Gaza: attacco all’ospedale Kamal Adwan. Israele e il precedente di al-Shifa: nuovo standard umanitario.
di Claudio Bertolotti.
Articolo tratto dal libro di C. Bertolotti, Gaza underground. La guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. ed. START InSight (2024).
Le Forze di difesa israeliane (IDF) nel raid all’ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, utilizzato da Hamas come posto di Comando per l’organizzazione terrorista, ha eliminato 19 miliziani, tra i quali alcuni responsabili dell’attacco a Israele del 7 ottobre 2023.
Le IDF, in coordinamento con lo Shin Bet (Agenzia per la sicurezza israeliana), ha inoltre arrestato oltre 240 terroristi nell’operazione mirata a contrastare l’ultimo tentativo di Hamas di ricostituirsi nel nord di Gaza; un tentativo da parte del comando dei miliziani palestinesi che ha intenzionalmente sfruttato la struttura dell’ospedale Kamal Adwan a Jabaliya, utilizzando la nota strategia degli scudi umani, in questo casi cittadini ricoverati all’interno dell’ospedale. Un episodio che, da un lato conferma la volontà criminale di Hamas e, dall’altro, evidenzia come le forze armate israeliane stiano facendo il possibile per ridurre l’impatto della guerra sulla popolazione civile palestinese. Contrariamente a quanto il mainstream mediatico tenda a descrivere la condotta di una guerra che, seppur molto violenta, è storicamente l’evento con il più basso numero di vittime collaterali tra i non combattenti.
Operazione nell’ospedale al-Shifa: un nuovo standard umanitario?
La guerra Israele-Hamas ha dato modo alle forze israeliane di concettualizzare e implementare uno standard innovativo di guerra urbana che non trova precedenti nella storia militare. Nel marzo 2024, le Idf condussero un’operazione mirata nell’ospedale al-Shifa nella Striscia di Gaza – utilizzato come base logistica e operativa da Hamas – adottando precauzioni eccezionali per la protezione di civili nella fase di avvicinamento, accesso e gestione della struttura. Un approccio che vide l’impiego, unitamente a militari, di unità di medici e paramedici israeliani deputati all’assistenza dei pazienti civili palestinesi ricoverati nell’infrastruttura sanitaria, e squadre logistiche di supporto per il rifornimento di cibo, acqua e forniture mediche per gli stessi.[1]
Dunque, un approccio volto a limitare i danni causati dalla presenza di Hamas all’interno dell’infrastruttura sostenendo, al contempo, il massimo sforzo per andare incontro alle necessità dei pazienti ricoverati e per minimizzare le vittime civili. Primo esempio nella storia della guerra urbana, questo metodo rappresenta l’adozione di uno standard innovativo quanto oneroso, sia in termini di risorse impiegate sia per l’accettazione di un maggiore rischio intrinseco per il personale militare impegnato all’interno dell’infrastruttura. Dal punto di vista dottrinale, come su quello storico, è il primo caso di un esercito che abbia preso tali misure per occuparsi della popolazione civile avversaria, tenuto conto della concomitanza delle operazioni militari offensive all’interno dello stesso edificio. Secondo l’opinione dell’analista John Spencer, pubblicata nel suo articolo Israel has created a new standard for urban warfare. Why will no one admit it?, Israele avrebbe adottato «più precauzioni per prevenire danni ai civili di qualsiasi altro esercito nella storia, andando ben oltre ciò che richiede il diritto internazionale e più di quanto fatto dagli Stati Uniti nelle loro più recenti guerre in Iraq e Afghanistan».[2]
Un precedente, quello di al-Shifa, che si pone come caso studio per la gestione dello spazio urbano e la sicurezza dei civili in aree operative che, a fronte di un evidente svantaggio tattico, consente alle forze militari impegnate in operazioni dal potenziale forte impatto mediatico di prevenire accuse di violazioni dello jus in bello e delle convenzioni internazionali. Questo precedente apre doverosamente a una riflessione su tali applicazioni tattiche e sui limiti auto-imposti a tutela della popolazione civile, non solamente per ragioni prettamente umanitarie ma anche, e forse prevalentemente, in un’ottica difensiva sul piano della cognitive warfare e della propaganda avversaria che, da un lato e come abbiamo visto, utilizza infrastrutture civili per scopi militari e, dall’altro, strumentalizza a proprio favore le eventuali vittime civili in conseguenza dello scontro militare all’interno di quei siti (il law-fare).
La teoria occidentale predominante nella gestione
delle operazioni militari, così come abbiamo descritto in apertura di questo
capitolo, si basa sul concetto di “guerra di manovra”, tesa a cercare di
frantumare moralmente e fisicamente un nemico con forza e velocità sorprendenti
e schiaccianti, colpendo i centri di gravità, politici e militari, affinché il
nemico sia distrutto o si arrenda rapidamente. Questo è stato il caso nelle
invasioni di Panama nel 1989, dell’Afghanistan nel 2001, dell’Iraq nel 2003 e
del tentativo della Russia di prendere in tempi rapidi l’Ucraina nel 2022. In
tutti questi casi, non è stato dato nessun preavviso o tempo sufficiente ai
civili per evacuare le città, con ciò provocando la morte di un significativo
numero di non combattenti. Israele ha abbandonato questo consolidato “approccio
da manuale”, e lo ha fatto nell’ottica primaria di prevenire danni ai civili.
Le Idf hanno annunciato con anticipo quasi ogni azione affinché i non
combattenti potessero trasferirsi, così rinunciando quasi sempre all’elemento
sorpresa. Ciò ha permesso a Hamas di riposizionare in aree sicure i propri
vertici militari e i leader politici
(e con essi anche gli ostaggi israeliani) attraverso il tessuto urbano,
nascondendoli tra i civili durante le evacuazioni o sfruttando i tunnel
sotterranei.[3]
I
combattenti di Hamas, a differenza delle Idf, non indossano uniformi, e questo
è un vantaggio tattico che ha consentito loro di colpire nascosti tra i civili
e, con i civili, lasciare il campo di battaglia. La conseguenza è che Hamas è
riuscito nella sua duplice strategia, da un lato, di generare sofferenza alla
popolazione palestinese e, dall’altro, di creare una narrazione distruttiva
attraverso le immagini, funzionale a ottenere una pressione internazionale su
Israele affinché interrompesse le sue operazioni.
[1] Spenser J., Israel Has Created a New Standard for Urban Warfare. Why Will No One Admit It?, Opinion, Newsweek, 25 marzo 2024, in https://www.newsweek.com/israel-has-created-new-standard-urban-warfare-why-will-no-one-admit-it-opinion-1883286.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
Articolo tratto dal libro di C. Bertolotti, Gaza underground. La guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. ed. START InSight (2024).