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Ucraina: Generali sotto tiro e “terminator” in azione in Donbass (D+87)

di Luigi Chiapperini*

Punto di situazione sul conflitto russo-ucraino al D+87

La fase più critica del conflitto in Ucraina si sarebbe forse potuta chiudere in due o tre giorni solo se il presidente Zelensky fosse fuggito e il governo ucraino fosse crollato. A quel punto si sarebbe assistito all’inizio dell’occupazione russa con il molto probabile avvio della resistenza ucraina sotto forma di guerriglia.

Ma tutto ciò non è avvenuto e la situazione sul terreno è quella che un po’ tutti abbiamo imparato a conoscere: il tentativo fallito di assedio a Kiev e la penetrazione nell’est con attacchi reiterati su Kharkiv dall’esito anch’esso non positivo mentre a sud la situazione, che ha visto le forze russe provenienti dalla Crimea e quelle filo-russe del Donbass chiudere l’Ucraina in una sorta di enclave terrestre (ad esclusione al momento di Odessa il cui porto peraltro è chiuso con conseguenze drammatiche per l’approvvigionamento di cereali nel mondo), sembra essersi cristallizzata da qualche settimana.

Colpa dei generali russi che avrebbero pianificato male e condotto peggio l’operazione?

In un ambiente permeato dalla cultura del capro espiatorio è stato alquanto normale “silurare” un certo numero di vertici militari, tra i quali il generale Serhiy Kisel, che sarebbe stato sospeso “per non essere riuscito a conquistare Karkhiv”, e il vice ammiraglio Igor Osipov, che sarebbe stato licenziato “a seguito dell’affondamento dell’incrociatore Moskva”. Probabilmente anche il capo di stato maggiore russo, il Gen. Valeriy Gerasimov, non avrebbe più la totale fiducia di Putin ma al momento sembra essere rimasto al suo posto.

Lo scopo dell’attacco, ma anche il modo con il quale l’Ucraina è stata invasa il 24 febbraio scorso, ha fatto partorire discussioni e teorie più o meno valide tra vecchi e nuovi geo-strateghi e analisti militari (affidabili o presunti tali).

A nostro avviso quella russa è stata una penetrazione su un fronte troppo ampio (ben 1.500 km. circa) verosimilmente non per un errore operativo da parte dei decisori militari russi (sarebbe stato veramente imperdonabile) ma per una scelta strategica da parte del vertice politico ben precisa ancorché azzardata: indurre il panico nella popolazione e nelle istituzioni e costringere il governo ucraino a capitolare in pochi giorni. O almeno così si sperava.

Come sappiamo, ciò non è avvenuto e pertanto i russi hanno dovuto dapprima, ma senza successo e con non pochi problemi di natura essenzialmente logistica, immettere le seconde schiere e le unità in riserva e successivamente riarticolare l’intero dispositivo abbandonando gli sforzi su Kiev e più recentemente su Karkiv per assicurare una sufficiente gravitazione delle forze nelle aree che possono essere considerate gli obiettivi territoriali minimi di Putin: la regione completa del Donbass e l’area costiera meridionale dell’Ucraina.

Il tutto naturalmente in funzione delle richieste russe al tavolo delle trattative che si rifanno verosimilmente al discorso del presidente Putin del 22 febbraio 2022: Ucraina neutrale, Crimea russa, Donbass “libero”.

