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Il valore dell’azione ucraina a Kursk: ma la Russia mantiene il vantaggio sul campo

di Claudio Bertolotti

Quella ucraina a Kursk non è un’offensiva né una controffensiva. È un atto tattico che ha permesso alle forze ucraine di prendere temporaneamente l’iniziativa sul campo di battaglia ma che, non potendo essere determinante ai fini della guerra, ha un duplice scopo: il primo alleggerire il fronte sud imponendo alla Russia di spostare e impegnare le proprie riserve altrimenti disponibili sul fronte di Zaporizhzhia– come fatto mesi fa dalla Russia aprendo il fronte di Karkiv –, mentre il secondo scopo è consentire a Zaleski di insistere sul piano politico in un momento di grande difficoltà, tenuto conto della prospettiva presidenziale statunitense del 2025 e del concomitante sostegno di Washington a Israele.

Questo però non significa che sia un atto improduttivo o inutile, al contrario, la Russia è stata così costretta a ripensare lo schieramento delle riserve e ad avviare un processo di pianificazione operativa che preveda la difesa dei confini russi da possibili ulteriori puntate offensive ucraine.

Detto in altri termini: l’operazione di Kursk, per quanto politicamente e mediaticamente rilevante, non cambia gli equilibri al fronte e ci ricorda ancora una volta che in termini di mezzi, uomini e materiali l’Ucraina non ha la capacità di condurre operazioni offensive su larga scala o comunque determinanti ai fini del conflitto.

Perché questo? In primo luogo cominciano a mancare gli uomini al fronte, e l’ipotesi di mobilitazione generale è un dilemma che sta assillando il presidente Zelensky poiché potrebbe rivelare una partecipazione inferiore alle aspettative. In secondo luogo l’aiuto occidentale, in primis statunitense e poi quello europeo, è sempre stato strutturato in modo tale da dare a Kiev lo stretto necessario per difendersi e sostenere il peso della guerra di logoramento russa ma non per cambiarne gli equilibri e dunque non per imporre una sconfitta a Mosca (la cui tenuta statale rimane un punto saldo nel sostegno occidentale all’Ucraina).


Iran, Israele, Hamas, Russia, NATO: il commento di C. Bertolotti a SKY TG24

La presentazione di Gaza Underground – il libro, a SKY TG24: le incognite e le difficoltà nella guerra urbana e sotterranea. E ancora: la morte del presidente di Raisi e la sua successione: quali ripercussioni a livello interno ed esterno? La Russia minaccia di ridefinire i confini marittimi: provocazione o atto deliberato?

Il commento di Claudio Bertolotti a TIMELINE, SKY TG24 (puntata del 22 maggio 2024).


Due anni di guerra russo-ucraina

di Claudio Bertolotti

Abstract

A due anni dall’inizio del conflitto russo-ucraino, la situazione rimane critica, con un apparente stallo sul campo di battaglia che cela complesse dinamiche e gravi conseguenze. La Russia ha mantenuto il vantaggio tattico acquisito, consolidando il controllo sui territori occupati e mostrando disinteresse per le proprie perdite, in una strategia che privilegia le vittorie di grande risonanza mediatica. Al contrario, l’Ucraina, nonostante l’aiuto occidentale sotto forma di equipaggiamenti avanzati, si trova in difficoltà a causa della quantità insufficiente di sostegni, limitando la sua capacità di recuperare i territori occupati. La stanchezza dell’Occidente rischia di minare il supporto all’Ucraina, ignorando le implicazioni strategiche di lungo termine e potenzialmente consentendo alla Russia di usare i successi ottenuti per rafforzare le sue ambizioni future. Il conflitto sottolinea l’importanza di un impegno rinnovato e di una riflessione strategica per preservare l’ordine internazionale.

Due anni di guerra russo-ucraina

All’alba del secondo anniversario della guerra russo-ucraina, il conflitto rimane una ferita aperta nell’ordine mondiale. Nonostante gli sforzi incessanti e gli appelli internazionali alla pace, la situazione sul campo di battaglia riflette una realtà segnata da un apparente stallo operativo che, tuttavia, nasconde dinamiche complesse e conseguenze profonde.

Il vantaggio tattico inizialmente guadagnato dalla Russia è stato mantenuto nel corso di questi due anni, evidenziando una strategia militare che, nonostante le gravi perdite, ha permesso a Mosca di consolidare le sue posizioni nei territori occupati. Questo dominio tattico si è manifestato non solo attraverso la conquista territoriale ma anche tramite la capacità russa di infliggere significative perdite all’Ucraina, pur mostrando un disinteresse quasi totale per le proprie perdite. Questa indifferenza verso le perdite tra i soldati si inserisce in una narrazione più ampia che privilegia la vittoria in battaglie di alto impatto simbolico ed emotivo, mirando a rafforzare il sostegno interno e a intimidire la comunità internazionale.

Dall’altro lato, l’Ucraina, sostenuta da equipaggiamenti e munizioni di alto livello qualitativo forniti dall’Occidente, si trova di fronte a un’amara realtà. Nonostante la superiorità tecnologica di alcuni degli armamenti ricevuti, la quantità di questi sostegni si è rivelata insufficiente per ribaltare le sorti del conflitto. La scarsità di risorse ha limitato le capacità ucraine di lanciare offensive significative per liberare i territori occupati, congelando di fatto il conflitto in una logorante guerra di posizione.

L’impossibilità dell’Ucraina di avanzare significativamente sul campo di battaglia solleva ampi interrogativi sulla sostenibilità del sostegno occidentale. La stanchezza dei Paesi europei e dei contribuenti statunitensi si manifesta in una crescente riluttanza a investire in un conflitto che appare senza fine e, in ultima analisi, a svantaggio dell’Ucraina. Questa visione, seppur comprensibile alla luce degli ingenti costi umani ed economici, rischia di trascurare le implicazioni strategiche di lungo termine. La Russia, interpretando ogni cedimento o concessione occidentale come una vittoria, potrebbe utilizzare i successi territoriali e politici ottenuti per alimentare le sue future ambizioni, modificando irreversibilmente l’equilibrio geopolitico a suo favore.

