Guerra russo-ucraina: prospettiva tattica per comprendere gli sviluppi della guerra (Prima parte, D+63)
di Fabio Riggi
A
Artiglieria, mezzi corazzati e fanteria: dall’interazione di questi elementi, e anche di quello, molto importante, relativo alla fine graduale della stagione del disgelo (la “Rasputitsa”), che renderà più favorevole la manovra fuori strada alle forze motorizzate e corazzate russe, dipenderà molto dell’esito della battaglia del Donbas, che molto probabilmente vedrà un graduale aumento della pressione degli attaccanti già da questa settimana.
Fabio Riggi
Key Takeaways:
- Da Izyum alla conquista del Donbas;
- Il combattimento nei centri abitati avvantaggia gli ucraini;
- La pianura è diventata impervia per i carri russi? Spazio alla dot-trina (e alla fanteria);
- L’antidoto russo contro la resistenza ucraina: carri armati e artiglieria.
Il conflitto tra Russia e Ucraina è giunto a oltre due mesi di durata, e anche per ciò che riguarda il livello tattico gli elementi emersi fino a questo momento rendono possibile e opportuno abbozzare alcune considerazioni, e sottolineare alcuni elementi emersi fino a questo momento.
Da Izyum alla conquista del Donbas
Dal punto di vista del quadro generale delle operazioni, dopo aver completato, sostanzialmente in buon ordine, la complessa manovra di ripiegamento dai settori di Kiev e del nord-est dell’Ucraina, le forze terrestri russe sono ora impegnate nella condotta del loro principale sforzo offensivo lungo la linea di contatto del Donbas (in realtà, dopo le prime avanzate delle truppe di Mosca e di quelle delle repubbliche separatiste non più corrispondente a quella iniziale antecedente al 24 febbraio), lungo l’asse di penetrazione posto subito a sud di Izyum, posizione chiave conquistata dai russi il 1° aprile scorso e direttrice che rappresenta il braccio settentrionale della manovra di singolo avvolgimento che i russi stanno perseguendo ormai da settimane ai danni delle brigate ucraine schierate a difesa del Donbas, e più sud-est nella regione di Zaporizhia. La propaggine est di questa manovra, che ha prodotto un andamento convesso del fronte, è il saliente di Severodonetsk, formato a nord da quest’ultima città e circa 35 km a sud da quella di Popasna. Al momento, i russi avrebbero conquistato diversi centri abitati, sia a sud di Izyum sia nord di Severodonetsk, così come almeno una parte di Popasna. Pesanti martellamenti di artiglieria e aviazione, con seguenti attacchi, sono in corso lungo tutta la linea del Donbas e nel settore meridionale di Zaporizhia (dove starebbero operando almeno una parte delle unità russe già impegnate nell’assedio di Mariupol). In particolare, le azioni russe sono in corso sui centri di Vulhedar, Mariinka, Ocheretyne, Krasnohorivka, Novomykhailivka e Avdiivka, mentre più a sud ugualmente investiti dall’offensiva russa sono gli abitati compresi tra Polohy e Huliaiopole, in particolare Orikhiv, Huliaipilske, Malynivka, Stepnohirsk, Neskuchne, Pavlivka, Novodanylivka, Poltavka, Zaliznychne, Preobrazhenka, Vremivka, Belogiria, Temyrivka e Novoandriyivka, dove si starebbero registrando alcune avanzate delle forze russe. A nord, nel settore di Kharkiv, un contrattacco ucraino condotto dalla ormai celebre 92a brigata meccanizzata punta da giorni, avanzando lentamente, sul nodo di Kupiansk (un punto vitale lungo l’asse logistico delle forze russe che parte da Belgorod passando per Valuiky) è ancora in corso, e ha prodotto la conquista di alcuni insediamenti a sud-est di Kharkiv. Nel settore occidentale, quello dell’importante testa di ponte di Kherson, la controffensiva ucraina proveniente da Mykolayiv (ancora nel raggio d’azione dell’artiglieria russa) è ancora in corso, mentre unità russe nei giorni scorso avevano ripreso a condurre delle puntate offensive a nord, verso Krivyi Rih.
