Bakhmut: perché i russi la vogliono a tutti i costi?
di Claudio Bertolotti
Dalle interviste a Radio Capital del 28 febbraio – 1 marzo 2023
La conquista di Bakhmut ha due obiettivi: uno primario, sul piano strategico e comunicativo, l’altro secondario, sul piano operativo e logistico.
Bakhmut ha un valore militarmente limitato ma strategicamente, è importante sia tenerla sia occuparla. Rientra tra gli obiettivi simbolici di Mosca, perché una vittoria darebbe un’ulteriore spinta alla sua narrazione, più degli effetti sul piano militare. I russi otterrebbero poi un vantaggio operativo in termini di capacità di manovra e la conquista consentirebbe loro di consolidare la linea del fronte. Se la conquista di Soledar, piccola cittadina del Donetsk, è stata presentata da Mosca come conferma di importanti progressi militari (pur a fronte di perdite elevatissime), la cattura di Bakhmut segnerebbe una vittoria che la propaganda amplificherebbe in maniera strumentale.
Una vittoria che garantirebbe un sostegno popolare maggiore di quanto non lo sia ora, che già non è basso poichè la propaganda sta lavorando molto bene. Ma una conquista della città rappresenterebbe un caposaldo forte a cui aggrapparsi. Da lì, potrebbe essere presentato uno scenario di uscita dignitosa, quasi gloriosa, in virtù di una vittoria.
Dal punto di vista operativo e logistico l’obiettivo militare della Russia è quello di creare le condizioni per ulteriori progressi, almeno fino ai confini della regione di Donetsk. Bakhmut si trova su un’autostrada strategicamente importante ed è vicina ad alcuni importanti collegamenti ferroviari, e prenderla potrebbe garantire alle forze russe importanti basi di partenza per la conquista delle più grandi città vicine a Donetsk come Slovyansk e Kramatorsk.
Per l’Ucraina, la battaglia è diventata una lotta simbolica e politicamente significativa, prova della volontà del paese di fare enormi sacrifici per difendere il suo territorio e rappresenta, inoltre, un’opportunità di consumare le truppe russe, mandate al massacro contro le posizioni ucraine, e per concentrare il massimo sforzo alleggerendo gli altri settori del fronte. Nonché è una conferma dell’incapacità di Putin di raggiungere i suoi obiettivi di vittoria. Un vantaggio rilevante è dato dalla concentrazione dei rifornimenti e del fuoco di artiglieria che, rivolto principalmente all’obiettivo Bakhmut, ha imposto una riduzione del 75% dei bombardamenti di artiglieria nei restanti settori del fronte. Ma in questo gioco di logoramento va ricordato che la Russia parte sempre avvantaggiata, potendo disporre di numeri ben più rilevanti in termini di uomini e materiali.
Guardando in prospettiva, e in particolare dal punto di vista russo, l’incapacità delle forze armate ucraine di tenere Bakhmut di fatto sancisce l’impossibilità per Kiev di condurre operazioni contro-offensive nel breve-medio periodo. E questo per la limitata capacità militare dovuta a numeri di uomini ed armi decisamente inferiori a quelli messi in campo dalla Russia.
Va infine rilevato che Bakhmut, da un punto di vista dottrinale, entrerà nei manuali di storia militare come esempio di sovrapposizione tra applicazione delle tecnologie avanzate della guerra moderna nei centri urbani, associata alla guerra comunicativa, con le brutalità delle guerre di logoramento novecentesche. Un aspetto che sarà uno stimolo nella revisione delle dottrine militari che per forza di cose la guerra russo-ucraina è riuscita a imporre.