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Il gabinetto esecutivo di Trump (seconda parte)

di Melissa de Teffè.

Procuratore generale: Pam Bondi (dopo il ritiro di Matt Gaetz)
Segretario della difesa: Pete Hegseth
Consigliere per la sicurezza nazionale: Michael Waltz
Segretario dell’energia: Chris Wright
Segretario per il commercio: Howard Lutnick
Segretario della sicurezza interna: Kristi Noem
Direttore della CIA: John Ratcliffe
Direttore dell’intelligence nazionale: Tulsi Gabbard
Dipartimento per l’efficienza governativa: Elon Musk e Vivek Ramaswamy
Portavoce della Casa Bianca: Karoline Leavitt

Prima di passare alla seconda parte della lista, parliamo prima dei due grandi esclusi. Mike Pompeo ex direttore CIA e Niky Haley ex ambasciatore presso le Nazioni Unite. Per ambedue non sono ci sono dichiarazioni né ufficiali né ufficiose. Possiamo però mettere insieme qualche indizio interessante che spieghi, il “No voi no”.

Per Pompeo si pensa che le dichiarazioni di Julian Assange, il fondatore di WikyLeaks, durante la sua prima apparizione pubblica, dopo essere stato rilasciato da un carcere inglese di massima sicurezza, siano sufficenti per aver leso la sua reputazione e quindi escluderlo dalla lista. Assange, davanti al comitato per gli affari legali e i diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo, ha dichiarato: “il direttore della CIA, Pompeo, ha lanciato una campagna di ritorsione; ora è un fatto di dominio pubblico. Sotto la direzione esplicita di Pompeo, la CIA elaborò piani per rapirmi e assassinarmi all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e organizzò operazioni contro i miei colleghi europei, sottoponendoci a furti, attacchi hacker e alla diffusione di informazioni false. Anche mia moglie e mio figlio neonato furono presi di mira, un agente della CIA fu assegnato per seguire mia moglie e furono impartite istruzioni per prelevare un campione di DNA dal mio bambino di sei mesi…..”.

Nikki Haley, invece, è coinvolta in un altro tipo di controversia, che riguarda la sua vita privata. La sua lunga relazione extraconiugale, emersa durante la sua corsa presidenziale, ha alimentato speculazioni e discussioni che potrebbero aver influito sulla possibile candidatura. Le dinamiche di questa vicenda personale hanno avuto un impatto sulla sua immagine, e sebbene nessuno sia perfetto, l’ha resa meno appetibile in questo contesto politico in cui l’integrità morale è vista come un aspetto cruciale.

Ma tornando alla nostra lista emergono nomi e dettagli che offrono spunti per comprendere meglio il panorama polico ed economico che si sta delineando. Un esempio significativo per importanza è la nomina di Chris Wright al ministero dell’energia. Lasciando a lato gli allarmisti sul Cambio Climatico, Wright si è laureato in ingegneria meccanica e specializzato in ingegneria elettrica al MIT, ma non ha mai ricoperto incarichi governativi prima di questa nomina. È il  CEO di Liberty Energy, una società fondata nel 2010 e quotata in borsa, che gestisce il 20% dei pozzi terrestri negli Stati Uniti, utilizzando il controverso sistema fratturazione idraulica, (fraking). Secondo Wright, l’azienda, con un valore di 3 miliardi di dollari, contribuisce a quasi il 10% della produzione totale di energia negli Stati Uniti.

Nonostante le critiche ricevute da alcuni organi di stampa, come il Washington Post, Wright è  pragmatico. Noto per il suo approccio diretto, non nega l’esistenza di un problema climatico mondiale, ma afferma con onestà: “non esiste energia pulita”, e ha criticato aspramente le politiche ambientali che promuovono l’uso esclusivo di fonti rinnovabili come il solare e l’eolico, argomentando che queste tecnologie non sono in grado di soddisfare la domanda globale di energia . Nel suo profilo LinkedIn, afferma di essere “completamente dedicato all’energia” – inclusi petrolio, gas naturale, nucleare, solare e fonti geotermiche. Infatti secondo la NREL (National Renewable Energy Laboratory) generare il 35% dell’elettricità utilizzando energia eolica e solare negli Stati Uniti occidentali ridurrebbe le emissioni di CO2 del 25-45%, ma non sarebbe sufficiente. Negli ultimi anni, le centrali solari ed eoliche hanno dominato la costruzione di nuovi impianti energetici negli Stati Uniti, mentre le centrali a combustibili fossili – in particolare quelle a carbone – continuano a essere dismesse a ritmi record. In un’intervista a Bloomberg TV lo scorso luglio, Wright ha ipotizzato che l’amministrazione Trump avrebbe ampliato le trivellazioni su terreni federali e semplificato il procedimento per l’approvazione di infrastrutture come gli oleodotti. Commentando la gestione dell’amministrazione Biden, che ha raggiunto livelli record di produzione petrolifera, Wright ha ribadito la necessità di fare di più per sostenere la produzione di petrolio e gas. Nel 2023, gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Biden, hanno segnato un record storico, producendo una media di 12,9 milioni di barili di petrolio al giorno, il livello più alto mai raggiunto da un singolo Paese, secondo i dati dell’Agenzia per l’Energia statunitense. Wright si è impegnato a ridurre i costi energetici per gli americani, mettendosi così in linea con una promessa spesso rilanciata da Trump durante la campagna elettorale.