Il fronte

Le truppe russe hanno intrapreso un’azione offensiva coordinata su vari fronti per raggiungere un traguardo operativamente significativo in Ucraina, un evento che non si verificava da oltre diciotto mesi. L’esito di questa avanzata nel settore Kharkiv-Luhansk rimane incerto, tuttavia, la pianificazione e l’implementazione iniziale di questa offensiva indicano cambiamenti importanti nella strategia operativa russa (Fonte ISW).

Fin dalla primavera del 2022, gli sforzi russi volti a conquistare città e villaggi di dimensioni ridotte nell’est dell’Ucraina non hanno raggiunto traguardi operativi di rilievo, nonostante tali azioni abbiano causato intensi combattimenti e gravi perdite sia per l’Ucraina che per la Russia. Durante l’offensiva di inverno-primavera del 2023, le forze russe hanno apparentemente puntato a obiettivi operativamente più ambiziosi, ma l’inefficacia della pianificazione e della realizzazione di tale offensiva ha impedito progressi significativi, di fatto non raggiungendo la maggior parte degli obiettivi prefissati.

Il disegno dell’offensiva russa

Fino ad ora, le offensive russe si sono concentrate sullo sforzo di grandi quantità di truppe contro singoli obiettivi (come Bakhmut e Avdiivka) o hanno compreso attacchi simultanei lungo linee di avanzamento troppo distanti per fornire reciproco sostegno e/o divergenti tra di loro. Al contrario, l’offensiva in atto nel settore Kharkiv-Luhansk si è sviluppata su attacchi lungo quattro direttrici parallele, strutturate in maniera coordinata al fine di collaborare vicendevolmente per raggiungere obiettivi multipli che, se conseguiti, potrebbero portare a vantaggi operativi determinanti per il proseguimento dell’azione offensiva. In particolare, il processo di pianificazione operativa di questa offensiva merita un’attenzione particolare poiché confermerebbe la capacità dei comandi russi di far tesoro delle lezioni apprese nelle più recenti battaglie, sia di successo che fallimentari (Fonte ISW). Tuttavia, le abilità tattiche russe in questa area non sembrano aver subito miglioramenti sostanziali rispetto al passato, almeno dal punto di vista tattico; un elemento che potrebbe contribuire, non tanto al fallimento dell’operazione complessiva, ma ad aumentarne i già elevati costi in termini di risorse materiali e umane.

Avdiivka: quanto è grave la caduta di questa cittadina?

Avdiivka non è mai stata un obiettivo strategico, lo è su quello della propaganda strategica come lo è sul piano operativo e tattico. La sua caduta in mano russa ha avuto un forte impatto emotivo per gli ucraini, poiché è la prima città conquistata dai russi dopo Bakhmut, e segue la sfortunata offensiva ucraina lanciata prima dell’estate dello scorso anno. La sua conquista ha richiesto circa 4 mesi ai russi, a fronte di un elevato dispendio di risorse: ma è comunque una vittoria russa e una sconfitta ucraina e questo peserà sia sull’opinione pubblica russa, sia sul morale dei soldati ucraini.

L’importanza tattica di Avdiivka sta nell’essere a pochi chilometri dalla città di Donetsk, e da li le forze ucraine potevano colpire con l’artiglieria il capoluogo del bacino minerario del Donbass, di fatto rendendo la città il perno di manovra del dispositivo militare ucraino sul fronte di Donetsk. Ora questo è venuto meno, e le posizioni arretrate che le forze di Kiev hanno dovuto assumere sono sia uno svantaggio tattico per gli ucraini sia, e questo deve preoccuparci, la conferma di un indebolimento progressivo del fronte ucraino, anche in conseguenza delle disponibilità in termini di uomini e munizioni.

Potrebbe essere l’inizio di un’offensiva più vasta?

È la lenta avanzata russa, che non si è mai fermata e che concentra in punti chiave il proprio sforzo. I russi sono numericamente superiori in termini di personale, artiglieria e aviazione. La quantità russa prevale sulla qualità ucraina.

Il nord è un fronte che almeno al momento non sembra essere interessato dall’ipotesi di una nuova offensiva. Ma non si può escluderlo, e questo per la Russia è un vantaggio perché l’Ucraina è obbligata a tenere truppe ferme in attesa di contenere una qualsiasi minaccia su quel settore del fronte.

Oggi però la grande offensiva russa è duplice: comunicativa e sul campo di battaglia. In entrambi gli ambiti la Russia è molto aggressiva e capace di ottenere risultati favorevoli. La disinformazione, la propaganda, il fatto che intellettuali e giornalisti occidentali facciano da cassa di risonanza alla propaganda russa sono elementi che confermano la scelta vincente di Mosca. Poi c’è l’offensiva sul campo di battaglia: l’obiettivo primario di Mosca è l’Oblast’ di Luhansk, per poi spingersi verso ovest nell’Oblast’ di Kharkiv orientale e, da qui, circondare l’Oblast’ di Donetsk settentrionale e occuparlo.

Le direttrici dell’offensiva russa

La campagna offensiva russa sta procedendo attualmente su quattro assi, da nord a sud, includendo le aree intorno a Kupyansk e Synkivka; da Tabaivka a Kruhlyakivka; da Makiivka a Raihorodka e/o Borova; e da Kreminna a Drobysheve e/o Lyman.

Il contingente militare russo dislocato nella regione occidentale ha amplificato le sue attività offensive lungo l’asse Kupyansk-Svatove-Kreminna, concentrando i suoi sforzi su quattro principali direzioni di movimento. Queste forze stanno avanzando in maniera offensiva a nord-est di Kupyansk, a nord-ovest e a sud-ovest di Svatove, nonché a ovest di Kreminna. Il raggruppamento occidentale russo, che si compone principalmente di unità del distretto militare occidentale (WMD), ha assunto la responsabilità dell’asse Kharkiv-Luhansk dopo che la linea del fronte si è stabilizzata a seguito della riuscita controffensiva ucraina nell’area di Kharkiv nell’autunno del 2022 (Fonte ISW).

Il comando centrale delle forze (prevalentemente costituito da unità del Distretto Militare Centrale [CMD]) ha gestito la sezione meridionale di questo fronte in direzione di Lyman fino all’autunno del 2023, momento in cui il WMD avrebbe preso il comando della zona settentrionale vicino a Lyman, a seguito del trasferimento di un significativo contingente di truppe del CMD per supportare, all’inizio di ottobre 2023, l’attacco offensivo su Avdiivka nella regione di Donetsk.