In realtà il numero dei cosiddetti BTG (Batalonnaja Takticheskaja Gruppa), cioè delle Task Force russe di livello battaglione impiegate (ognuna costituita da circa 800-1.000 soldati), è stato sinora di circa 90 su 180 totali teoricamente disponibili nella Federazione russa. Le sole forze di manovra russe in Ucraina sono pertanto formate da circa 80-90.000 soldati mentre il totale impiegato, comprese le milizie delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, raggiunge verosimilmente le 150.000 unità. Le forze armate ucraine dovrebbero invece aver ormai toccato, tra forze regolari e milizie territoriali, le 200-250.000 unità dislocate però sull’intero territorio nazionale, naturalmente con una maggiore concentrazione nelle aree a contatto con quelle russe dove si presume siano impiegati circa 150.000 soldati e miliziani (non tutti impiegabili in un combattimento ad alta intensità). Da questi numeri si può dedurre pertanto un rapporto di forza che solo attualmente è di 1:1 mentre a inizio conflitto, stante la eccessiva lunghezza del fronte, era verosimilmente sfavorevole alle forze attaccanti russe la cui superiorità aerea e qualitativa di alcuni degli equipaggiamenti non sembra peraltro essere stata decisiva. Se infatti esaminiamo quello che nelle scuole di guerra si definisce “rapporto di spazio”, si scopre che a inizio operazione, con il numero disponibile di BTG, che teoricamente avrebbero potuto coprire circa 600 (massimo 900) km. sulla fronte, i russi hanno dovuto invece attaccare gli ucraini su un’ampiezza non sostenibile in quanto pari quasi al doppio di quanto previsto dalla dottrina.

Da qui, oltre ad altri fattori come l’ottima performance dell’esercito ucraino (quadri preparati, soldati motivati, piani predisposti) e l’aiuto che si è rivelato fondamentale da parte occidentale (in particolare la presunta “assistenza” all’intelligence ucraina, armi controcarro e sistemi d’arma contraerei moderni ed efficaci), è scaturito il mancato raggiungimento di tutti gli obiettivi iniziali auspicati dalla leadership russa.

La seconda fase, in atto, delle operazioni russe

Alla prima fase dell’attacco “generalizzato” che ha coinvolto quasi la metà dell’intera frontiera terrestre ucraina, parzialmente fallito, è seguita la fase attuale che vede i russi combattere su un fronte molto più ristretto a sud-est e a sud. Ma le notizie che pervengono dalla linea di contatto ci raccontano di una avanzata che, pur con successi locali, continua ad essere ancora relativamente lenta. Molti commentatori ritengono che anche in questa seconda fase l’offensiva russa abbia raggiunto il culminating point (punto culmine), cioè una situazione in cui non sarebbe più in grado di operare avendo immesso in combattimento tutto il suo potenziale bellico senza aver completato la missione.

È veramente così? Probabilmente no. Bisogna tener conto del fatto che siamo di fronte ad un conflitto che almeno inizialmente aveva natura simmetrica, intesa come confronto tra forze convenzionali di qualità e consistenza pressoché similari e che grazie agli aiuti occidentali continuerà ancora ad essere tale. È vero che anche in questo quadrante le truppe russe hanno subito pesanti perdite come ad esempio nel tentativo di forzare il fiume Siverskyi Donets, ma è d’uopo evidenziare che oltre alla sin qui efficace resistenza degli ucraini che, non dimentichiamolo, conoscono molto bene l’area avendo operato negli ultimi otto anni contro i separatisti russofoni, l’offensiva delle forze russe e filo-russe risente negativamente di orografia, idrografia e presenza antropica che non consentono una agevole manovra, manovra che grazie ad alcuni importanti successi locali solo ora sembra iniziare a produrre risultati positivi in particolare a Izyum, a Popasna e nella stessa Severodonetsk.

Inoltre i russi possono contare ora non solo sulle forze recuperate e già immesse nuovamente in combattimento dalle direttrici non più operative del nord (Kiev) e del nord est (Sumy), ma anche sui circa 10 BTG che erano impegnati a Mariupol. Questi ultimi, dopo un adeguato ricondizionamento, potranno andare a rafforzare la gravitazione esercitata su Severodonetsk dando la spallata decisiva alle forze ucraine in difesa oppure per andare a ristabilire una linea del fronte che a Kherson-Mykolayiv continua a presentare non pochi problemi. 

Comunque lo sforzo principale in questa fase sembra essere proprio quello in Donbass dove i BTG russi, come detto, operano nelle aree di Izyum (per sfondare a sud-est verso Slovyansk) e di Popasna (per raggiungere verso nord Severodonetsk e nord-ovest Kramatorsk), allo scopo di assumere il controllo dell’autostrada M3 (E-40). Questa manovra di accerchiamento chiuderebbe in una sacca i reparti ucraini (probabilmente una ventina di BTG) impegnati nel saliente di Izyum-Lyman-Severodonetsk-Hirske-Popasna.

