TRUMP2024

Verso l’amministrazione Trump: il Gabinetto presidenziale – Prima parte

di Melissa de Teffè.

A nemmeno di un mese dalla vittoria, Trump, al secondo giro,  ha organizzzato una macchina politica ben oleata e pronta a non commettere gli errori del 2016.

Nel caldo ed elegante scenario di Mar a Lago si lavora incessantemente per compilare la lista delle tante nomine necessarie prima dell’insediamento a gennaio. Il team è capeggiato da Brian Hook, ex rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Iran durante il primo mandato di Trump e collaboratore sia di Pompeo che dell’ex Segretario di Stato Rex Tillerson. Hook ha lavorato per mesi sulle idee politiche da attuare, incontrandosi con i diplomatici stranieri più rilevanti al momento e purtroppo non ci sono ancora stati incontri ufficiali di transizione con il team Biden-Harris, nonostante le affermazioni di quest’ultima nel suo speech di concessione.

Per correttezza di cronaca trascriviamo la lista completa delle nomine, ma ci soffermeremo su quelle più rilevanti:

Capo di gabinetto della Casa Bianca: Susie Wiles
 Segretario di Stato: Marco Rubio
 Procuratore generale: Pam Bondi (dopo il ritiro di Matt Gaetz)
 Vice procuratore generale: Todd Blanche
 Segretario per la salute (HHS): Robert F. Kennedy Jr.
 Direttore bilancio: Russ Vought
 Ambasciatore alle Nazioni Unite: Elise Stefanik
 “Zar del confine”: Tom Homan
 Segretario della difesa: Pete Hegseth
 Segretario per gli affari dei veterani: Doug Collins
 Consigliere per la sicurezza nazionale: Michael Waltz
 Segretario degli interni: Doug Burgum
 Segretario dell’energia: Chris Wright
 Segretario dei trasporti: Sean Duffy
 Segretario per il  commercio: Howard Lutnick
 Segretario dell’istruzione: Linda McMahon
 Segretario del tesoro: Scott Bessent
 Segretario del lavoro: Lori Chavez-DeRemer
 Consigliere legale della Casa Bianca: William McGinley
 Ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO: Matthew Whitaker
 Segretario della sicurezza interna: Kristi Noem
 Segretario per lo sviluppo urbano e abitativo (HUD): Scott Turner
 Direttore della CIA: John Ratcliffe
 Direttore dell’intelligence nazionale: Tulsi Gabbard
 Amministratore dell’EPA (Environmental Protection Agency): Lee Zeldin
 Solicitor General: Dean John Sauer
 Commissario della FDA (Food and Drugs Administration): Marty Makary
 Segretario dell’agricoltura: Brooke Rollins
 Direttore dei CDC: David Weldon
 Presidente della FCC: Brendan Carr
 Amministratore dei Servizi nei Centri Medicare e Medicaid: Dr. Mehmet Oz
 Medico generale (Surgeon General): Dr. Janette Nesheiwat
 Ambasciatore degli Stati Uniti in Israele: Mike Huckabee
 Ambasciatore degli Stati Uniti in Canada: Pete Hoekstra
 Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Meridionale di New York: Jay Clayton
 Dipartimento per l’efficienza governativa: Elon Musk e Vivek Ramaswamy
 Vice capo di gabinetto: Dan Scavino
 Vice capo di gabinetto per affari legislativi, politici e pubblici: James Blair
 Vice capo di gabinetto per comunicazioni e personale: Taylor Budowich
 Capo dell’Ufficio del personale presidenziale: Sergio Gor
 Direttore delle comunicazioni della Casa Bianca: Steven Cheung
 Portavoce della Casa Bianca: Karoline Leavitt

 GEORGE BESSENT – Segretario del Tesoro

 CEO di un hedge fund, Scott Bessent, è stato scelto da Trump lo scorso venerdì con questa dichiarazione: “sono molto lieto di nominare Bessent, un uomo ampiamente rispettato sia come investitore internazionale molto importante che come stratega geopolitico ed economico del mondo.” – “Scott “sosterrà” politiche che “promuovono la competitività degli Stati Uniti e arginerà gli squilibri commerciali ingiusti.” Fondatore  e AD del Key Square Group, Hedge Fund, con sede in Connecticut, il 62enne, originario della Carolina del Sud, e laureato all’Università di Yale, come Trump, sostiene la politica dei dazi, considerandoli un modo efficiente ed utile per aumentare le entrate e proteggere le industrie americane. Durante gli anni ’90,  ha lavorato per quasi un decennio con il notissimo miliardario investitore George Soros, uno dei più importanti sostenitori delle cause liberali, come direttore esecutivo del Fondo Soros. Apertamente gay, lui e suo marito, l’ex procuratore di New York John Freeman, hanno due figli. Se confermato, Bessent sarebbe il primo membro dichiaratamente gay a far parte di un esecutivo presidenziale repubblicano.