Il 6 ottobre 2023, la 6ª Armata Combinata (CAA) e la 1ª Armata Corazzata della Guardia (1ª GTA) del WMD hanno rilanciato un’offensiva localizzata a nord-est di Kupyansk, incrementando sporadicamente le operazioni in altre aree vicino a Kupyansk. Questo tentativo offensivo russo di avanzare verso Kupyansk da nord-est ha tuttavia portato solamente a modesti successi tattici entro gennaio 2024 (Fonte ISW).

A gennaio 2024, le autorità ucraine hanno segnalato con crescente frequenza che le forze russe stavano preparando il terreno per un’offensiva di più ampia portata sia nella direzione di Kupyansk che di Lyman. Le unità WMD hanno iniziato a intensificare le operazioni su quattro fronti lungo l’asse all’inizio di gennaio, e il capo della Direzione principale dell’intelligence militare (GUR) ucraina, il tenente generale Kyrylo Budanov, ha confermato l’inizio dell’offensiva russa d’inverno-primavera 2024 sull’asse Kharkiv-Luhansk, scattata il 30 gennaio (Fonte ISW).

Il tema delle armi: forniture di aerei F16 e mancanza munizioni.

Dopo aver superato le varie linee rosse rispetto alle quali inizialmente era stato detto che non si sarebbe mai andati oltre, dalla fornitura prima di artiglieria, poi dei sistemi missilistici a medio raggio, e poi ancora i carri armati pesanti, è giunta l’ora degli aerei da caccia F16, che saranno un sollievo per Kiev, ma non determinanti se non accompagnati da un massiccio rifornimento di munizioni ed equipaggiamenti pesanti.

Se Fino allo scorso anno la qualità degli equipaggiamenti militari forniti dall’Occidente e l’addestramento fornito ai soldati ucraini hanno compensato la quantità degli arsenali russi che, per quanto obsoleti hanno comunque ottenuto lo scopo di garantire alla Russia un vantaggio tattico pressoché costante in questa lenta guerra di attrito e logoramento.

Ad oggi l’Ucraina non ha più le forze sufficienti per la condotta di operazioni offensive su media e larga scala. Di fatto archiviando qualunque ipotesi di liberazione dei territori ucraini occupati dalla Russia. Gli aiuti militari occidentali, che fino a oggi hanno consentito a Kiev di tenere il fronte, conducendo una controffensiva lo scorso anno che si è rivelata molto sfortunata, ma non sotto le aspettative

Quanto pesa non ricevere armi a sufficienza?

Gli aiuti Occidentali sono stati e sono determinanti per l’esito della guerra. Se proseguisse l’aiuto occidentale in maniera coerente con quanto fatto nei due anni appena trascorsi, l’Ucraina potrebbe continuare a difendersi, tenendo le attuali posizioni, ma nulla di più. Se diminuissero anche solo di poco, l’Ucraina sarebbe destinata a soccombere alla pressione Russa, con un pericolo concreto di crollo del fronte e avanzata di Mosca. Per consentire all’Ucraina di imporre la propria volontà sul campo di battaglia e anche per non uscire sconfitta all’eventuale tavolo negoziale, è necessario uno sforzo di molto superiore a quanto fatto sino a oggi.

Gli avvicendamenti allo stato maggiore: indicatore di forza o debolezza della politica di Zelensky?

Il cambio ai vertici della difesa ucraina imposto da Zelensky è frutto di un braccio di ferro tra due gruppi di pensiero. Da una parte l’entourage presidenziale che insiste sul cambiamento, ad uso e consumo dell’opinione pubblica interna e degli alleati all’estero, con un “cambiamento” da realizzare. E dall’altra parte c’è “l’entourage della Difesa, che insieme alla massa dei soldati, guardava a Valerii Zaluzhny come punto di riferimento importante”, un “uomo straordinario perché è riuscito a fare moltissimo con poco” ed è “riuscito a impiegare in maniera estremamente razionale le truppe sul terreno nonostante le direttive politiche a cui si è dovuto piegare” archiviando “la dottrina militare ereditata dall’Unione sovietica e sposando fin da subito l’approccio occidentale della Nato, anche rispetto alla struttura delle Forze Armate ucraine”. Con la nomina a capo di stato maggiore della difesa del generale Oleksandr Syrsky, appartenente alla generazione precedente rispetto Zaluzhny, il rischio è quello di tornare a vedere meno innovazione ma, elemento di maggior conto, vedere diminuire l’entusiasmo dei soldati così come lo abbiamo visto con il suo predecessore. Ma un cambiamento, almeno sul piano politico, era opportuno, e così è stato.

Lotte intestine sul reclutamento di migliaia di giovani che Zelensky a quanto pare non vuole.

La mancanza di armi e munizioni è un problema, ma oggi, a due anni dall’inizio della guerra, il problema più grande è la diminuzione del potenziale umano. Mancano i soldati, specialmente i giovani. Chi è al fronte ha un’età media molto elevata, con soldati di 45 anni che combattono da due anni, molti con brevi periodi di riposo, altri senza mai essere stati sostituiti.

Preoccupa l’elevato dato di possibili renitenti alla leva tra i più giovani, forse 800.000, molti dei quali fuggiti all’estero. Una chiamata di massa potrebbe rivelarsi un boomerang per un Zelensky nei confronti del quale il sostegno entusiastico dell’opinione pubblica, ucraina e straniera, ha cominciato a ridursi progressivamente. Lo scontro è prevalentemente politico, tra chi spinge per un accordo negoziale e chi invece vuole proseguire la guerra a oltranza.

In conclusione, il secondo anniversario della guerra russo-ucraina non è soltanto un tragico promemoria della persistente violenza e instabilità nella regione, ma anche un monito sulle sfide future che attendono la comunità internazionale. Affrontare queste sfide richiederà non solo un rinnovato impegno verso l’Ucraina ma anche una riflessione strategica più ampia su come preservare l’ordine internazionale di fronte a un aggressore determinato a riscrivere le regole attraverso la forza.


