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Elezioni USA: lo stato dell’Unione, dal 1948 al 2024.

di Melissa de Teffè.

È inutile preoccuparsi troppo per la riduzione delle tasse, finché non avremo raggiunto alcuni degli obiettivi che dobbiamo raggiungere. Dirò loro (la gente ai comizi ndt) che la nazione più ricca del mondo è un fallimento se non è anche la più sana del mondo. Questo significa la migliore assistenza medica per le fasce di reddito più basse… E dirò loro che il sogno americano non è fare soldi. È il benessere e la libertà dell’individuo in tutto il mondo, dalla Patagonia a Detroit… E dirò loro che esiste un solo governo capace di gestire il controllo atomico, il disarmo mondiale, l’occupazione globale, la pace mondiale, e questo è un governo mondiale. Gli abitanti di 13 stati fondarono gli Stati Uniti d’America. Bene, penso che ora i cittadini di altrettante nazioni siano pronti a fondare gli Stati Uniti del Mondo, e intendo veramente gli Stati Uniti del Mondo, con una carta dei diritti, una legge internazionale, una moneta internazionale, una cittadinanza internazionale, e dirò loro che la fratellanza umana non è solo un sogno idealistico, ma una necessità pratica se l’umanità vuole sopravvivere.” 

Questa, una parte del dialogo di Grant Matthews, impersonato da Spencer Tracy nel film di Frank Capra, un milionario americano reclutato forzatamente nel 1948 come candidato presidenziale repubblicano contro Truman ( potete vederlo qui in originale su Youtube). 

Non è cambiato nulla da allora ad oggi. Nonostante tutti dicano che queste sono le elezioni più epocali del secolo, facendo i calcoli di Elon Musk, guardiamo a quella che è stato una delle tematiche scottanti nelle elezioni precedenti: la frode dei voti. 

Venerdì scorso, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha presentato una causa contro i funzionari elettorali della Virginia, accusando lo Stato di rimuovere nomi dagli elenchi degli elettori in violazione della legge elettorale federale. 

 La denuncia, depositata presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti ad Alexandria, Virginia, sostiene che un ordine esecutivo emesso ad agosto dal governatore repubblicano Glenn Youngkin, il quale pretende aggiornamenti quotidiani delle liste elettorali per rimuovere elettori non idonei, violi la legge federale. Secondo il National Voter Registration Act è necessario un “periodo di silenzio” di 90 giorni prima delle elezioni per gestire gli elenchi elettorali.   

“Il Congresso ha inserito un periodo di silenzio nel National Voter Registration Act per evitare azioni dell’ultimo minuto, che possano privare ingiustamente il diritto di voto agli elettori qualificati,” ha dichiarato Kristen Clarke, Assistente del Procuratore Generale degli Stati Uniti. “Il diritto di voto è il fondamento della nostra democrazia, e il Dipartimento di Giustizia continuerà a garantire la protezione dei diritti degli elettori qualificati.” Il 22 ottobre, la Corte Suprema della Georgia ha confermato la decisione di un tribunale inferiore di bloccare l’entrata in vigore di nuove regole di voto—come l’obbligo di conteggio manuale delle schede elettorali e altre disposizioni che, secondo i Democratici, avrebbero potuto ritardare la certificazione dei risultati elettorali—il che significa che, mentre il contenzioso continuerà, le regole non saranno in vigore durante le elezioni generali. 

Il 21 ottobre, giudici in Michigan e nella Carolina del Nord hanno respinto le cause legali presentate dal Comitato Nazionale Repubblicano (RNC) contro quegli elettori all’estero che votano come residenti di questi stati anche se non sono mai stati residenti, ma ci abitano i genitori, o il coniuge. Il giudice del Michigan ha definito l’azione un “tentativo dell’ultimo minuto per privare quegli elettori del diritto al voto.” 

Mentre entrambe le parti si muovono su diversi fronti – da un lato organizzando comizi negli Stati incerti, i cosiddetti “swing States”, dall’altro avviando cause legali per ottenere situazioni il più favorevoli possibile – emergono due importanti novità. La prima, sorprendente per molti, è che il Los Angeles Times e il Washington Post hanno scelto di non appoggiare ufficialmente nessuno dei due partiti, recuperando un’imparzialità che la stampa avrebbe sempre dovuto mantenere, ma che era stata abbandonata ormai da decenni. In risposta a questa decisione da parte della proprietà, il direttore del Los Angeles Times ha rassegnato le dimissioni, insieme ad altri giornalisti come Greene. Robert Greene e altri, hanno annunciato le loro dimissioni giovedì, il giorno dopo che Mariel Garza, direttore editorialista, si è dimessa in protesta alla decisione della proprietà, il Dr. Patrick Soon-Shiong, di non sostenere alcun candidato.  