Il combattimento nei centri abitati avvantaggia gli ucraini
Come si può vedere, il sommario riassunto delle operazioni in corso continua a essere punteggiato dai combattimenti incentrati sui numerosi centri abitati della regione, e questo induce a sviluppare la prima di una serie di considerazioni su alcuni degli elementi propri del livello tattico del conflitto. Se è vero che ampie zone dell’Ucraina, e in particolare quelle meridionali dove ora sono concentrati i principali sforzi offensivi dell’esercito russo, sono pianeggianti, e quindi tecnicamente definibili a “elevato indice di scorrimento”, dunque teoricamente favorevoli alla manovra di forze pesanti (meccanizzate e corazzate), così com’è avvenuto in questi luoghi nella seconda guerra mondiale in varie e importanti fasi del conflitto sul fronte orientale, è però oggi necessario tenere conto del processo di urbanizzazione avvenuto in quell’area nei decenni che ci separano dagli anni ’40 del secolo scorso. L’efficacia mostrata fin’ora dalle azioni difensive delle unità ucraine, condotte con ampio uso di varia tipologia di armi controcarro, pare essere stato grandemente favorito proprio dalla rete di centri abitati che oggi si trovano sparsi sul territorio, insediamenti sui quali sono state incentrate la maggior parte delle posizioni di frenaggio e resistenza delle forze di Kiev. In realtà, l’effettiva letalità dei sistemi controcarro utilizzati dai difensori, ad onta del profluvio di notizie di stampo propagandistico e della messe, disordinata e “incompetente”, di materiale che popola i social sin dalle prime ore della guerra, è ancora tutta da valutare, e ciò sarà possibile in modo realmente compiuto e aderente alla realtà solo tra molto tempo. Tuttavia, è ragionevolmente certo che il volume di fuoco erogato dall’armamento controcarro dei reparti ucraini ha sicuramente dato un contributo nel rallentare, o anche disarticolare, le avanzate di quelli russi.
La pianura è diventata impervia per i carri russi? Spazio alla dottrina (e alla fanteria)
Il processo in base al quale “la pianura è diventata impervia” per eserciti fortemente meccanizzati, quale quello russo, è stato già studiato in modo approfondito dall’esercito statunitense e da altri della NATO nel corso della guerra fredda, in particolare sul finire degli anni ’70 e nei primi anni ’80 dello scorso secolo. Traendo spunto dall’approfondita analisi dei brillanti successi ottenuti dagli israeliani nella difesa delle alture del Golan nella guerra del Kippur del 1973, lo US Army elaborò quella che venne definita “difesa attiva”, basata sullo sfruttamento di ben organizzate posizioni difensive basate sul massimo sfruttamento del terreno e degli ostacoli che esso offre, dalle quali erogare un elevato volume di fuoco, in particolar modo con sistemi controcarro, in particolare quelli missilistici e media e lunga gittata, “Anti Tank Guided Missile” (ATGM), integrandoli con l’azione difensiva di carri, per infliggere all’attaccante perdite così pesanti da smorzarne l’impeto e in definitiva arrestarne la progressione. Ciò sarebbe servito nella condotta di operazioni difensive che si prevedeva di dover eseguire su quello che era conosciuto come il “Fronte Centrale” della NATO, in Germania, contro le all’epoca preponderanti forze motorizzate (così come nella terminologia sovietica, e oggi in quella russa, sono denominati i reparti di fanteria che in occidente sono indicati come meccanizzati) e corazzate sovietiche, nel quadro di un ipotetico confronto armato con il Patto di Varsavia. La “difesa attiva” venne formalizzata nel corpus dottrinale dell’esercito statunitense con la pubblicazione Field-Manual 100-5 (FM 100-5) del 1976, e poi recepita anche in ambito NATO. L’esercito britannico, in particolare, nell’esaminare lo stesso problema tattico riferito al “Fronte Centrale” (dove schierava le sue forze in corrispondenza delle grandi pianure della Germania settentrionale) esaminò il caso storico dell’operazione “Goodwood”, l’offensiva condotta dalla 2a armata britannica, in Normandia, subito a sud di Caen, durante la seconda guerra mondiale, dal 18 al 20 luglio 1944, quando l’attacco di 5 divisioni britanniche (2 di fanteria e 3 corazzate), preceduto da un imponente fuoco di preparazione terrestre e aereo, fu dapprima contenuto e poi definitivamente arrestato dalla tenace di difesa di unità tedesche appoggiate a una serie di centri abitati organizzati in capisaldi dai quali entravano in azione cannoni controcarro e semoventi cacciacarri. Dopo aver effettuato una serie di simulazioni (“wargames”), i britannici elaborarono il concetto tattico di “Framework Defense”, basato sull’organizzazione a difesa della “rete” di centri abitati presente nelle pianure tedesche, uno schema ripreso a sua volta dallo US Army con la cosiddetta “Grid Defense”, e basato ampiamente sul ricorso a unità di fanteria leggera (o comunque appiedata, nel caso di unità di fanteria meccanizzata), in grado di sfruttare al meglio il valore difensivo offerto dai numerosi piccoli e medi insediamenti urbani che punteggiano il territorio tedesco. La “Grid Defense” fu studiata anche in Italia, come si evince da due articoli apparsi sulla Rivista Militare, il periodico ufficiale dell’Esercito Italiano: “Impiego della fanteria non meccanizzata” (Rivista Militare gennaio-febbraio 1983) e la “la Grid Defense” (Rivista Militare marzo-aprile 1985), scritti dall’allora tenente colonnello Fabio Mini.
