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Eliminato Yahya Sinwar: chi era il capo di Hamas e cosa accadrà?

di Claudio Bertolotti.

Tratto dal libro Gaza Underground. La guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas

Yahya Sinwar è stato il terzo leader palestinese maggiormente influente, e anche il più pericoloso in termini di minaccia per Israele, dopo Ismail Haniyeh, il più importante e influente sino alla sua morte avvenuta il 30 luglio 2024, e Khaled Meshaal, già capo dell’ufficio politico di Hamas dal 1996 al 2017. Conosciuto anche come Yahya Ibrahim Hasan al-Sinwar, dal 2017 è stato capo di Hamas nella Striscia di Gaza e uno dei primi architetti del braccio armato di Hamas, poi assurto a ruolo di leader del movimento dopo la scomparsa di Haniyeh: è sospettato di essere una delle menti dietro gli attacchi del 7 ottobre 2023.

Si legge che la sua morte sarebbe stata “casuale”. Che sia stato eliminato è indubbiamente frutto di un’operazione pianificata che aveva identificato un obiettivo mirato da colpire; può essere un caso che fosse lui? Di certo non è stata casuale l’operazione contro un obiettivo di elevato livello. Da qui i dubbi sulla casualità dell’evento.

La morte di Sinwar ci conferma però due aspetti chiave. Il primo è che con la decapitazione dei suoi vertici politici e militari, Hamas ha perso la capacità di condurre una guerra strutturata contro Israele (avrebbe perso 80% della propria forza), sebbene il reclutamento di giovani reclute radicalizzate confermi ancora una certa presa ideologica in una fascia definita di popolazione. Dall’altro lato, questo è il secondo aspetto – molto più importante e determinante delle dinamiche della guerra – è la conferma di una capacità di intelligence israeliana che, al di là della disponibilità tecnologica d’avanguardia (pensiamo all’intensivo utilizzo dell’AI nell’attività di targeting – eliminazione obiettivi di alto valore), ha dimostrato di essere in grado di penetrare la difesa sociale creata attorno ai leader di Hamas. Questo perché per penetrare il cerchio a protezione di Sinwar (fatto di un ristretto numero di collaboratori di fiducia) Israele avrebbe colto una perdita di fiducia palestinese. La morte di Sinwar, con questa lettura, sarebbe così il risultato della combinazione tra la capacità intelligence e le crescenti crepe nella fiducia e nel sostegno da parte della popolazione di Gaza verso Hamas.

Questo può essere un risultato concreto nello sforzo bellico israeliano. Sul piano politico e comunicativo, Netanyahu potrà invece rivendicare l’eliminazione del responsabile primo (dopo L’Iran) dei tragici eventi del 7/10.

Ora la questione è chi lo sostituirà? Se il sostituto apparterrà alla frangia ultra-radicale di Hamas, quella coerente con la visione di Sinwar, sarebbe difficile pensare a un’opzione negoziale. Al contrario, potrebbe essere più probabile una spinta esterna di Hamas, da parte degli altri gruppi islamisti e terroristi palestinesi, stanchi di una guerra le cui responsabilità potrebbero essere attribuite unicamente a Hamas, in cambio di un trattamento di favore in caso di accordo con Israele.

Chi era Yahya Sinwar?

Nato nel 1962 nel campo profughi di Khan Younis, Striscia di Gaza, da genitori sfollati da Ashkelon durante la guerra arabo-israeliana del 1948, dopo aver frequentato le scuole primarie grazie al sostegno dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa), all’inizio degli anni Ottanta si iscrisse all’Università islamica di Gaza, dove lo studio della lingua araba contribuì a plasmare la sua carismatica autopresentazione. Entrò all’università in un momento in cui molti giovani palestinesi della Striscia di Gaza guardavano all’islamismo come strumento di soluzione al conflitto israelo-palestinese, dopo decenni di panarabismo rivelatosi fallimentare. Nel 1982 fu arrestato per la sua partecipazione alle prime organizzazioni islamiste anti-israeliane.

Nel 1985, ancor prima della formazione di Hamas, Sinwar contribuì all’organizzazione di “al-Majd” (in arabo “gloria”, ma anche acronimo di Munazzamat al-Jihad wa al-Da’wah, “Organizzazione per il jihad e da’wah”). Al-Majd era una rete di giovani islamisti con il compito di smascherare il crescente numero di informatori palestinesi reclutati da Israele. Quando Hamas venne fondata nel 1987, al-Majd fu inglobata nei suoi quadri di sicurezza. Nel 1988 si scoprì che la rete era in possesso di armi e Sinwar fu detenuto da Israele per diverse settimane. L’anno successivo venne condannato a quattro ergastoli per l’omicidio di palestinesi accusati di collaborazionismo con Israele.