Robert F. Kennedy jr – Segretario del Dipartimento per la Salute e Servizi Umani (HHS)

Se Robert F. Kennedy Jr. guiderà il Dipartimento della Salute, ha già detto che come primo compito vorrà affrontare i non pochi problemi causati ”dall’industria alimentare e dalle aziende farmaceutiche, che per motivi di lucro, hanno ingannato, disinformato e divulgato falsità”. Il suo contributo sarà focalizzato nel cercare di “Rendere l’America di nuovo Sana!”  (Make America Healthy Again- MAHA). Molto critico delle politiche riguardo ai vaccini, ormai divenuta storica, è un’antica diatriba che si trascina da quando ha iniziato la sua campagna elettorale. La sua posizione non è contro i vaccini in generale, ma contro l’accanimento di alcune Big Farma nel voler imporre questa soluzione medicale senza aver raccolto le necessarie verifiche sull’effettivo risultato sanifico. Kennedy non nega l’utilità di questi e ha spesso sottilineato d’averne sempre fatto uso soprattutto i vaccini

 antiinfluenzali. Ma l’impatto maggiore delle ideologie Kennediane si sentiranno maggiormente nel contesto alimentare. Infatti secondo i sondaggi del 2021, il National Center for Health Statistics, National Health Examination Survey e il National Health and Nutrition Examination Survey, risulta che il 31,1% degli adulti statunitensi è sovrappeso, il 42,5% è obeso e il 9% ha un’obesità grave.

Il piano Kennedy, MAHA, parte dal presupposto che le aziende sono i  principali attori responsabili dei problemi di salute dei cittadini e che il governo ha quindi il dovere di intervenire. L’industria alimentare, che storicamente ha considerato il Partito Repubblicano un alleato, è ovviamente assai preoccupata. Le quotazioni di borsa delle società alimentari hanno subìto forti cali dopo l’annuncio della nomina di Kennedy lo scorso giovedì. Alla chiusura dei mercati, martedì, le azioni del gigante delle bevande e degli snack PepsiCo sono scese del 5,1%, il produttore di cioccolato Hershey ha perso il 4,9%, mentre i conglomerati di alimenti confezionati Kraft Heinz, Conagra Brands e General Mills hanno registrato cali rispettivamente del 3,8%, 3,5% e 3%. La campagna MAHA si propone di contrastare l’epidemia di malattie croniche che da anni affligge il paese, adottando una strategia innovativa. L’obiettivo è migliorare la filiera alimentare attraverso l’agricoltura rigenerativa, la tutela degli habitat naturali, l’eliminazione delle influenze delle lobby aziendali sulle agenzie sanitarie governative e la riduzione di sostanze chimiche e tossine dannose, come il fluoro nelle tubazioni idriche, dal sistema alimentare e dall’ambiente.

Kennedy, che ha accusato le aziende alimentari di aver “avvelenato in massa” il pubblico americano ha espresso chiaramente il desiderio di voler limitare l’accesso alle bevande zuccherate e ai cibi ultraprocessati, considerati da molti nutrizionisti poco salutari. Tra le sue proposte figura l’idea di impedire a chi usufruisce dell’assistenza pubblica di acquistare cibi “spazzatura” con i buoni alimentari, una misura che potrebbe penalizzare aziende come PepsiCo, Conagra, Kraft Heinz, Coca-Cola, J.M. Smucker e WK Kellogg, le cui vendite a questi utenti rappresentano una fonte significativa di ricavi. Inoltre, Kennedy mira ad eliminare bevande gassate e cibi processati dalle mense scolastiche, aggravando ulteriormente le difficoltà per il settore. “Questo tipo di speculazione negativa sul mercato è l’ultima cosa di cui il settore alimentare confezionato, già sotto pressione, ha bisogno,” ha scritto l’analista di J.P. Morgan Ken Goldman in una nota di lunedì scorso. Kennedy propone di ridurre l’uso di additivi e sostanze chimiche, tra cui aromi e coloranti artificiali. Molti Stati stanno già prendendo provvedimenti in questa direzione. L’anno scorso, la California ha vietato un gruppo di sostanze chimiche, tra cui il colorante alimentare Rosso n. 3, utilizzato in cibi e caramelle. New York e Pennsylvania stanno valutando divieti simili. “La FDA – Food and Drugs Administration – è rimasta indietro rispetto ad altri paesi nella regolamentazione degli additivi alimentari”, dice il candidato. Se la sua nomina sarà confermata, Kennedy potrebbe accelerare questo processo innovativo, anche attraverso una riorganizzazione del personale. Ha già promesso di riformare l’agenzia che, ha accusato di servire più gli interessi dei Big Pharma e Big Food che quelli della popolazione.

Secondo Scott Faber, vicepresidente senior per gli affari governativi del gruppo ambientale no-profit EWG, restrizioni più severe sugli additivi avranno un impatto limitato sui bilanci dei produttori alimentari. Molte sostanze chimiche sono già vietate in Europa e in altri mercati internazionali, e le aziende alimentari hanno adottato ingredienti alternativi per rispettare le leggi locali. Adeguare le stesse ricette al mercato interno non comporterà costi aggiuntivi significativi, ha dichiarato. I consumatori di solito non notano la rimozione o il cambiamento degli additivi alimentari. “Ci sono stati casi in cui le vendite sono diminuite dopo l’eliminazione di coloranti alimentari, ma ciò è avvenuto perché un’unica azienda ha apportato il cambiamento”, ha scritto Goldman di J.P. Morgan in una recente nota. Se tutte le aziende si adattano a nuove regolamentazioni, probabilmente non ci saranno grandi cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, ha concluso. Coopererà a questa rivoluzione il nuovo Commissario della FDA Marty Makary, chirurgo presso la nota Johns Hopkins e professore sempre alla Johns Hopkins Carey Business School. Sempre sotto lo stesso dipartimento si colloca il programma per l’Assistenza Sanitaria, Medicare – Medicaid, con 140 milioni di iscritti, che verrebbe gestito dal Dr. Oz, noto cardiochirurgo e star televisiva. In una recente intervista ha dichiarato: “Non è un segreto che il nostro sistema sanitario non funizoni. Continuiamo a spendere sempre più denaro senza alcun chiaro ritorno sull’investimento in termini di salute e benessere della nostra nazione”.  Quasi il 50% degli americani vive con una condizione di salute cronica, come diabete, ipertensione o obesità. Per quanto riguarda i bambini, uno studio prevede che oltre 220.000 persone sotto i 20 anni avranno il diabete di tipo 2 entro il 2060, un aumento del 700%.”