Uno sguardo, anche approssimativo, alle caratteristiche del terreno presente nel Donbas ce lo mostra con non poche analogie, per ciò che riguarda il livello di urbanizzazione, seppur su una scala lievemente minore, con quello del celebre “varco di Fulda”, in Germania, o con quello delle altre grandi pianure tedesche, e ancora con quello dell’Italia nord-orientale, oggetto di studio nell’era del confronto bipolare dei piani difensivi dell’Esercito Italiano, e pertanto menzionato espressamente nei citati articoli. Esso risulta fortemente compartimentato, non solo per la presenza di centri abitati, ma anche di infrastrutture industriali, rurali e coltivazioni ad alto fusto, tutti elementi che limitano i campi di vista e di tiro e la sua percorribilità per le formazioni meccanizzate e corazzate. Pertanto, da quando il 19 aprile, come dichiarato da entrambe le parti in lotta, l’offensiva nel Donbas e nel sud-est dell’Ucraina ha avuto inizio, è ben spiegato il lento e sistematico progredire delle forze russe attaccanti, che si sono impegnate in una serie di metodici attacchi alle numerose cittadine e villaggi che si trovano nell’area di operazioni.
L’antidoto russo contro la resistenza ucraina: carri armati e artiglieria
In particolare, già durante le analisi compiute durante la guerra fredda era stato individuato con precisione l’ “antidoto” alle posizioni della fanteria con ATGM: il fuoco di artiglieria. A ben vedere, il miglioramento dello stretto coordinamento delle forze corazzate con l’artiglieria per parare la minaccia dei sistemi controcarro avversari fu uno dei primi correttivi adottati degli israeliani già durante la guerra del Kippur del 1973, subito dopo i primi giorni di conflitto, nell’area di operazioni della penisola del Sinai, accorgimento che non mancò di produrre subito positivi risultati. A tal riguardo, negli anni ’90 dello scorso secolo l’esercito tedesco giunse alla conclusione che la poderosa artiglieria sovietica avrebbe potuto neutralizzare la maggior parte dei capisaldi difensivi e gli schieramenti controcarro degli ATGM della fanteria, traendone alcune riflessioni sull’impiego di queste armi. A tutti gli effetti, il massiccio ricorso al fuoco di artiglieria, sempre nell’ambito di azioni offensive metodiche e progressive, è proprio ciò che le forze russe, nel solco della loro dottrina e tradizione, stanno attuando nel corso della loro offensiva nel Donbas. Peraltro, è bene notare come a fare da contraltare al vantaggio dei difensori sul terreno urbanizzato e compartimentato del Donbas e del sud dell’Ucraina vi è un altro elemento generale di non poco conto, che ancora emerge dall’esame delle operazioni in corso: i russi paiono mantenere ben salda l’iniziativa, mentre i contrattacchi condotti dagli ucraini hanno per il momento ancora un carattere limitato e locale. A tutti gli effetti, le principali critiche che sorsero poco tempo dopo l’introduzione della “difesa attiva”, già nell’ambito dell’esercito statunitense, furono proprio riferite al fatto che essa appariva troppo rinunciataria nei confronti dell’ipotesi di riguadagnare l’iniziativa a livello tattico con contrattacchi di più ampio respiro di quelli locali, affermando che al fine di conseguire risultati di valore operativo occorreva un mutamento di approccio per riprendere a pensare di “vincere” la battaglia, piuttosto che limitarsi a “non perderla”. Da queste riflessioni, nel corso degli anni ’80 sorse la nuova dottrina denominata “Air Land Battle”, più articolata in senso offensivo e rivolta al conseguimento di risultati decisivi. Dall’interazione di questi elementi, e anche di quello, molto importante, relativo alla fine graduale della stagione del disgelo (la “Rasputitsa”), che renderà più favorevole la manovra fuori strada alle forze motorizzate e corazzate russe, dipenderà molto dell’esito della battaglia del Donbas, che molto probabilmente vedrà un graduale aumento della pressione degli attaccanti già da questa settimana.
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