Il petrolio ombra di Mosca: il segreto della buona economia russa.

di Andrea Molle

Abstract (Italian)

Questo articolo esamina l’origine della robusta condizione finanziaria della Russia alle soglie del terzo anno del conflitto in Ucraina, rilevando come il sostanziale afflusso di denaro dalle esportazioni di petrolio, in particolare all’India, abbia rafforzato le casse dello Stato russo. L’Autore, discute inoltre sul ruolo della Flotta Ombra del Cremlino, una forza marittima clandestina che elude le normative internazionali, facilitando il commercio di petrolio e oro insanguinato e contribuendo a mantenere il flusso di entrate verso la Russia. Infine, viene analizzata la dipendenza dell’India dal petrolio russo come strategia per mantenere stabili i prezzi globali del petrolio, nonostante le critiche internazionali.

Keywords: Petrolio, flotta ombra, economia russa

L’economia russa è robusta

La Russia, nel terzo anno del conflitto in Ucraina, si trova in una posizione finanziaria robusta, con le casse dello Stato rifornite da un notevole afflusso di denaro. Nel 2023, le entrate federali della Russia hanno raggiunto un record di 320 miliardi di dollari e si prevede che continueranno ad aumentare. Secondo alcuni analisti, circa un terzo di queste entrate è stato destinato alla guerra in Ucraina l’anno precedente, mentre una percentuale ancora maggiore finanzierà il conflitto nel 2024. I notevoli fondi a disposizione del Cremlino posizionano Mosca in una posizione più favorevole per sostenere una guerra prolungata rispetto a Kiev, che lotta per mantenere il vitale flusso di denaro occidentale.

Oltre all’oro insanguinato proveniente dall’Africa, questo incremento di entrate è stato alimentato dalle vendite eccezionali di petrolio grezzo all’India. Transazioni che hanno generato introiti stimati intorno ai 37 miliardi di dollari a cui si aggiungono circa 1 miliardo di dollari provienienti dal petrolio raffinato in India e poi esportato negli Stati Uniti. Tale flusso di entrate è il risultato diretto dell’aumento degli acquisti di petrolio russo da parte di Delhi, che secondo un’analisi del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), riportata di recente dalla CNN, ora superano di 13 volte i livelli prebellici.

L’analisi delle rotte di trasporto del greggio

L’analisi delle rotte di trasporto del greggio suggerisce inoltre un coinvolgimento della cosiddetta Flotta Ombra del Cremlino. Con questo termine ci si riferisce a una forza marittima clandestina russa, composta da navi che operano al di fuori delle norme marittime internazionali. L’indagine sulla Flotta Ombra è iniziata nei primi anni 2010, quando le principali agenzie di intelligence occidentali e diversi analisti marittimi hanno notato comportamenti sospetti in navi russe o battenti bandiere di paradisi fiscali. Queste navi sono spesso osservate ad operare in aree strategicamente significative, come vicino a cavi di comunicazione sottomarini e installazioni militari, spesso spegnendo i loro sistemi di identificazione automatica per sfuggire al monitoraggio. Le implicazioni della Flotta Ombra russa sono molteplici e tutte potenzialmente pericolose. In primo luogo, c’è preoccupazione per il suo ruolo nel sostenere le operazioni militari russe e nel violare le norme internazionali e le leggi marittime. La presenza di questa flotta mina la sicurezza e la stabilità marittime globali, complicando gli sforzi affinchè la Russia sia tenuta a rispondere delle sue azioni illegali in mare. Una delle attività tipiche della Flotta Ombra nel settore petrolifero è lo scambio di greggio tra due navi con l’obiettivo di mascherarne l’origine e la destinazione finale, confondendo le autorità riguardo alla provenienza e all’acquirente finale. Decine di tali trasferimenti avvengono ad esempio ogni settimana nel Golfo Laconico in Grecia, un punto di passaggio strategico verso il Canale di Suez e i mercati asiatici. Alla fine del 2022, con il supporto di diversi paesi, gli Stati Uniti hanno imposto un limite di prezzo, impegnandosi a non acquistare petrolio russo oltre i 60 dollari al barile.

La flotta ombra

Questi paesi hanno anche vietato alle proprie compagnie di navigazione e di assicurazione, attori chiave nel trasporto marittimo globale, di facilitare il commercio di petrolio russo oltre tale prezzo. Tuttavia, questo limite di prezzo ha paradossalmente alimentato la creazione della Flotta Ombra. Con catene di approvvigionamento più lunghe, è infatti più difficile individuare i trasferimenti da nave a nave e determinare il costo effettivo di un barile di petrolio russo e diventa facile aggirare le sanzioni. La Flotta Ombra ha pertanto consentito alla Russia di creare una rete di navigazione fantasma parallela a quella legale, in grado di eludere il monitoriaggio e aggirare le sanzioni occidentali, con centinaia di petroliere la cui proprietà non è chiara e che seguono rotte così complicate da risultare impossibili da seguire. Secondo le analisi effettuate grazie all’intelligenza artificiale della società di analisi marittima Windward, questa flotta è cresciuta fino a includere nel 2023 circa 1.800 navi.

In questo quadro, gli acquisti di petrolio da parte dell’India hanno avuto l’effetto di alleviare la pressione delle sanzioni sulla Russia. L’India difende le sue politiche di approvvigionamento energetico da Mosca come un modo per mantenere i prezzi globali del petrolio più stabili, evitando di competere con le nazioni occidentali per il petrolio del Medio Oriente. Il governo di Delhi ha dichiarato che qualora l’India dovesse smettere di comprare greggio da Mosca e più petrolio dal Medio Oriente, il prezzo del petrolio salirebbe a 150 dollari avviando una spirale di aumento dei costi che il mondo non può permettersi. Ma una parte di questo petrolio grezzo viene raffinato nelle raffinerie lungo la costa occidentale dell’India e successivamente esportato negli Stati Uniti e in altri paesi che hanno imposto sanzioni sul petrolio russo. Questi prodotti raffinati, non essendo soggetti a sanzioni, costituiscono ciò che gli analisti chiamano la “scappatoia delle raffinerie”. Sempre secondo l’analisi del CREA, gli Stati Uniti sono stati il principale acquirente di prodotti raffinati dall’India derivati dal petrolio grezzo russo nel 2023, per un valore di 1,3 miliardi di dollari. E il valore di queste esportazioni di prodotti petroliferi aumenta notevolmente quando si considerano anche gli alleati degli Stati Uniti che applicano sanzioni contro la Russia. Il CREA ha stimato che questi paesi abbiano importato prodotti petroliferi dal petrolio grezzo russo per un valore di 9,1 miliardi di dollari nel 2023, registrando un aumento del 44% rispetto all’anno precedente.