Marco Rubio: Segretario di Stato

Cubano-Americano e senatore per lo Stato della Florida, Marco Rubio è famoso per le denuncie su X contro gli illeciti di agenti cubani o come scrive lui “per le azioni vili e le aggressioni” ingiustificabili contro, ad esempio, Carolina Barrero, storica dell’arte che rappresenta il volto dell’opposizione.  Questa nomina dà un chiaro segnale della nuova politica presidenziale contro l’infiltrazione marxista sia da parte cinese che da alcuni dei paesi caraibichi come Cuba e altri del Sud America. Se le ultime amministrazioni americane potrebbero aver trascurato la dottrina Monroe, con Rubio c’è sicuramente un ritorno alle priorità regionali non più attraverso una lente del politicamente corretto apologetico, ma con un’attenzione chiara e lucida su sicurezza, prosperità e democrazia.

Thomas Douglas Homan: funzionario per ICE (Immigration and Customs Enforcement) lo zar del confine.

Thomas Douglas Homan, ex agente di polizia, funzionario per ICE (Immigration and Customs Enforcement) e commentatore politico statunitense, ha già prestato servizio durante l’amministrazione Obama e nella prima amministrazione Trump. In questo ruolo che non prevede la conferma del Senato, Homan sarà responsabile di tutti i confini statunitensi, nord, sud, spazi aerei e marittimi. Inoltre si occuperà anche delle deportazioni di immigrati illegali, oltre ai gruppi di immigrati che ledono la quiete con atti di violenza, (qui si riferisce all’invasione di alcuni gruppi di delinquenti venezuelani che si sono impadroniti abusivamente e con la forza di interi palazzi).  Inoltre ha garantito il taglio dei finanziamenti federali agli Stati che non collaborano con le sue nuove politiche. Parlando dal palco della Convenzione Nazionale Repubblicana, Homan ha dichiarato che Trump designerà i cartelli messicani come una “organizzazione terroristica” per il loro ruolo nel traffico di fentanyl attraverso il confine, avvertendo: “Vi cancellerà dalla faccia della Terra.” –  riferendosi a Trump.

Homan ha espresso disprezzo verso le città santuario, come New York, Los Angeles, Denver, e molte altre, ossia quelle giurisdizioni che adottano politiche volte a non sanzionare l’immigrazione illegale. Ha espresso la speranza che la polizia locale di queste città collabori con la nuova amministrazione, sottolineando con forza come, in passato, Trump abbia utilizzato il Dipartimento di Giustizia per imporre le proprie politiche in questo ambito.

“Le città santuario sono santuari per criminali,” ha dichiarato Homan a Fox News. L’immigrazione è stata uno dei punti fondamentali in questa campagna elettorale e l’ex presidente ha promesso più volte di deportare milioni di immigrati senza documenti. In una recente intervista alla CBS, alla domanda se intenda separare nuovamente le famiglie come accaduto nel 2018, evento che suscitò un’ondata di critiche a livello nazionale, Homan ha dichiarato che “le famiglie possono essere deportate al completo“. Ha inoltre sottolineato che l’operazione sarebbe mirata, pur riconoscendo che i dettagli su come verrà attuata devono ancora essere definiti. “Non sarà una retata di massa quartiere per quartiere. Non sarà la costruzione di campi di concentramento, – ho letto di tutto – È ridicolo,” ha detto Homan alla CBS.


Corso ISPI “Prevenire la guerra: quale modello di Difesa?”

Il nuovo corso dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI, Milano) avrà luogo il 7 e l’8 marzo 2025

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“In un mondo sempre più complesso e interconnesso, comprendere le dinamiche della difesa è cruciale per garantire la sicurezza e la stabilità internazionale. Questo corso si propone di esplorare i modelli di difesa più attuali, analizzando sia le realtà nazionali che le prospettive europee.”