Durante la sua lunga incarcerazione, Sinwar mantenne una forte influenza sui suoi compagni di prigionia, usando tattiche di abuso e manipolazione e godendo del supporto dei suoi contatti al di fuori del carcere. Si impegnò a punire i compagni di prigionia che sospettava di essere informatori e una volta costrinse circa 1.600 prigionieri a intraprendere uno sciopero della fame. Trascorse anche gran parte del suo tempo libero studiando ciò che poteva sui suoi nemici israeliani, leggendo giornali israeliani e imparando l’ebraico.

Il rilascio di Sinwar avvenne nell’ambito dello scambio di prigionieri di alto profilo con Gilad Shalit, il soldato israeliano che era stato rapito da Hamas nel 2006 mentre era di stanza a un valico di frontiera. Dopo diversi tentativi falliti di mediare la libertà di Shalit, l’Egitto e la Germania si prodigarono per il suo rilascio nell’ottobre 2011. Il fratello di Sinwar, Mohammed, che era stato assegnato a sorvegliare Shalit, insistette affinché Sinwar fosse incluso nello scambio. Lo stesso giorno in cui Shalit venne rilasciato in Israele, Sinwar fu tra i primi prigionieri palestinesi a essere rimpatriati nella Striscia di Gaza.

Nell’aprile 2012, pochi mesi dopo il suo rilascio, Sinwar fu eletto membro dell’ufficio politico di Hamas nella Striscia di Gaza. Mise a frutto la sua esperienza come leader carcerario e si guadagnò velocemente un’ottima reputazione all’interno di Hamas per aver riunito le sue fazioni attraverso un compromesso. La retorica infuocata di Sinwar conquistò da subito gli elementi più oltranzisti del movimento; in tale cornice dinamica, pur prospettando l’avvio di un’era guidata dall’ala militante, nei suoi primi anni da leader Sinwar tenne un basso profilo e mostrò un lato pragmatico che gli consentì di alleggerire lo stato di isolamento di Hamas. Mesi dopo la sua ascesa come leader del movimento, Hamas strinse un accordo di riconciliazione con l’Anp e, per la prima volta dal 2007, cedette il controllo di gran parte della Striscia di Gaza all’Autorità Palestinese, seppur per un breve periodo. Anche le relazioni con l’Egitto tesero a migliorare, tanto da portare Il Cairo ad allentare le restrizioni al valico di frontiera.

Al contempo, a conferma di una visione estremamente razionale e pragmatica, il gruppo avviò una politica di dialogo e avvicinamento all’Iran che portò in breve al reinserimento di Hamas nella rete di alleati di Teheran e al conseguente sostegno militare e finanziario.

Sebbene alla fine del 2018, con l’avvio degli “Accordi di Abramo” sostenuti dagli Stati Uniti e volti alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Stati arabi, si prospettasse un periodo di calma frutto del possibile processo di reciproco riconoscimento tra Israele e uno stato palestinese, nel maggio 2021 ci fu un ritorno all’ostilità aperta di Hamas nei confronti di Gerusalemme. La popolarità di Sinwar aumentò con il conflitto, e la sua autorevolezza si rafforzò in maniera significativa.

L’operazione battezzata “alluvione Al-Aqsa” del 7 ottobre 2023, mostra i segni distintivi delle tattiche di Sinwar, e la presa di ostaggi rimanda all’importanza da lui data agli scambi di prigionieri. Sinwar, le cui immagini diffuse dalle Idf a febbraio 2024 confermano che si sia nascosto nella rete dei tunnel sotterranei di Gaza utilizzando la propria famiglia come “scudo umano”, è stato classificato come obiettivo primario di Israele e definito, secondo un portavoce militare israeliano, come “un morto che cammina”. È morto, a seguito di un’operazione israeliana a Rafah, il 17 ottobre 2024.

Mentre la morsa israeliana si sta stringendo attorno ai leader superstiti di Hamas, gli sopravvive, alla guida dell’ala militare le brigate Izz ad-Din al-Qassam, Marwan Issa.

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