Mosca ha beneficiato di questo processo sia attraverso la tassazione diretta delle esportazioni che attraverso i profitti ottenuti da Rosneft, la società petrolifera di stato russa, nell’ambito della raffinazione e dalla rivendita ai paesi occidentali.

Entrate e spese russe: un record

Secondo un’analisi condotta dal think tank RAND sui conti del Ministero delle Finanze russo, nel 2023 le entrate e le spese federali della Russia hanno raggiunto entrambe livelli record. Sebbene per adesso Mosca non sia ancora arrivata al pareggio di bilancio, a causa del pesante costo della guerra e delle perdite di entrate dovute in generale alle sanzioni il deficit di bilancio federale è in tendenza decrescente. Le imposte interne sulla produzione e sull’importazione sono entrambe significative ed efficienti, il che implica che la popolazione russa è pesantemente tassata per finanziare il conflitto. Tuttavia, gli analisti avvertono che in questo quadro economico anche la più piccola violazione delle sanzioni contro la Russia può generare ingenti profitti, date le enormi somme coinvolte nel commercio petrolifero e dell’oro, e questo potrebbe portare il regime a diminuire la pressione fiscale generando un maggior supporto per le operazioni militari correnti e future. Per questo è di primaria importanza affrontare efficacemente questa minaccia con una maggiore vigilanza, cooperazione e impegno diplomatico internazionale che includa nuove misure contro le navi della Flotta Ombra e le aziende sospettate di agevolare il trasporto illegale del petrolio e dell’oro russo.


Droni di Kiev su Mosca: una pressione sugli USA? Il commento al TG RSI.

Claudio Bertolotti (StartInsight) al TG della Radio e Televisione Svizzera Italiana, intervistato da Gianmaria Giulini

Vai al video sul sito della Radio e Televisione della Svizzera italiana (edizione del 9 agosto 2023)

Colpire la capitale russa con i droni non cambia il bilanciamento militare, ma ha un impatto psicologico e diplomatico

RSI – Svizzera, 9 agosto 2023. La strategia ucraina di aumentare gli attacchi con droni su Mosca e sul territorio russo, preannunciata il 30 luglio dal presidente Zelensky “è una strategia efficace a basso costo, manda un messaggio politico di forte impatto psicologico sulla popolazione moscovita, che è lontana dalla guerra, perché la maggior parte delle reclute mobilitate fino ad ora viene da distretti orientali e periferici del paese”. Lo dice al Telegiornale RSI il direttore di StartInsight Claudio Bertolotti.

Difficilmente attaccare la capitale russa e le forze armate di Mosca con droni determinerà una svolta sul campo di battaglia, ma ha un impatto sui russi e su chi sostiene Kiev. Come contropartita alla riduzione delle sue azioni sul suolo russo, Zelensky può chiedere ai suoi sostenitori – cominciando dagli USA – di fornirgli piu armamenti. E gli USA probabilmente lo ascolteranno perché non vogliono una guerra totale con il Cremlino.

Quanti sono stati gli attacchi dell’Ucraina sul suolo russo?

L’Ucraina celebra gli attacchi su suolo russo, ma non ne conferma mai la paternità, cioè  non rivendica ufficialmente le azioni. Questo per ovvie ragioni di opportunità: l’obiettivo è non garantire alla Russia l’escamotage formale di dirsi attaccata sul proprio suolo, il che le potrebbe anche consentire di sdoganare l’opzione atomica.

Possiamo contare alcune decine di attacchi diretti in territorio russo, prevalentemente attacchi con droni, che hanno colpito obiettivi, da un lato simbolici, nel cuore di Mosca, che si contrappongono agli obiettivi militari propriamente detti: infrastrutture, ponti, depositi di carburante, linee ferroviarie e aeroporti.

Tra i principali attacchi ricordiamo l’azione condotta con elicotteri da combattimento, nell’aprile del 2022, contro un deposito di carburanti russo vicino al confine con l’Ucraina; l’attacco missilistico sulla nave ammiraglia russa del Mar Nero, sempre ad aprile; l’attacco partigiano alla base aerea russa in Crimea, nell’agosto dello stesso anno; l’autobomba vicino a Mosca, in cui ha trovato la morte la figlia dell’ideologo Dugin, vicino a Putin; e ancora, ad ottobre, l’esplosione del ponte di Crimea; e poi, gli attacchi con droni marittimi, aerei contro infrastrutture logistiche, depositi di carburanti, ecc…

La guerra sta tornando sul territorio russo, questo è un processo inevitabile?

L’obiettivo che possiamo ritenere più logico è quello di imporre un aumento della pressione psicologica sull’aggressore che, in questo modo, viene colpito in casa propria. È un messaggio politico dal forte impatto psicologico su una popolazione – quella moscovita in particolare – che è la più lontana dal coinvolgimento diretto della guerra. La maggior parte delle reclute mobilitate viene dai distretti orientali e periferici, non da quelli della Russia occidentale.

Cosa cambia con questi attacchi per l’Occidente? Cosa si rischia?

Potremmo dire che non cambia lo stato delle cose, almeno in Europa. Quello che pesa, in primo luogo, è lo sviluppo della campagna elettorale per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Biden si trova in una scomoda situazione: è sotto il fuoco incrociato di chi vuole sostenere l’Ucraina e di chi invece vorrebbe ridurre il coinvolgimento di Washington in una guerra europea. Comunque si muova le critiche nei suoi confronti non mancheranno. È per questo motivo che il tema “guerra in Ucraina” sarà per quanto possibile evitato, o limitato al minimo indispensabile, nei vari comizi e incontri pubblici.

Attaccare il territorio russo significa oltrepassare una linea rossa?

È una linea rossa, un cambio di equilibri e di postura, ma difficilmente determinerà una svolta sul campo di battaglia. L’effetto è sul piano psicologico, di chi viene colpito, dunque i russi, ma anche di chi sostiene Kiev, in primis gli Stati Uniti, che saranno spinti, nelle intenzioni di Zelenski, ad aumentare il sostegno militare come contropartita alla riduzione di azioni di questo tipo su suolo Russo. Washington non vuole un’escalation, come non vuole un cambio di regime in Russia, che potrebbe aprire a uno scenario politico peggiore di quello attuale.