Vedi qui la presentazione completa del corso e dei suoi contenuti

PROGRAMMA DEL 7 MARZO 2025

9.00-10.00

La Difesa italiana

Struttura, costi, funzionamento e impiego

Claudio Bertolotti, START InSight e ISPI

10.00-11.00

La Difesa integrata europea

Lo Strategic Compass tra ambizioni e criticità

Claudio Bertolotti

11.15-12.15

Il concetto strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa

Claudio Bertolotti

12.15-13.15

Lo sviluppo di un’Europa della Difesa tra ambizioni e criticità

Sonia Lucarelli, Università degli studi di Bologna

14.15-15.15

Il ruolo della NATO nella Difesa europea

Una prospettiva politica

Sonia Lucarelli

15.15-16.15

La dimensione cyber della Difesa I

Giampiero Giacomello, Università di Bologna

16.30-17.30

La dimensione cyber della Difesa II

Giampiero Giacomello

PROGRAMMA DELL’8 MARZO 2025

9.00-10.00

La politica industriale della Difesa I

Nicolò Petrelli, Università degli studi Roma tre

10.00-11.00

La politica industriale della Difesa II

Nicolò Petrelli

11.15-12.15

Gli attori privati come componente integrata della Difesa I

Stefano Ruzza, Università degli studi di Torino

12.15-13.15

Gli attori privati come componente integrata della Difesa II

Stefano Ruzza


La strategia russa: offensiva (azione e interferenza), difensiva e deterrente. Diplomazia digitale, guerra informatica e intelligenza artificiale nella competizione globale.

di Claudio Bertolotti.

Abstract

Questo articolo esplora la strategia russa di diplomazia digitale, guerra informatica e uso dell’intelligenza artificiale (AI) come strumenti fondamentali nella competizione globale. La soft diplomacy russa, inizialmente accolta con favore, ha subito evoluzioni altalenanti a causa di campagne informative che hanno danneggiato l’immagine internazionale del paese. Negli ultimi anni, la Russia ha sviluppato una “diplomazia digitale” per influenzare l’opinione pubblica internazionale, sfruttando strumenti come i social media per diffondere messaggi polarizzanti e notizie alternative. Parallelamente, il paese ha potenziato le sue capacità di guerra informatica, considerandola una componente essenziale delle operazioni di informazione e un mezzo per raggiungere un equilibrio militare asimmetrico contro l’Occidente. L’uso dell’AI amplifica queste operazioni, consentendo la creazione di disinformazione su vasta scala e potenziando tecniche di spionaggio e attacchi cibernetici, con l’obiettivo di destabilizzare gli avversari e consolidare l’influenza russa a livello globale.

Soft diplomacy pubblica, diplomazia digitale e operazioni informatiche

All’inizio del 21° secolo, l’affermarsi della soft diplomacy pubblica russa è stata accolta con ottimismo sia dagli analisti che dall’opinione pubblica internazionale. Tuttavia, successivamente, la diplomazia pubblica russa ha attraversato diverse fasi altalenanti a causa di campagne informative che hanno danneggiato l’immagine della Russia a livello globale, in particolare dopo il conflitto russo-georgiano del 2008.

Negli ultimi anni, l’avanzamento delle tecnologie dell’informazione e la crescente diffusione dei social media hanno introdotto la cosiddetta “diplomazia digitale”. Questa forma di comunicazione, lanciata per la prima volta dall’amministrazione Obama, consiste in un dialogo diretto tra i governi e la comunità degli utenti Internet, conosciuta come netizen o cybercittadini, con l’obiettivo di influenzare l’opinione pubblica. Inizialmente, la diplomazia digitale è stata apprezzata per la sua capacità di esercitare un impatto significativo sull’opinione pubblica internazionale durante i conflitti, grazie a strategie di comunicazione mirate, guerra psicologica e operazioni online.[1] Tuttavia, ben presto si è rivelato l’aspetto negativo della diplomazia digitale, soprattutto quando alcuni regimi autoritari hanno utilizzato le risorse di Internet per manipolare il traffico online, con l’obiettivo di ostacolare i gruppi dissidenti e l’opposizione politica.[2]

Un altro aspetto significativo legato al progresso digitale dell’informazione è l’uso crescente della guerra dell’informazione, ora potenziata dall’intelligenza artificiale, che è diventata un fattore cruciale nel raggiungimento di obiettivi strategici.[3]

La strategia e la dottrina russe hanno sempre attribuito grande importanza alla sicurezza informatica e alle operazioni cibernetiche, considerandole una parte essenziale delle più ampie operazioni di informazione. Questo approccio rende spesso indistinguibile la linea di confine tra capacità militari e civili, poiché entrambe collaborano all’interno della strategia nazionale complessiva. Le principali agenzie informatiche russe, infatti, partecipano attivamente, anche ai più alti livelli, all’interno del Consiglio di sicurezza del governo, che include membri come il ministro della Difesa, il capo del Servizio di sicurezza federale (FSB) e il capo di stato maggiore generale.

La dottrina militare del 2015, che ha preceduto la dottrina per la sicurezza informatica del 2016, sottolinea l’importanza della protezione dello spazio cibernetico come parte integrante della sicurezza nazionale russa, affidando questo compito alle forze armate. In linea con questa dottrina, nel 2017 la Russia ha istituito “unità per le operazioni di informazione”, inizialmente concepite per la difesa del cyberspazio, ma che hanno rapidamente assunto un ruolo più ampio, includendo attività di informazione tradizionali e operazioni psicologiche. La “Direzione Principale dello Stato Maggiore” (GU), precedentemente nota come GRU, insieme ai suoi comandi subordinati, come l’85° Centro Servizi Speciali Principali (Unità 26165) e il 72° Centro Servizi Speciali (Unità 54777), sotto il diretto controllo del capo di stato maggiore delle forze armate russe, è considerata l’entità principale responsabile delle operazioni cibernetiche offensive e di influenza.

