere commenti, e solo raramente si è visto un approfondimento su dettagli rilevanti, come i cambiamenti di opinione di personaggi influenti e gli interessi economici che li sostengono, senza indulgere in dietrologie esasperanti e spesso superflue. Mentre siamo stati ampiamente informati sui processi di Trump, nessuno ha indagato a fondo sulla biografia di Harris, arrivata al ruolo di Procuratore Generale della California anche grazie alla sua lunga relazione con il sindaco “sposato” di San Francisco, oppure che la foto della nonna insieme a lei nella sua autobiografia non sarebbe autentica, come riportato dalla giornalista Candance Owens in una conversazione con alcuni parenti della stessa Harris.
Secondo un sondaggio Gallup, la fiducia nei media è crollata drasticamente al 32%, con un pubblico sempre più scettico sulla capacità dei giornali di riportare le notizie in modo completo, equo e accurato. Cambierà quindi l’atteggiamento dei media? Secondo la Fondazione Pew, “giornali e televisione hanno registrato perdite nelle entrate pubblicitarie” proprio per aver registrato un audience sempre più piccola.
Altri vincitori: il Congresso e i governatori
Insieme alle presidenziali, le elezioni includevano seggi per il Senato, la Camera dei deputati e undici governatori. Il Senato ha già acquisito una maggioranza repubblicana, mentre per la Camera è ancora in bilico. Dei governatori in corsa, sappiamo già che sette sono repubblicani e quattro democratici. Gli stati interessati sono: Delaware, Indiana, Missouri, Montana, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Utah, Vermont, Washington e West Virginia.
In conclusione, la vittoria di Trump appare come il frutto di strategie ben mirate e di un messaggio chiaro, mentre la sconfitta di Harris e il calo di fiducia nei media riflettono le difficoltà di una campagna che non ha saputo conquistare né chiarire agli elettori un’alternativa solida.
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