Guerra in Ucraina: attacchi a Mosca e rallentamento dell’offensiva (SKY TG24)

di Claudio Bertolotti

Il commento del Direttore Claudio Bertolotti a SKY TG24 Mondo (puntata del 1° agosto 2023, ore 19.30), ospite di Roberto Tallei: video disponibile al seguente LINK.

Nuovo attacco con i droni a Mosca. Due edifici sono stati danneggiati ma non ci sono feriti: è l’ultimo di una serie di attacchi simili. Rallenta l’offensiva Ucraina e tengono le difese russe. Sempre più tiepido il sostegno statunitense: la priorità sono le elezioni presidenziali. Questi i temi affrontati dal Direttore Claudio Bertolotti a SKY TG24.

A quale scopo Kiev aumenta gli attacchi su Mosca?

L’obiettivo che possiamo ritenere più logico è quello di imporre un aumento della pressione psicologica sull’aggressore che, in questo modo, viene colpito in casa propria. È un messaggio politico dal forte impatto emotivo su una popolazione – quella moscovita in particolare – che è la più lontana dal coinvolgimento diretto della guerra. La maggior parte delle reclute mobilitate viene dai distretti orientali e periferici, non da quelli della Russia occidentale. E dunque colpire <Mosca significa arrivare dritti al cuore della capitale dove le decisioni sulla guerra vengono prese e più forte è la pressione dei cittadini sulla classe politica. Obiettivi civili, più facili da colpire rispetto a quelli militari o istituzionali, e volti a dimostrare l’incapacità della difesa russa.

Perché prima Kiev li negava e ora li rivendica mentre Mosca prima minimizzava e ora denuncia?

Ora Kiev ha capito che il sostegno dell’Occidente non è una cambiale in bianco illimitata. Al contrario, come dimostrano gli aiuti generosi ma limitati nel tempo e nella tipologia da parte di Washington, parliamo di un supporto che potrebbe ridursi sempre più, almeno da un punto di vista di numeri e qualità degli armamenti forniti. Questo è chiaro a Zelenski, che non può che azzardare nel fare ciò che gli Stati Uniti gradiscono meno, ossia colpire i russi in casa. Di fatto l’Ucraina sta mettendo gli stati Uniti di fronte a un’opzione obbligata: continuare a sostenere militarmente, in maniera massiccia, l’esercito di Kiev o sopportare l’insubordinazione ucraina che, colpendo sempre più Mosca (e non la Russia in generale) ma solo la capitale, metterà in difficoltà un candidato presidente – Biden in questo caso – che nel pieno della campagna elettorale dovrà rispondere dell’operato ucraino e dell’oneroso sostegno a Kiev che grava sulle tasche del contribuente statunitense.

Mosca non può più far finta di nulla o minimizzare con la propria opinione pubblica

Mosca è abituata ed è strutturata per gestire l’opinione pubblica. Oggi più che mai la repressione sulla comunicazione ha un ruolo determinante per garantire nella forma e nella sostanza il sostegno, o comunque l’assenza di opposizione, al Cremlino. La cosa ci può preoccupare, ma non ci sorprende. Ma l’aspetto ancora più importante, al di la del minimizzare, è la consolidata capacità di trasformare gli eventi descrivendoli come “atti terroristici” da parte di Kiev, cercando così di rafforzare una narrazione basata sulla pericolosità di un’Ucraina fuori dal rapporto di amicizia, ossia dal controllo effettivo, di Mosca

Gli alleati (USA in primis) sono piuttosto freddi, se non apertamente contrari: cosa si rischia?

Quello che pesa, in primo luogo, è lo sviluppo della campagna elettorale per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Biden si trova in una scomoda situazione: è sotto il fuoco incrociato di chi vuole sostenere l’Ucraina e di chi invece vorrebbe ridurre il coinvolgimento di Washington in una guerra europea. Comunque si muova le critiche nei suoi confronti non mancheranno. È per questo motivo che il tema “guerra in Ucraina” sarà per quanto possibile evitato, o limitato al minimo indispensabile, nei vari comizi e incontri pubblici.

Quanto può durare ancora la controffensiva ucraina e cosa succederà se non porterà a risultati concreti?

L’offensiva di fatto ha perso la spinta iniziale e questo in conseguenza, della capacità di difesa russa e della limitata disponibilità di equipaggiamento da combattimento. Prima dell’attuale fase possiamo dire che la capacità di Kiev fosse sufficiente per garantire una difesa, tuttalpiù la possibilità di condurre azioni di contrattacco mirate, ma limitate. Ora, con le perdite al fronte, è verosimile valutare come altamente improbabile la conquista di territori in profondità e lo scardinamento del sistema difensivo dei russi. Di fatto riproponendo lo scenario di una guerra di logoramento così come l’abbiamo conosciuta a partire dal luglio dello scorso anno. C’è un aspetto importante da ricordare: ossia che le capacità militari ucraine non sono infinite, tutt’altro, e che queste dipendono in toto dagli Stati Uniti che, come abbiamo detto, hanno perso l’iniziale entusiasmo e cominciano a guardare con preoccupazione ai consumi di una guerra di logoramento che va avanti da quasi un anno e mezzo e, alle condizioni attuali, potrebbe durare almeno altrettanto.

Dunque, se è vero che la questione è politica, è però anche vero che ci sono dei problemi logistici e di approvvigionamento. Di fatto si sta consolidando la convinzione della scarsità di munizionamento negli arsenali statunitensi e della NATO. In questo quadro, fornire il necessario a Kiev, rileva Andrea Molle, indebolirebbe le capacità americane di far fronte ad altre esigenze e, al contempo, nel mantenere delle riserve necessarie in caso di estensione del conflitto alla Nato.


Ucraina: fronte statico, retrofronte agitato

Dall’intervento di C. Bertolotti a Rai News 24, In un’Ora, puntata del 19 giugno 2023.

La situazione è relativamente statica al fronte, dove non ci sono azioni risolutive o perdite o guadagni significativi, ma molto dinamica nel retrofronte dove la logistica russa ha subito importanti perdite con la distruzione di aree logistiche per lo stoccaggio e lo smistamento di carburanti e munizioni. Perdite di gran lunga superiori rispetto a quelle registrate al fronte.

Ora, se vogliamo concentrarci su quel fronte relativamente statico, la qualità degli equipaggiamenti e dell’addestramento ucraino sta bilanciando la quantità e i numeri russi che, almeno sulla carta, sono significativamente superiori.