Se la manovra di accerchiamento tra Izyum e Popasna dovesse avere successo, sarebbe indubbiamente raggiunto e superato un punto decisivo della linea di operazione il cui obiettivo è la conquista dell’intero Donbass.

Sempre a sud, dopo ben 84 giorni di resistenza nelle locali acciaierie, divenute ormai un ammasso di macerie, Mariupol è stata definitivamente conquistata. I russi e le milizie del Donbass, oltre ad aver liberato forze da poter impiegare altrove, hanno così assicurato quel continuum territoriale con la penisola di Crimea che riveste grandissimo valore simbolico oltre che economico. Inoltre, mentre continua lo sforzo verso nord per raggiungere l’importante città di Zaporizhzia, a nord-ovest della penisola si continua a combattere lungo la linea Kherson – Mykolayiv con esito alterno sin dall’inizio del conflitto. La mancata acquisizione completa di questa area, oltre alle perdite dell’incrociatore lanciamissili Moskva e di alcune navi anfibie, è uno dei motivi per i quali i russi non sono ancora riusciti ad attaccare Odessa, altra città simbolo dell’Ucraina e “porta da sfondare” per congiungere la Russia alla Transnistria, regione moldava dichiaratasi anch’essa autonoma e che nel 2014 ha chiesto l’adesione a quella che considerano la loro “madrepatria”.

Riassumendo, concentrando l’attenzione agli “oblast” meridionali dell’Ucraina, i russi intendono finalmente impiegare in maniera più consona e rispondente ai principi basilari della dottrina militare le proprie unità, almeno per quanto riguarda il giusto rapporto di forze e spazio. Il fronte ha ora una lunghezza tale da poter essere investito con maggiore efficacia dai BTG disponibili.

I russi hanno sicuramente subito perdite considerevoli, ma gli ucraini hanno visto le proprie componenti corazzata e aerea quasi completamente distrutte e una parte consistente del proprio territorio cadere in mani russe. Solo i citati aiuti militari occidentali, compresi i carri armati T-72 polacchi, e la loro grandissima motivazione, hanno consentito agli ucraini di continuare a porre in atto una difesa alquanto efficace che potrebbe portare eventualmente a un conflitto di attrito e quindi di lunga durata. Ecco che per i russi potrebbe essere necessario passare alla fase 2.1, cioè vincere in Donbass e nell’area di Odessa nel più breve tempo possibile impiegando nuovi micidiali mezzi.

I possibili nuovi protagonisti dei campi di battaglia in Ucraina

Per detti motivi, oltre a un impiego ancora più massiccio dei migliori sistemi d’arma come i missili ipersonici ad alta precisione aria-terra Khinzal e terra-terra Iskander con gittate rispettivamente di 2.000 e 500 km. o i micidiali TOS-1 (Buratino), sistemi montati su telai di carri armati T-72 in grado di lanciare missili con testate termobariche, alcuni ritengono che stiano per comparire sul campo di battaglia altri sistemi d’arma russi modernissimi che per una serie di motivi, primo tra tutti proprio perché da poco usciti dalle linee di montaggio, non sono stati ancora impiegati.

Ecco alcuni di questi nuovi mezzi, limitandoci a quelli operanti nell’ambiente terrestre che è risultato essere stato sinora quello più sanguinoso e che sarà decisivo per le sorti del conflitto.

Come detto, fondamentale risulta la capacità di acquisire informazioni su entità, dislocazione natura e atteggiamento del nemico. Per fare questo anche gli ucraini dispongono di droni (alcuni dei quali probabilmente forniti dalle nazioni che stanno contribuendo alla sua difesa) contro i quali sembra che negli ultimi giorni i russi abbiano utilizzato un sistema d’arma laser, lo Zadira, che secondo il vice premier russo Yuri Borisov è “capace di incenerire un drone ma anche altri mezzi a 5 km di distanza”.