Figura 1. Evoluzione della Diplomazia russa e delle operazioni informatiche.

Il grafico in Figura 1 rappresenta l’evoluzione della diplomazia russa e delle operazioni informatiche, mostrando come queste siano diventate sempre più influenti nel tempo. Le fasi temporali sono così illustrate:

Prima fase: inizio del 21° secolo – Introduzione della soft diplomacy pubblica.

Seconda fase: 2008-2012 – Sviluppo della diplomazia digitale e delle prime operazioni informatiche, specialmente dopo il conflitto russo-georgiano.

Terza fase: 2013-Presente – Consolidamento e intensificazione delle operazioni informatiche e dell’influenza attraverso la diplomazia digitale, potenziate dall’intelligenza artificiale.

Il grafico evidenzia un aumento progressivo del livello di influenza di queste strategie nel contesto globale.

La diplomazia pubblica della Russia: tra strategia e meccanismi

La diplomazia pubblica russa contemporanea si fonda sulla strategia di politica estera delineata nel 2013. In un articolo intitolato “Russia and the Changing World“, pubblicato nel febbraio 2012, il presidente russo Vladimir Putin ha definito il soft power come un insieme di strumenti e metodi per conseguire obiettivi di politica estera senza ricorrere all’uso di armi o altre forme di pressione, con un’enfasi particolare sull’utilizzo della leva finanziaria.[4]  In linea con questa visione, il “Concetto di politica estera della Federazione Russa”, approvato da Putin nel febbraio 2013, dichiara che il soft power, un insieme completo di strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di politica estera basato sul potenziale della società civile, dell’informazione, e su metodi e tecnologie culturali alternativi alla diplomazia tradizionale, è diventato una componente essenziale nelle relazioni internazionali contemporanee.

Tuttavia, l’intensificazione della competizione globale e l’aumento del rischio di crisi possono talvolta portare a un uso distorto e illegale del soft power e dei diritti umani «per esercitare pressioni politiche sui paesi sovrani, interferire nei loro affari interni, destabilizzare la situazione politica e manipolare l’opinione pubblica, anche attraverso il finanziamento di progetti culturali e sui diritti umani».[5] La citazione inquadra molto bene l’atteggiamento della Russia verso il concetto di soft power, inteso come motore delle cosiddette “rivoluzioni colorate” e delle attività dell’Occidente che la Russia considera sfavorevoli per sé stessa. Russia che, nello sviluppo della propria diplomazia pubblica, ha fatto ampio utilizzo degli strumenti d’influenza per condizionare la vita politica di paesi terzi.[6]

Con queste ambizioni, nel 2010 la Russia ha creato due agenzie diplomatiche: il “Russian World”, focalizzato sulla diffusione della lingua russa, e il “Fondo Alexander Gorchakov per la Diplomazia Pubblica”. Inoltre, già nel 2008, all’interno del ministero degli Affari Esteri era stata istituita la Divisione Rossotrudnichestvo, l’Agenzia federale responsabile degli affari della Comunità degli Stati Indipendenti, dei compatrioti all’estero e della cooperazione umanitaria internazionale. Questa agenzia si occupa dei russi e delle comunità di lingua russa all’estero. Nel 2020, Rossotrudnichestvo ha ampliato la sua struttura aggiungendo dipartimenti dedicati all’informazione e alla sicurezza informatica, alla scienza e all’istruzione, e agli aiuti esteri.

Nel complesso, l’approccio russo alla diplomazia pubblica mostra una continua evoluzione nella comunicazione strategica e nel marketing politico di Mosca, in cui strumenti come messaggi mirati, tweet, e il coinvolgimento del pubblico diventano sempre più centrali, sia nella comunicazione tradizionale che in quella digitale.[7]

L’influenza russa attraverso la diffusione di informazioni è limitata dalla scarsa accessibilità e penetrazione dei contenuti in lingua russa, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Per superare questo ostacolo, la Russia sta efficacemente potenziando le sue capacità di azione e penetrazione nel cyberspazio. Considerando le pressioni politiche e l’inefficacia della diplomazia culturale tradizionale russa, è la diplomazia digitale e dei dati che viene utilizzata come strumento per diffondere “notizie alternative” nei paesi di interesse per il Cremlino. In questo contesto, i messaggi politici e le comunicazioni divisive sono mirati a polarizzare le opinioni pubbliche nazionali tramite social network come Facebook, Twitter e YouTube, utilizzati come strumenti di guerra informativa da utenti registrati in Russia.[8] Attraverso questi strumenti, la diplomazia pubblica russa ha intensificato i suoi sforzi durante la pandemia da Covid-19, sfruttando il supporto umanitario russo per presentarsi in modo credibile alle opinioni pubbliche straniere. Paesi come la Serbia nei Balcani, la Siria in Medio Oriente, il Venezuela in America Latina e persino l’Italia nell’Unione Europea hanno ricevuto aiuti russi, la cui portata è stata promossa sui social network attraverso una campagna propagandistica ben organizzata ed efficace.