Ma questa qualità che Kiev è riuscita a schierare sul campo di battaglia, deriva dalla volontà occidentale, e in primo luogo statunitense, di armare ed equipaggiare le forze armate ucraine. In questo senso, gli aiuti militari devono essere continui, costanti e garantiti sul medio periodo se si vuole che una qualche offensiva abbia un effetto positivo.

SITUAZIONE SUL CAMPO

In primo luogo mi preme sottolineare un aspetto primario, cioè che non dobbiamo limitarci a guardare il movimento tattico delle unità sul terreno, e in particolare al fronte, per farci un’idea di quello che potrebbe accadere. Al contrario, è sull’aspetto logistico che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, perché è attrave rso la lettura della capacità di approvvigionamento di carburante e munizioni, pezzi di ricambio e assistenza ai veicoli danneggiati, ma anche l’avvicendamento dei soldati al fronte, che avremo una fotografia di quello che i due eserciti potranno fare ed ottenere nelle prossime settimane. E la Russia sul piano logistico sembra essere molto sofferente, e questo non solo carenze strutturali, ma perché gli ucraini, prima e durante la loro serie di contrattacchi hanno colpito e distrutto molti importanti depositi logistici, con ciò ottenendo molto più di quanto non hanno ottenuto con gli attacchi frontali al fronte, distruggendo tonnellate di carburante e munizioni: insieme al centro logistico primario di Rykove, ricordiamo i centri logistici distrutti a Melitopol, Tokmak, Berdyansk, Lazurne e Shadovsk, e altri.

Un altro aspetto importante è la consistenza dell’azione sino ad ora condotta dall’Ucraina, che sembra inferiore alle effettive capacità.

L’avanzata ucraina, sino ad oggi, è stata lenta e onerosa, in termini di caduti sul campo e perdite di mezzi ed equipaggiamenti e le conquiste territoriali sono state molto limitate.

Ora, guardando ai tempi e ai modi di impiego delle truppe sul campo potremmo dire di essere nel momento maturo che precede una decisione importante per gli stati maggiori ucraini dopo aver saggiato la consistenza del sistema difensivo russo: continuare in azioni tattiche di questo tipo o scegliere per una pausa tattica per poi riorganizzare le forze di manovra per la successiva fase che potrebbe prevedere una nuova spinta offensiva o, in alternativa, il prolungarsi di una guerra di attrito e logoramento così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo anno e che sembra essere l’opzione più concreta e maggiormente probabile.

In questo scenario non dobbiamo poi dimenticare che anche la Russia, che è rimasta molto statica negli ultimi mesi, tolto il settore di Bakhmut, ha a disposizione le proprie unità di manovra che, nel frattempo si sarebbero riorganizzate anche in conseguenza del reclutamento di aprile che potrebbe rendere disponibili alcune centinaia di migliaia di soldati. Ed essendo la Russia in difensiva, almeno in questa fase, parte avvantaggiata perché può godere di maggiori protezioni per i propri soldati e, non da ultimo, ha preso esempio dall’Ucraina nell’impiego di piccole unità in funzione di contrasto all’avanzata degli attaccanti. Così come fecero i soldati di Kiev all’avanzare dell’armata russa nel febbraio-marzo dello scorso anno, oggi i russi si muovono con distaccamenti in grado di disturbare e rallentare i contrattacchi ucraini.


La controffensiva e il realismo del campo di battaglia: al momento sono limitate azioni tattiche. Il commento di Camporini e Bertolotti

Il commento di Claudio Bertolotti, Vincenzo Camporini e Mirko Campochiari a NAUTILUS, puntata del 7 giugno 2023

Secondo l’Institute for the Study of War (ISW), l’Ucraina ha condotto operazioni di controffensiva con risultati differenziali in almeno tre settori del fronte come parte di più ampi sforzi di controffensiva che sono stati avviati da domenica 4 giugno. Fonti ufficiali ucraine hanno segnalato che le forze di Kiev sono passate da operazioni difensive a operazioni offensive nel settore di Bakhmut e avrebbe ro guadagnato tra 200 metri e quasi due chilometri sui fianchi della città. Le forze ucraine avrebbero nel complesso ottenuto guadagni tattici durante limitati contrattacchi localizzati nell’Oblast’ di Donetsk occidentale vicino al confine Donetsk-Zaporizhia Oblast dal 4 giugno e, inoltre, avrebbero condotto un attacco nella parte occidentale dell’Oblast’ di Zaporizhia nella notte tra il 7 e l’8 giugno, ma non sembra che abbiano avuto la capacità di aprire un varco nel sistema difensivo russo, di fatto limitando l’azione a un ingaggio statico.

Nel complesso, l’offensiva ucraina che si potrebbe sviluppare sul fronte è la migliore ma anche l’unica chance che Kiev ha per dare una svolta alla guerra. Kiev dovrà ottenere con questa operazione un risultato straordinario, l’alternativa, in caso di insuccesso o successo parziale, è quella di mantenere la guerra nello stato attuale, dove attaccanti e difensori non saranno in grado di imporre la propria volontà sull’altro, ma con un vantaggio strategico da parte di Mosca che ha e continua ad avere una predominanza quantitativa di mezzi e materiali, sebbene abbia perso anch’essa la possibilità di imporre una svolta decisiva. Ma è ben chiaro, e non può essere diversamente, che una controffensiva non produrrà un risultato militarmente decisivo e che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra.


Controffensiva ucraina? Non ancora, ma… Il commento di C. Bertolotti a SKY Tg24

Due gli scenari possibili: ma anche se la controffensiva avesse successo, la guerra durerà ancora a lungo


LINK all’intervista di Roberto Tallei al direttore Claudio Bertolotti, SKY tg24 Mondo (puntata del 5 giugno 2023)

È davvero iniziata la controffensiva tanto attesa?

Intesa come controffensiva in grado di ricacciare indietro i russi imponendo l’abbandono del fronte, quella ucraina rimane un miraggio perché il potenziale militare ucraino è adeguato per una guerra difensiva, tuttalpiù per azioni offensive limitate, contrattacchi, ma difficilmente potrebbe sostenere un’azione in profondità su tutto il fronte. In ogni caso, una controffensiva – e non una più semplice e limitata serie di azioni di contrattacco – può richiedere giorni, o addirittura mesi, prima di dare ottenere concreti.