Relativamente ai mezzi più “convenzionali”, sin dall’inizio delle operazioni i russi impiegano i carri armati T-72B3M e quelli delle serie T-80 e T-90, i quali sono equipaggiati con sistemi di protezione ERA (Explosive Reactive Armour, cioè corazzature reattive esplosive) del tipo Kontakt-5 e Relikt, considerate fino a febbraio molto avanzate ma che sono risultate non sufficientemente idonee a fronteggiare le nuove minacce dei temibili missili controcarri occidentali, ad esempio i Javelin.

Ecco perché la Russia potrebbe inviare in Ucraina i mastodontici (rispetto agli standard dei veicoli sinora prodotti in oriente) T-14 Armata, mezzi con caratteristiche similari a quelle dei carri occidentali sia in termini di dimensioni che di utilizzo esteso dell’elettronica ma che avrebbero la capacità di sparare fino a dieci colpi da 125 mm. al minuto e colpire bersagli a una distanza di sette chilometri.

Per dare un’idea di quanto sia potente l’ultimo nato in casa russa, il carro armato statunitense M1 Abrams può sparare “solo” tre colpi al minuto e ha una portata di “appena” 4.500 metri. Inoltre, il nuovo carro dispone di corazza reattiva Malachit e di un sistema di protezione attiva Afganit che include un radar a onde millimetriche per rilevare, monitorare e intercettare munizioni anticarro in arrivo a similitudine dell’avanzatissimo sistema israeliano Trophy. Di MBT (Main Battle Tank) T-14, che ha avuto una genesi a dir poco travagliata proprio a causa della sua complessità e dei costi di sviluppo e produzione molto elevati, ce ne sono al momento disponibili relativamente pochi (alcune decine) nelle disponibilità di una delle divisioni di punta dell’esercito russo, la 2^ Divisone della Guardia “Tamanskaya”. La domanda è se i russi si fideranno ad immettere in combattimento un veicolo sicuramente mobile, protetto e potente ma verosimilmente non ancora maturo in quanto non testato a sufficienza.

Sui campi di battaglia dell’Ucraina potrebbe comparire anche il nuovo mezzo da combattimento per la fanteria da affiancare al T-14. Avendo la stessa piattaforma ha lo stesso nome, Armata, ma con codice identificativo diverso: T-15. I fanti russi, che hanno subìto pesanti perdite a seguito della distruzione di mezzi scarsamente protetti come i BMP-2 e 3, non vedono l’ora di riceverli ma non sarà così semplice. Come per i T-14, ne sarebbero disponibili al momento poche decine di unità. Anche questo mezzo, inoltre, potrebbe avere gli stessi problemi di “maturità” del fratello maggiore T-14.

Un altro mezzo micidiale che è già stato dispiegato verso la metà del mese di maggio 2022 in Donbass è il BMPT Terminator-2, un veicolo idoneo ad affiancare i carri armati in particolare nei centri abitati in quanto dispone di un set di armi composito: una mitragliatrice cal. 7,62 e due lanciagranate anti personale, due cannoni da 30 mm contro veicoli blindati e 4 lanciatori per missili guidati contro carri. Il modello che viene già impiegato è su scafo T-72, quindi risalente all’epoca sovietica ancorché migliorato. Un nuovo modello molto più protetto, più automatizzato e anche con capacità contraerea è il BMPT-15 Terminator-3, un sistema d’arma su scafo del citato Armata.

Grazie alla disponibilità di detti mezzi, i russi potrebbero costituire alcuni BTG modernissimi con i quali dare l’ultima spallata alla resistenza ucraina in Donbass e a Odessa.

* Generale di Corpo d’Armata dei lagunari Luigi Chiapperini, già pianificatore nel comando Kosovo Force della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, Vice Capo del Reparto Pianificazione Generale e Direzione Strategica / Politica delle Alleanze presso lo Stato Maggiore Difesa, Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito e collaboratore del Campus universitario CIELS di Padova.




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