Guerra Israele-Hamas: quale scenario dopo la tregua? RaiNews24

di Claudio Bertolotti


Dall’intervento del direttore Claudio Bertolotti a In un’ora, RaiNews 24, puntata del 27 novembre 2023.

La tregua e le sue dinamiche

Guardando alla striscia di Gaza e al territorio israeliano, al momento non sembrano esserci stati episodi significativi in grado di influire sulla tenuta della tregua tra le parti, comprese eventuali iniziative da parte del libanese Hezbollah. Ad oggi sembra che entrambe le parti siano interessate ad estendere il cessate il fuoco per altri 4 giorni. Per Israele è un’opzione vantaggiosa dal punto di vista politico e di ricerca di consenso, anche perché ciò offrirebbe maggiori garanzie per eventuali altri prigionieri rapiti che potrebbero essere rilasciati dai terroristi di Hamas. Per contro, lo svantaggio per Israele sarebbe tattico e operativo, perché lascia le truppe schierate sul terreno in una posizione di relativa vulnerabilità e darebbe ad Hamas il tempo per riorganizzare la propria capacità di comando e controllo e logistica, fortemente compromessa dall’uccisione di ben cinque comandanti di medio-alto livello negli ultimi giorni[1].

Per Hamas, si rileva un apparente risultato politico nell’aver ottenuto una tregua con Israele, ma non dobbiamo dimenticare che questa non è una concessione da parte di Hamas, bensì il risultato di un’operazione controffensiva israeliana che ha messo sotto pressione la leardership palestinese, sia quella politica che quella militare. Va però rilevato che lo stesso Hamas ha tratto grande vantaggio sul piano militare poiché, oltre alla riorganizzazione in atto, una consistente parte degli aiuti umanitari, in particolare il carburante, verrebbe dirottata prioritariamente a sostegno dei combattenti e non della popolazione civile.

Quale lo scenario futuro?

Sul prolungamento del cessate il fuoco sembra che ci sia una posizione condivisa nel proseguirlo poichè, di solito, o sono estesi da un accordo fatto mentre sono in vigore o sono infranti prima della scadenza. E al momento non sembrano esserci violazioni significative in corso.

Difficile anche fare previsioni circa l’andamento della guerra, per quanto appaia imprescindibile il risultato di una vittoria israeliana e questo non per una ragione limitata all’andamento della guerra, bensì per l’esistenza stessa dello Stato di Israele che, se non fosse in grado di imporre con la forza la propria superiorità su Hamas, creerebbe un pericoloso precedente a cui seguirebbero altre azioni offensive a danno dei cittadini israeliani all’interno di Israele e non solo da parte palestinese. È dunque una questione di sopravvivenza per Israele, che non farà sconto alcuno, nonostante il prolungamento del cessate il fuoco.

Per contro, Hamas guarda al futuro immediato con la speranza di un allargamento del conflitto che sembra però uno scenario che si allontana sempre di più, con un Iran sempre più convinto a non spingere verso un’escalation che sarebbe devastante per Teheran. Iran, che non vuole essere coinvolto direttamente in una guerra regionale ma che persiste nel sostenere ed alimentare azioni di disturbo da parte dei suoi attori di prossimità, dal libanese Hezbollah alle milizie nello Yemen e in Iraq.

E allora ad Hamas, esclusa l’ipotesi di un’escalation orizzontale che coinvolga tutti gli attori regionali, resta l’opzione dell’allargamento interno, con il coinvolgimento delle milizie palestinesi della Cisgiordania che otterrebbero il risultato di impegnare le truppe israeliane su un secondo eventuale fronte.


[1] I comandanti uccisi sarebbero: il comandante della Brigata della Striscia di Gaza settentrionale Ahmed Ghandour, a capo delle attività di Hamas nel nord della Striscia di Gaza. Gli attacchi aerei israeliani avrebbero anche ucciso Farsan Khalifa, il capo del Comitato Tulkarm di Hamas responsabile di aver reclutato e formato le cellule di combattenti nel campo profughi di Nur al Shams, vicino a Tulkarm, in Cisgiordania.