Guardando alla situazione attuale, non abbiamo conferme ma i numeri delle truppe sul terreno e l’intensità del fuoco suggeriscono che ci si possa trovare di fronte a ciò che anticipa una possibile controffensiva e non ancora l’offensiva stessa. Quello che possiamo osservare potrebbero dunque essere azioni con un duplice scopo: il primo è saggiare la consistenza del sistema difensivo russo; il secondo è avviare una serie di azioni di inganno, come parte di un piano ben strutturato che ha per scopo quello di confondere i russi, obbligandoli a trasferire truppe e a indebolire i settori del fronte dove potrebbe poi concentrarsi la maggiore pressione ucraina. Dunque potremmo davvero iniziare a fare i conti sui risultati di una possibile controffensiva quando quei numeri cambieranno, passando da alcuni battaglioni, come oggi sembrerebbe il livello delle unità impegnate in azioni di contatto al fronte, con le brigate schierate in ordine di battaglia e impegnate in grandi manovre offensive.

Perché l’annuncio arriva da Mosca e perché Kiev nega?

Questo è un aspetto che rientra nella capacità di governare la comunicazione e la narrazione della guerra. Da una parte Kiev tiene il segreto sulle proprie operazioni, e questo è ben comprensibile, per una ragione di sicurezza delle unità sul terreno e perché sulla sorpresa si basa il successo di qualunque operazione militare. Dall’altra parte, Mosca nell’annunciare un’offensiva ucraina in realtà enfatizza la capacità russa di contenerne la spinta, presentando così all’opinione pubblica russa l’incapacità di Kiev di scardinare la tenuta delle posizioni delle stesse forze armate russe. Insomma, una strategia comunicativa in cui la Russia è soggetto attivo e passivo al tempo stesso.

Qual è l’obiettivo della controffensiva? Isolare la Crimea?

La questione non è quale sia l’obiettivo della controffensiva in sé, perché non è operativa la questione, bensì strategica. Dunque non tanto quante città, o porzioni di territorio verranno conquistate, bensì quanto l’operazione militare sarà in grado di scardinare il ben consolidato sistema difensivo russo e quanto, nel caso di successo, questo dovesse avere ripercussioni politiche sull’impegno militare russo in Ucraina. La controffensiva non deve necessariamente riconquistare i territori perduti, ma deve fiaccare il morale, scardinare il sistema militare russo in Ucraina, condizionare le scelte politiche di Mosca. E questo potrebbe avvenire colpendo in maniera rilevante la logistica, dunque l’autostrada M-14, cruciale asse stradale per la logistica russa, potrebbe essere un obiettivo primario, e la costa del Mar d’Azov tra le città di Berdyansk e Melitopol sarebbero probabili obiettivi in caso di una grande offensiva ucraina verso sud, questo al fine di isolare la Crimea e, di fatto, dividere lo sforzo russo, moltiplicandone i costi e gli sforzi logistici e operativi e colpendo, al tempo stesso, quello che è il simbolo principale della presenza russa in Ucraina, la Crimea.

Unità partigiane russe a supporto di Kiev?

Parliamo di elementi del Corpo dei volontari russi filo-ucraini (RDK) e della Legione della Libertà di Russia (LSR) che hanno condotto raid limitati nell’Oblast di Belgorod il 4 giugno e, secondo quanto riferito, continuerebbero a operare in un’area di confine all’interno del territorio russo usando le basi di partenza ucraine.

Non imbarazzano Kiev?

Oltre a ciò che accade sul campo di battaglia, siamo nel bel mezzo di una guerra cognitiva. Occorre dunque essere molto prudenti nel valutare le dichiarazioni di due parti in guerra. Certo, potrebbe essere imbarazzante, ma di fatto le unità partigiane non sono inserite organicamente nelle forze armate convenzionali. E questo fa di loro un jolly su cui, sul piano formale, la capacità di comando e controllo potrebbe essere limitata. Ma è davvero così? Difficile dirlo, certo è che fa comodo a tutti (governo ucraino in primo luogo) dichiarare di non averne il diretto controllo, per poi godere del vantaggio strategico che queste unità posso dare: in particolare il non diretto coinvolgimento di soldati ucraini in Russia, a fronte di un risultato dal forte impatto morale sull’opinione pubblica russa e d’immagine a danno della leadership russa che appare incapace di garantire la sicurezza all’interno dei propri confini.

Due scenari possibili: cosa accadrà?

L’offensiva ucraina che nelle prossime ore e giorni si potrebbe sviluppare sul fronte è la migliore ma anche l’unica chance che Kiev ha per dare una svolta alla guerra. Kiev dovrà ottenere con questa operazione un risultato straordinario, l’alternativa, in caso di insuccesso o successo parziale, è quella di mantenere la guerra nello stato attuale, dove attaccanti e difensori non saranno in grado di imporre la propria volontà sull’altro, ma con un vantaggio strategico da parte di Mosca che ha e continua ad avere una predominanza quantitativa di mezzi e materiali, sebbene abbia perso anch’essa la possibilità di imporre una svolta decisiva. Ma è ben chiaro, e non può essere diversamente, che una controffensiva non produrrà un risultato militarmente decisivo e che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva sull’altra.

Ora, a fronte di questa occasione unica che ha Kiev, e che non potrà essere ripetuta, ci troviamo di fronte a due scenari possibili.

Primo scenario: il successo ucraino. Il primo è quello di un’Ucraina in grado di imporre una un risultato soddisfacente a livello operativo, con la rottura del fronte, l’arretramento dei russi e la fine del sogno di gloria da parte di Mosca. E questo risultato sarebbe, sul piano strategico, la premessa per indurre Stati Uniti e Cina a spingere i loro alleati verso un tavolo negoziale che, da qualunque parte lo si guardi, sembra essere sempre svantaggioso per Kiev.

Secondo scenario: Kiev fallisce. Il secondo scenario, quello non auspicabile per l’Ucraina, è lo scenario peggiore, ossia quello del fallimento della controffensiva da cui deriverebbe di fatto la perdita di capacità offensiva e darebbe a Mosca la possibilità di tentare a sua volta una spallata risolutiva: Mosca ha i numeri per poterlo fare, pur a fronte dell’enorme e ulteriore sacrificio che dovrà accettare.

Ma in entrambi i casi, non si verrebbe fuori dallo stato cronico di guerra di attrito e logoramento in essere dallo scorso anno.