Information warfare, artificial intelligence e la competizione con la Nato

Come discusso, la Russia percepisce l’Occidente come una minaccia. Questo punto di vista è stato ribadito dal capo di stato maggiore generale delle forze armate russe, Valery Gerasimov, nell’aprile 2019, quando ha sottolineato il pericolo rappresentato dall’espansione della NATO verso i confini russi e dai tentativi occidentali di destabilizzare il governo del presidente Putin attraverso l’uso della “guerra ibrida”.[9]

Questa percezione è ulteriormente rafforzata dalla consapevolezza della debolezza delle forze armate convenzionali russe, ritenute non sufficientemente preparate per affrontare un eventuale conflitto con la NATO. I vertici militari russi credono fermamente che sia essenziale evitare una guerra convenzionale, preferendo spostare il confronto sul piano cibernetico per raggiungere un equilibrio militare asimmetrico. Questa strategia è attivamente perseguita dal Cremlino per garantire alla Russia un vantaggio militare capace di contrastare le ambizioni dell’Alleanza Atlantica, senza dover ricorrere all’uso della forza cinetica convenzionale.

L’approccio russo può essere descritto come una forma di “dissuasione strategica”, o come ha indicato lo stesso Gerasimov, una “strategia di difesa attiva”, nota in Occidente come “guerra ibrida” o “attività sotto soglia”. Questo concetto si basa su operazioni non cinetiche mirate a indebolire, nel lungo termine, i potenziali avversari durante il tempo di pace, creando divisioni politiche e sociali al loro interno per minare la risolutezza e la capacità decisionale strategica dello Stato bersaglio. Gli obiettivi principali sarebbero i paesi fortemente anti-russi, in particolare quelli situati sul fianco orientale della NATO, dove la Russia potrebbe concentrare un’intensa guerra d’informazione per provocare cambiamenti politici significativi. In questo modo, la Russia potrebbe perseguire la sua dottrina di “autoaffermazione sovrana” e ottenere maggiore libertà di azione in regioni critiche come la Siria, il Medio Oriente e l’Africa. Queste misure preventive potrebbero anche servire a ostacolare qualsiasi decisione collettiva della NATO, compresa l’eventualità di un intervento diretto contro Mosca.[10]  In linea con questa lettura, in occasione dell’avvio della guerra russo-ucraina nel febbraio 2022 è stata registrata un’ondata di azioni per penetrare le reti della Nato all’inizio del conflitto, una precauzione ragionevole dal punto di vista russo, dato il timore di un possibile intervento dell’Alleanza a supporto di Kiev.

Information Warfare e Intelligenza Artificiale (AI)

Come già menzionato, Gerasimov ha sottolineato l’importanza crescente dell’informazione per neutralizzare gli oppositori dello Stato, sia interni che esterni. Secondo Gerasimov, «le tecnologie dell’informazione» stanno diventando «uno dei tipi di armi più promettenti» da impiegare contro altri paesi. Per questo motivo, egli afferma che «lo studio dei temi legati alla preparazione e alla conduzione delle azioni di informazione è il compito più importante della scienza militare».

Con questo approccio, la Russia ha dato priorità allo sviluppo di operazioni informative avanzate piuttosto che all’espansione di armi convenzionali, come carri armati o sistemi missilistici, poiché oggi le “tecnologie dell’informazione” possono essere notevolmente potenziate dall’intelligenza artificiale (AI).[11] Il pensiero delle forze armate russe riguardo allo sviluppo e all’impiego dell’intelligenza artificiale in ambito militare si focalizza sui vantaggi che essa può offrire nel supporto alle operazioni militari. Questi vantaggi spaziano dal miglioramento dei sistemi autonomi e di altre tecnologie militari fino alla gestione dell’informazione, in particolare a livello strategico globale. In questo contesto, l’intelligenza artificiale agisce come un amplificatore, potenziando le operazioni di disinformazione attraverso la diffusione intenzionale di notizie false e ingannevoli, con l’obiettivo di influenzare politiche e società e di creare instabilità su larga scala mediante la manipolazione delle informazioni e attività cibernetiche.[12]

Durante la crisi in Ucraina, la Russia avrebbe messo in atto un’ampia campagna di operazioni informative mirate a influenzare l’opinione pubblica e a creare confusione nello spazio dell’informazione, diffondendo una combinazione di informazioni vere, parzialmente vere e false per renderle credibili. Un esempio significativo di questi sforzi è rappresentato dai più di 65.000 tweet diffusi da falsi account russi nelle ventiquattr’ore successive all’abbattimento del volo MH-17 della Malaysia Airlines il 17 luglio 2014, con l’obiettivo di attribuire la colpa dell’incidente al governo ucraino. Inoltre, durante l’annessione della Crimea, le forze russe avrebbero oscurato nove canali televisivi ucraini in Crimea, sostituendoli con emittenti televisive russe per silenziare i media filo-governativi ucraini:[13] un fatto che confermerebbe la condotta di azioni di guerra elettronica (Electronic warfare, EW) come fattore abilitante per le operazioni di informazione.[14]

Le azioni menzionate evidenziano la determinazione della Russia a migliorare e intensificare le proprie capacità nel contesto della guerra informatica, che all’interno della dottrina militare russa è considerata una componente della più ampia guerra dell’informazione. La minaccia strategica posta dalla guerra informatica potenziata dall’intelligenza artificiale sarà particolarmente pericolosa, poiché gli strumenti informatici diventeranno sempre più capaci di generare disinformazione dettagliata e credibile (inclusi i “deep fake[15]) in volumi tali da rendere estremamente difficile distinguere la verità reale da un’enorme quantità di informazioni contrastanti.[16] L’AI consentirà di saturare lo spazio informativo con dati artificiali, creando una “verità virtuale” che potrà confondere e destabilizzare gli avversari, aprendo la strada a una possibile “guerra cognitiva” che la Russia potrebbe dominare.

