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Il dilemma della difesa europea: perché PESCO e altre iniziative non riescono mai a dare risultati

di Andrea Molle, dagli Stati Uniti.

L’Unione Europea ha sempre aspirato a rafforzare la sua sicurezza collettiva e l’autonomia strategica. Negli ultimi anni, iniziative come la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), il Fondo europeo per la difesa (EDF) e la Revisione annuale coordinata sulla difesa (CARD) sono state lanciate per potenziare le capacità di difesa europee. Tuttavia, queste iniziative, pur essendo simbolicamente significative, non sono riuscite a dare all’Europa un framework per la sicurezza coerente ed efficace. Con l’aumento delle tensioni geopolitiche, in particolare con una Russia sempre più aggressiva e l’instabilità in corso in Medio Oriente e Nord Africa, è giunto il momento per l’Europa di riconoscere i difetti fondamentali nel suo attuale approccio alla difesa e considerare soluzioni più radicali.

Ad oggi, la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) continua a essere il quadro di riferimento dell’Unione Europea per approfondire la collaborazione in ambito difensivo tra i suoi Stati membri. Dalla sua creazione nel 2017, PESCO si è estesa includendo oggi 26 paesi che lavorano collettivamente su 68 progetti volti a migliorare le capacità militari e l’interoperabilità. Nel novembre 2024, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato le conclusioni della revisione strategica di PESCO, riaffermando il suo ruolo centrale nel promuovere la cooperazione nell’ambito della difesa. La revisione ha messo in luce la necessità di adattare PESCO al mutato panorama geopolitico e ha evidenziato l’importanza di affrontare le sfide esistenti per potenziarne l’efficacia.

Nonostante questi sforzi, PESCO continua comunque ad avere limiti significativi. Molti progetti hanno subito ritardi a causa di una pianificazione finanziaria e opertativa insufficiente, portando a discussioni sul rilancio o l’abbandono di iniziative poco performanti. Inoltre, gli interessi nazionali divergenti e le diverse interpretazioni dell’autonomia strategica tra gli Stati membri hanno ostacolato il raggiungimento di un livello accettabile di coesione. Ad esempio, la Polonia ha espresso preoccupazioni sul fatto che PESCO potrebbe minare la NATO o indebolire la cooperazione in materia di sicurezza con gli Stati Uniti, entrambi vitali per la sicurezza del fianco orientale della NATO.

Per aumentare l’efficacia di PESCO, l’UE ha lanciato diversi progetti aperti alla partecipazione di terzi rispetto all’Unione. In particolare, Canada, Norvegia e Stati Uniti sono coinvolti nel progetto “Mobilità Militare” dal dicembre 2021, con il Regno Unito che si è unito nel novembre 2022. Il Canada è stato anche invitato a partecipare, a partire da febbraio 2023, al progetto di creazione di una rete di hub logistici in Europa e supporto alle operazioni. Questa inclusione mira a sfruttare competenze e risorse esterne per rafforzare le iniziative PESCO. Nell’agosto 2024, la Svizzera ha ottenuto l’approvazione per partecipare a due progetti PESCO: “Mobilità Militare” e “Cyber Ranges Federation”. Questa apertura è volta a potenziare le capacità di difesa nazionale della Svizzera, pur rispettando i suoi obblighi di neutralità.

Guardando al futuro, la revisione strategica in corso di PESCO, prevista per concludersi entro la fine del 2025, offre un’opportunità per rimodellare il quadro per affrontare meglio le sfide di sicurezza contemporanee. La revisione mira a rivitalizzare PESCO affinando i suoi obiettivi, migliorando la gestione dei progetti e garantendo che gli sforzi collaborativi portino a concreti avanzamenti militari. In sintesi, sebbene PESCO abbia fatto progressi nel promuovere la cooperazione in ambito difensivo all’interno dell’UE, continua a fare i conti con inefficienze burocratiche, priorità nazionali divergenti e livelli variabili di impegno tra gli Stati membri. La valutazione dei risultati della revisione strategica e dell’inclusione di partecipanti terzi saranno cruciali per determinare l’efficacia futura di PESCO nel rafforzare la postura difensiva dell’Europa.