Un altro personaggio chiave nelle nomine è Howard Lutnick, il multimilionario CEO di Cantor Fitzgerald, una delle principali società di servizi finanziari a livello internazionale, sin dagli anni ’80.  Lutnick, 63 anni, sostiene l’aumento dei dazi doganali. Come candidato, Trump ha promesso di imporre tariffe del 60% sui beni provenienti dalla Cina e del 10% su quelli di altri Paesi. Durante la campagna elettorale ha dichiarato che gli Stati Uniti erano al massimo della prosperità nei primi anni del ‘900, quando “non c’erano imposte sul reddito e tutto ciò che avevamo erano dazi doganali.”-“Eravamo così ricchi che i più grandi imprenditori americani si riunivano per cercare di capire come spendere quel denaro,”. Durante la campagna presidenziale, Trump aveva promesso di aumentare i dazi doganali per proteggere i lavoratori e le industrie americane dalla concorrenza straniera, in particolare da quella cinese. La nomina di Lutnick a un ruolo così rilevante potrebbe essere vista come una continuazione di questa politica protezionista. Lutnick ha anche mostrato interesse per le problematiche interne agli Stati Uniti, come la disuguaglianza sociale ed economica, sottolineando la necessità di proporre politiche che rispondano alle esigenze della classe media e dei lavoratori americani.

Seppur con compiti diversi ma sotto lo stesso ombrello, segue la squadra che si occupa della difesa nazionale:

A capo del Ministero della Difesa, è stato scelto Pete Hegseth, seguito dal consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Waltz, dal direttore della CIA John Ratcliffe, dal Direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, dal Segretario della sicurezza interna, Kristi Noem e infine per l’FBI Kash Patel.

Hegseth, a pochi giorni dalla nomina, è già una figura scomoda. Veterano della Guardia Nazionale dell’Esercito, ha prestato servizio in Iraq, Afghanistan e a Guantanamo Bay come ufficiale di fanteria. Con due onorificenze: la Bronze Star e il Combat Infantryman Badge è diventato famoso anche per il suo tatuaggio “crociato” “Deus Vult” (per noi di lunga data e conoscenza torniamo indietro a Papa UrbanoII) e ha già sollevato polemiche sia per le sue opinioni sull’Islam, che ritiene essere il nemico storico dell’Occidente e per essere stato coinvolto in una causa per assalto sessuale risoltasi nel 2017 con un accordo extra giudiziale. Sebbene sia un eccellente commentatore televisivo per Fox news, la sua visione del Medio Oriente viene definita bigotta e antimusulmana. Finirà anche lui come Gaetz (Ex Procuratore di Stato, anche lui con uno scandalo sessuale alle spalle)? Tuttavia, se la sua nomina dovesse essere confermata, Hegseth sarà a capo della più grande forza militare del mondo in un periodo di conflitto e instabilità in Medio Oriente assai critico. Sul piano della politica interna al ministero, Hegseth ha espresso il desiderio di limitare la presenza di persone transessuali e, possibilmente, anche di donne in zone di guerra, dove la loro fisicità potrebbe non risultare utile.

Tulsi Gabbard, ex membro del partito democratico e deputato alla Camera, ha servito nella Guardia Nazionale dell’Esercito delle Hawaii ed è stata dispiegata in Iraq con un’unità medica. All’epoca critica della politica estera statunitense, descrivendola come imperialista e autoritaria ha spesso dichiarato la sua avversione alle idee di Trump per il suo approccio al Medio Oriente, considerandolo pericoloso. Se confermata dal Senato, Gabbard sarebbe a capo della Sicurezza Interna. Tuttavia, alcuni ex funzionari della sicurezza nazionale e parlamentari esprimono dubbi sulle sue capacità, accusandola di riprendere narrazioni tipiche del Cremlino, con il timore che ciò possa influire negativamente sulla cooperazione nell’ambito dell’intelligence. Se confermata come Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI), Gabbard sarebbe responsabile della gestione dei segreti più sensibili della nazione, sovrintendendo le 18 agenzie di spionaggio degli Stati Uniti e servendo come stretta consigliera del presidente.