Un altro aspetto cruciale della guerra informatica riguarda il piano tecnico: lo spionaggio, l’installazione di malware, la distruzione selettiva e, in particolare, la ricerca di vulnerabilità nei sistemi informatici degli avversari. Con l’avvento dell’AI, queste tecniche cibernetiche diventeranno sempre più efficaci, permettendo di individuare le debolezze dei sistemi IT avversari con maggiore rapidità.[17]

Figura 2. Evoluzione dell’importanza della sicurezza informatica nella strategia russa.

Il grafico rappresenta l’evoluzione dell’importanza attribuita alla sicurezza informatica e alle operazioni cibernetiche nella strategia russa nel corso degli anni. Il grafico mostra un aumento significativo dell’enfasi sulla sicurezza informatica dal 2010 al 2020, indicando la sua crescente priorità nella pianificazione strategica della Russia.


[1] J. Fieke, Digital Activism in the Middle East: Mapping Issue Networks in Egypt, “Knowledge Management for Development Journal” 6 (1), 2010, pp. 37–52.

[2] N. Tsvetkova, D. Rushchin, (2021), Russia’s Public Diplomacy: From Soft Power to Strategic Communication, Journal of Political Marketing. 20. 1-12. 10.1080/15377857.2020.1869845.

[3] R. Thornton & M. Miron, Towards the ‘Third Revolution in Military Affairs’, The RUSI Journal, 165:3, 2020, pp. 12-21, DOI: 10.1080/03071847.2020.1765514: https://doi.org/10.1080/03071847.2020.1765514.

[4] V. Putin (2012), Russia and the Changing World, “Rossiyskaya Gaseta”. Accessed October 20, 2020.

[5] A. Sergunin, L. Karabeshkin, Understanding Russia’s Soft Power Strategy, “Politics” 35

(3–4):347–63, 2015.

[6] U.S. Congress. 2015. “U.S. Senate Committee on the Judiciary. Extremist Content and Russian Disinformation

Online: Working with Tech to Find Solutions.”. In: https://www.judiciary.senate.gov/meetings/extremist-content-and-russian-disinformation-online-working-with-tech-to-find-solutions (ultimo accesso 21 luglio 2021).

[7] N. Tsvetkova & D. Rushchin, Russia’s Public Diplomacy…, cit.

[8] J. Bērziņš (2014), Russia’s New Generation Warfare in Ukraine: Implications for Latvian Defense Policy, Policy Paper No 02, (Riga: National Defence Academy of Latvian Center for Security and Strategic Research, April 2014), 5.

[9] V. Gerasimov, Vektory Razvitiya Voyennoy Strategii [“The Vectors of Military Strategic Development”], “Krasnaya Zvezda” [Red Star], 3 aprile 2019, in http://redstar.ru/vektory-razvitiya-voennoj-strategii/.

[10] R. Thornton & M. Miron, Towards the ‘Third Revolution…, cit.

[11] Ivi.

[12] Ivi.

[13] Office of the UN High Commissioner for Human Rights, ‘Report on the Human Rights Situation in Ukraine’, 15 July 2014, p. 31. In: https://www.ohchr.org/Documents/Countries/UA/Ukraine_Report_15July2014.pdf (ultimo accesso 21 luglio 2021).

[14] D. McCrory (2021), Russian Electronic Warfare, Cyber and Information Operations in Ukraine, “The RUSI Journal”, 2021, pp –.

[15] Deepfake: tecnica per la rielaborazione dell’immagine umana basata sull’intelligenza artificiale, usata per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con altri video, o immagini originali, tramite una tecnica di apprendimento automatico, nota come rete antagonista generativa.

[16] R. Thornton & M. Miron, Towards the ‘Third Revolution…, cit.

[17] Ivi.


Elezioni USA: la vittoria (di Trump) e le sconfitte (di democratici e stampa)

di Melissa de Teffè.

Ieri sera, durante una lunga maratona di interviste al quartier generale di Trump a Mar-a-Lago, il celebre giornalista conservatore Tucker Carlson ha posto a Elon Musk una domanda diretta: “perché ha deciso di sostenere Trump?” – La risposta di Musk non ha lasciato spazio a dubbi: “Quando vedi una persona sotto tiro e osservi la sua reazione, capisci subito se ha coraggio o è una codarda. La pallottola lo aveva colpito, c’era sangue che gli colava sul viso, e avrebbe potuto esserci un secondo tiratore. Invece ha gridato: ‘Combattiamo, combattiamo, combattiamo’. Quello è vero coraggio. L’America (come dice l’inno, ndt) è la terra degli uomini liberi e la casa dei valorosi, e noi vogliamo come Presidente un uomo coraggioso”. 

Ma cosa ha portato Trump alla vittoria? 