Greene, vincitore del Premio Pulitzer per alcuni dei suoi editoriali, scrive nel Columbia Journalism Review di essere “profondamente deluso” dalla decisione di non appoggiare la Harris. – “Riconosco che spetta alla proprietà prendere questa decisione,” – ha scritto. “Ma è stato particolarmente doloroso perché Donald Trump, ha dimostrato ostilità verso i princìpi fondamentali del giornalismo — il rispetto per la verità e riverenza per la democrazia.” 

 Anche altri giornalisti del Washington Post hanno dato le dimissioni dopo l’annuncio di Jeff Bezos di allinearsi alla scelta del Times. “Il nostro compito al Washington Post è fornire attraverso la redazione notizie imparziali per tutti gli americani e opinioni stimolanti, basate su reportage, dal nostro team editoriale per aiutare i lettori a formarsi un’opinione,” ha dichiarato William Lewis, editore e CEO del giornale. Durante la corsa presidenziale del 2016, Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, avrebbe impartito al direttivo del giornale l’ordine di cercare qualsiasi notizia in grado di danneggiare Donald Trump e di esaltare Hillary Clinton. Oggi, la domanda che molti si pongono è se Bezos si sia ravveduto o se questa mossa sia dettata dalla necessità di tutelare i propri interessi economici, in risposta a potenziali ritorsioni. È importante notare che tali ritorsioni si sono già manifestate: numerosi lettori hanno infatti deciso di annullare il proprio abbonamento.  

Da un’osservazione esterna, emerge che il giornalismo investigativo sembra oggi relegato a pochi professionisti che hanno abbandonato le sicurezze offerte dai grandi gruppi mediatici, sia nel settore della stampa che della televisione, per avviare iniziative indipendenti. Questi giornalisti, attraverso piattaforme come YouTube o canali televisivi privati, cercano di fornire un’informazione alternativa a quella predominante. Tra di loro, Candace Owens ha intrapreso un’indagine approfondita sulle origini della vice presidente Kamala Harris. Owens sostiene di aver scoperto che Harris, contrariamente a quanto affermato, è nata in una famiglia molto benestante e non ha alcuna provenienza genealogica con la comunità di colore. Per cui rileggendo le affermazioni di Green viene spontaneo chiedersi perchè queste informazioni non sono state condivise da questa stampa preparata e privilegiata, ma solo una persona in tutto il paese, sembra essersi dedicata a fare ricerca? 

Concludo condividendo alcuni fatti vissuti durante un lungo viaggio attraverso vari stati del West degli Stati Uniti. Ho osservato da vicino l’ampia presenza di senzatetto e il profondo senso di sofferenza che caratterizza le strade. La disparità economica tra ricchi e poveri è palpabile: da un lato ci sono famiglie che possiedono tre o quattro ville, spesso utilizzate solo in occasioni speciali o lasciate vuote, mentre dall’altro lato molti vivono in condizioni precarie, con difficoltà non solo ad acquistare beni di prima necessità a causa dei prezzi elevati, ma anche a fronteggiare stipendi che non coprono il costo della vita.  

 Le spese per elettricità, carburante e alimentari sono in aumento, e le difficoltà economiche si avvertono tanto in America come in Europa. Nelle città, i senzatetto sono veramente tanti,si muovono come ombre, avvolti in felpe che nascondono volutamente i loro volti, privandosi visivamente di identità e descrizione. Tanti vagano con le loro borse in spalla e molti altri si trovano ai semafori con pezzi di cartone su cui chiedono aiuto.  

Sebbene non esista una soluzione semplice a questa crisi, è chiaro che un approccio meno spietato nella ricerca del profitto potrebbe contribuire a un miglioramento generale per tutti. Come gocce d’acqua che formano un mare, così piccoli cambiamenti nella mentalità potrebbero fare la differenza. Meno avidità e più generosità farebbero miracoli.