Come Consigliere alla Sicurezza Nazionale, Trump ha voluto Michael Waltz, ex colonnello della Guardia Nazionale, e membro del Congresso per la Florida. La sua posizione su Ukraina e Gaza non lasciano dubbi. Ha così commentato su Fox News in modo critico esprimendo preoccupazioni sulla recente escalation, paragonando la decisione dell’amministrazione Biden di consentire l’uso di mine antiuomo da parte dell’Ucraina alla “guerra di trincea della Prima Guerra Mondiale.” Ha sottolineato il timore che si inneschi una spirale nel conflitto, citando il coinvolgimento di Russia, Iran, Corea del Nord e il potenziale ingresso della Corea del Sud.

Waltz ha ribadito la necessità di “riportare deterrenza e pace” e prevenire un ulteriore escalation. Riguardo al conflitto di Gaza, ha lodato le operazioni israeliane contro Hamas e Hezbollah, descrivendo l’indebolimento di Hamas e l’esposizione dell’Iran come risultati cruciali.

Chiudiamo l’ombrello difesa con la nomina del direttore all’ FBI di Kash Patel. Tenendo presente che tutti i direttori dell’FBI servono su mandato presidenziale, e Christopher Wray, l’attuale direttore, nominato da Trump dopo il licenziamento di James Comey, (ricordiamo il caso Hilary Clinton, Ministro Affari Esteri e il suo portatile in mano al marito della segretaria oltre alle email cancellate) potrebbe presto lasciare il ruolo, con l’annuncio di Trump. Wray potrebbe decidere di dimettersi spontaneamente o aspettare di essere rimosso a gennaio, quando Trump entrerà in carica. Tuttavia, la nomina di Kash Patel solleva critiche per aver promesso una “pulizia” dei presunti cospiratori contro Trump e ventilato l’idea di chiudere il quartier generale dell’FBI a Washington, decentralizzando le operazioni su tutto il territorio nazionale. Un altra proposta di Patel è di inasprire le misure contro la fuga di informazioni da parte di funzionari governativi ai media. Questo implicherebbe che il Dipartimento di Giustizia annulli l’attuale politica che vieta la confisca segreta dei registri telefonici dei giornalisti durante le indagini sulle fughe di notizie. Questa politica fu attuata dal Procuratore Generale Garland a seguito dell’indignazione suscitata dalla rivelazione che i procuratori federali avevano ottenuto mandati di comparizione per i registri telefonici dei giornalisti.

Infine vorrebbe separare le attività di intelligence (quindi il cuore dell’agenzia) dell’FBI dal resto delle operazioni, un’opzione delicata in un contesto di crescente minaccia terroristica.

Un’altra novità interessante è la nomina dell’addetto stampa Karoline Leavitt. Giovanissima, appena 27 anni, Leavitt è stata la numero due dietro la leggendaria Kayleigh McEnany (soprannominata allora la donna dei faldoni, non avendo mai sbagliato una citazione nè una risposta)durante la precedente amministrazione. Leavitt si è già distinta come portavoce durante la campagna elettorale, dimostrando abilità comunicative eccezionali. Un aspetto interessante della nuova amministrazione è la scelta di invitare per la prima volta nella storia i podcaster alle conferenze stampa della Casa Bianca. È probabile che figure come Megan Kelly, Tucker Carlson e Ben Shapiro vengano invitati, dando così un messaggio forte e di rottura con i grandi quotidiani e i network tradizionali, CBS, NBC e ABC, accusati di parzialità.

Concludiamo con la novità che più di qualsiasi altra, definisce l’originalità a sorpresa di Trum: Elon Musk e Vivek Ramaswamy a capo di un nuovo ministero senza portafoglio, il “Department of Government Efficiency” (DOGE), acronimo che richiama la criptovaluta Dogecoin, promossa da Musk. La missione di questo dipartimento sarebbe quella di eliminare 2,5 milioni di impiegati federali. Il governo federale degli Stati Uniti è 5 volte quello cinese, e la burocrazia è estremamente rigida. Musk e Ramaswamy si propongono di razionalizzare questa macchina, affrontando la difficoltà di licenziare dipendenti in posizioni protette.

Il nuovo dipartimento è già in fase di reclutamento, con un annuncio pubblicato sull’account X di DOGE, che conta 1,2 milioni di follower, e il processo di assunzione è in corso.

In un editoriale del Wall Street Journal, Musk e Vivek hanno spiegato la loro visione sulle spese federali: “La maggior parte delle decisioni attuative di leggi e spese a discrezione del governo non viene presa dal presidente, democraticamente eletto, né dai suoi delegati, o funzionari scelti, ma da milioni di funzionari pubblici non eletti e non nominati, che lavorano all’interno di agenzie governative, che si considerano immuni al licenziamento grazie alle tutele del servizio civile. Questo è antidemocratico e contrario alla visione dei Padri Fondatori. Comporta costi enormi, sia diretti che indiretti, per i contribuenti”. La nomina scade il 4 luglio 2026.




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