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L’attacco di Israele a Hezbollah: tra politica e strategia militare

di Claudio Bertolotti.

Sul piano politico-strategico Israele persegue l’obiettivo di distruggere l’asse della resistenza, che è la prima minaccia che incombe su Israele (forse non più). Una scelta che determinerà, in primis, una ridefinizione degli equilibri in Medioriente, con una progressiva erosione della minaccia attraverso l’indebolimento o la disarticolazione irreversibile dei suoi attori di prossimità (Hamas, Hezbollah, Ansar-Allah yemeniti, milizie sciite irachene, Siria). Aspetto prioritario rimane il proseguimento del processo di normalizzazione dei rapporti con i paesi arabi avviato con gli “Accordi di Abramo”, sponsorizzato dagli Stati Uniti che, sebbene rallentato dal conflitto in atto, rimane la priorità condivisa da Washington, Gerusalemme e Riad.

Sul piano strategico-militare l’azione contro Hezbollah ha un intento preventivo a un’eventuale minaccia simultanea da parte del cd. “Asse della Resistenza” guidato da Teheran che metterebbe in crisi il sistema contraereo Iron Dome israeliano in conseguenza della saturazione della capacità di risposta (più attacchi rispetto alla capacità di reazione israeliana). Questo coerentemente con la visione israeliana che percepisce la minaccia iraniana come esistenziale e adotta un approccio preventivo.

Scelte, quella politica e quella militare, che concretizzano l’approccio teorico e di prontezza operativa definito nei documenti di “Strategia per la sicurezza nazionale” e la “Dottrina strategica militare”.

Con la serie di azioni a danno di Hezbollah, Israele è riuscito a scardinare non tanto la sostanza di un’alleanza, ma la sua illusione di potenza e deterrenza. L’Iran ormai è nudo, è debole, e i suoi alleati pregiati, da Hamas e Hezbollah sono stati drasticamente ridimensionati sia sul piano politico (uccisioni targeting) sia militare. Hamas è ormai ridotto ai minimi termini militarmente parlando, Hezbollah è privo di capacita di comando, controllo e comunicazione, e questo dimostra come la retorica iraniana sia ormai stata smentita dai fatti.

E la preoccupazione di Teheran aumenta con l’avvicinarsi delle elezioni statunitensi. Oggi gli Stati Uniti sostengono senza sé e senza ma Gerusalemme. E se è comprensibile una certa ritrosia dell’amministrazione democratica a un’intensificazione dello scontro regionale (a cui Washington non farebbe comunque mancare il proprio appoggio), un’eventuale vittoria repubblicana di fatto rafforzerebbe la linea politica israeliana già consolidata.