Diversi elementi e strategie vincenti si sono sommati, rendendo questa campagna elettorale efficace. Innanzitutto, i lunghi podcast sia di Trump sia del suo vicepresidente J.D. Vance, uomo brillante e preparato, che insieme ai membri del loro team, hanno consentito al pubblico di conoscere soluzioni chiare e concrete, sui temi che più hanno interessato gli elettori: inflazione, economia, guerra.  Questo approccio , nonostante le frasi a volte “pazze” di Trump, ha avvicinato candidato ed elettori. Vivek, Bob Kennedy, Gabbard, Musk, non si sono risparmiati presentandosi ovunque, come ad esempio presso le università, rispondendo liberamente e senza filtri alle domande dei ragazzi, illustrando apertamente il programma politico e le soluzioni offerte ai vari problemi del paese.

In contrasto, la vicepresidente Kamala Harris non è riuscita a connettersi empaticamente con l’elettorato, concentrandosi troppo su temi come l’aborto, che ovviamente prevedeva un focalizzarsi su un solo segmento della popolazione e senza mai riuscire a spiegare cos’altro proponesse.

Un altro punto di forza è stato presentare un team di governo già delineato: Bob Kennedy Jr. come ministro della Salute, Elon Musk come responsabile per semplificare la burocrazia governativa, Vivek Ramaswamy, imprenditore brillante e figlio di immigrati indiani, e Tulsi Gabbard, deputata delle Hawaii e riservista delle Forze Armate. Volti, nomi e competenze specifiche che hanno dato al pubblico sicurezza e fiducia, nomi, volti, certezze.

Infine, Trump ha rassicurato la popolazione sul fatto che farà il possibile per risolvere i due conflitti internazionali in corso, un’idea in netta contrapposizione con le posizioni espresse da Harris e Biden, che non sono riusciti a dissipare il timore di una possibile escalation verso una terza guerra mondiale.

Le grandi sconfitte: Harris e la stampa

Il primo grande perdente è stata ovviamente la vicepresidente Kamala Harris, il cui team non ha saputo creare e farle dire quali fossero le sue scelte politiche in primis e quali, essendo lei vicepresidente, le differenze con Biden. 

Sono stai due i momenti significativi che hanno indebolito il consenso intorno a lei. Il primo, a settembre durante un’intervista con Oprah Winfrey, peraltro in un contesto assai amichevole, la Harris ha dichiarato di essere favorevole alla costruzione del muro di Trump, un dietrofront netto e sorprendente. La sua risposta, lunga e articolata, non è riuscita ad offrire nuove politiche per la gestione della crisi alla frontiera. 

L’altro colpo di scena è stato quando ha dichiarato di essere pro il secondo emendamento della costituzione che recita il diritto al porto d’armi, d’averlo e che se un estraneo fosse apparso nella sua residenza gli avrebbe sparato senza esitazione. Anche questo un punto cruciale da sempre una delle roccaforti repubblicane.  Un altro passo falso è stato durante la sua apparizione a The View, dove, in un contesto amichevole, ha faticato a rispondere su cosa farebbe di diverso da Biden. “Non mi viene in mente nulla,” ha dichiarato Harris, lasciando perplessi gli spettatori.

Anche la stampa ha subito una grande sconfitta. I reportage di parte, la mancanza di giornalismo investigativo e le critiche incessanti su Trump e il suo team, hanno fatto emergere un giornalismo meno oggettivo e più editoriale. Pochi media si sono limitati a riportare i fatti senza aggiungere commenti, e solo raramente si è visto un approfondimento su dettagli rilevanti, come i cambiamenti di opinione di personaggi influenti e gli interessi economici che li sostengono, senza indulgere in dietrologie esasperanti e spesso superflue. Mentre siamo stati ampiamente informati sui processi di Trump, nessuno ha indagato a fondo sulla biografia di Harris, arrivata al ruolo di Procuratore Generale della California anche grazie alla sua lunga relazione con il sindaco “sposato” di San Francisco, oppure che la foto della nonna insieme a lei nella sua autobiografia non sarebbe autentica, come riportato dalla giornalista Candance Owens in una conversazione con alcuni parenti della stessa Harris. 

Secondo un sondaggio Gallup, la fiducia nei media è crollata drasticamente al 32%, con un pubblico sempre più scettico sulla capacità dei giornali di riportare le notizie in modo completo, equo e accurato.  Cambierà quindi l’atteggiamento dei media? Secondo la Fondazione Pew, “giornali e televisione hanno registrato perdite nelle entrate pubblicitarie” proprio per aver registrato un audience sempre più piccola.

Altri vincitori: il Congresso e i governatori 

Insieme alle presidenziali, le elezioni includevano seggi per il Senato, la Camera dei deputati e undici governatori. Il Senato ha già acquisito una maggioranza repubblicana, mentre per la Camera è ancora in bilico. Dei governatori in corsa, sappiamo già che sette sono repubblicani e quattro democratici. Gli stati interessati sono: Delaware, Indiana, Missouri, Montana, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Utah, Vermont, Washington e West Virginia.

In conclusione, la vittoria di Trump appare come il frutto di strategie ben mirate e di un messaggio chiaro, mentre la sconfitta di Harris e il calo di fiducia nei media riflettono le difficoltà di una campagna che non ha saputo conquistare né chiarire agli elettori un’alternativa solida.