Allo stesso modo, il Fondo europeo per la difesa (EDF), istituito nel 2017, è uno strumento fondamentale per rafforzare la ricerca e l’innovazione nel settore della difesa dell’Unione Europea. Per il periodo 2021-2027, l’EDF ha ricevuto un budget di circa 8 miliardi di euro, di cui 2,7 miliardi destinati alla ricerca difensiva collaborativa e 5,3 miliardi destinati a progetti di sviluppo delle capacità. Riconoscendo la necessità di potenziare le capacità di difesa, la Commissione Europea ha proposto un sostanziale aumento dei fondi per la difesa. Nel marzo 2025, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato piani per un fondo di difesa da 150 miliardi di euro, volto a incoraggiare gli Stati membri a investire in capacità militari con il supporto di prestiti sostenuti dall’UE. Questa iniziativa sottolinea l’impegno dell’UE nel rafforzare la propria postura difensiva in risposta alle sfide geopolitiche in evoluzione.

La Revisione Annuale Coordinata sulla Difesa (CARD) è un altro meccanismo cruciale progettato per armonizzare la pianificazione e gli investimenti della difesa tra gli Stati membri dell’UE. CARD fornisce una panoramica completa del panorama della difesa dell’UE, identificando opportunità di collaborazione e facilitando la cooperazione. Tuttavia, il rapporto CARD del 2024 indica che, nonostante i progressi nella spesa per la difesa e nella cooperazione, resta ampio spazio per miglioramenti. Gli Stati membri sono incoraggiati a prendere azioni decisive per mantenere gli investimenti e migliorare l’efficienza delle loro forze armate.

In aggiunta all’EDF e al CARD, numerose altre iniziative e agenzie difensive europee contribuiscono al potenziamento delle capacità di difesa dell’Unione Europea. Istituita nel 2004, l’Agenzia Europea per la Difesa (EDA) supporta gli Stati membri dell’UE nel migliorare le loro capacità di difesa attraverso la cooperazione europea. Agendo come facilitatore per progetti difensivi collaborativi, l’EDA funge da centro per la cooperazione nella difesa europea, coprendo una vasta gamma di attività legate alla difesa.

La Politica Comune di Sicurezza e Difesa (CSDP) è il quadro dell’UE per la difesa e la gestione delle crisi, formando una componente principale della Politica Estera e di Sicurezza Comune (CFSP) dell’UE. La CSDP consente all’UE di intraprendere missioni operative al di fuori dei suoi confini, utilizzando sia risorse civili che militari per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale. L’UE sta anche esplorando lo sviluppo di una nuova rete satellitare per ridurre la dipendenza dall’intelligence militare degli Stati Uniti. Questa iniziativa mira a migliorare la capacità dell’UE di rilevare minacce e coordinare azioni militari, fornendo aggiornamenti più frequenti e maggiore autonomia nella raccolta di informazioni. Queste iniziative e agenzie contribuiscono collettivamente a un quadro difensivo europeo più integrato e robusto, affrontando le sfide di sicurezza sia attuali che emergenti.

A complicare le sfide affrontate da queste iniziative c’è comunque la continua dipendenza dell’UE dalla NATO come suo principale garante della sicurezza. Mentre i leader europei parlano spesso di “autonomia strategica”, la realtà è che l’Europa rimane dipendente dal potere militare americano. La guerra in Ucraina ha sottolineato il ruolo insostituibile della NATO nella sicurezza europea, con gli Stati Uniti che forniscono la maggior parte degli aiuti militari e del coordinamento strategico. Questa dipendenza dalla NATO crea un paradosso: mentre l’UE desidera una maggiore indipendenza difensiva, non è disposta o in grado di sviluppare le capacità necessarie per rendere quell’indipendenza significativa. I tentativi di stabilire un’identità difensiva europea credibile, come l’Iniziativa di Intervento Europea (EI2) guidata dalla Francia, hanno fatto pochi progressi a causa delle priorità concorrenti degli Stati membri.

Per affrontare queste carenze, l’Europa deve riconsiderare la sua strategia di difesa con soluzioni audaci e pragmatiche. In primo luogo, è necessaria un’autentica volontà di spesa per la difesa. L’UE dovrebbe stabilire obiettivi vincolanti di investimento in difesa, simili all’aumento della richiesta di PIL della NATO. ReArm Europe è un passo nella giusta direzione, ma un bilancio militare comune europeo, finanziato attraverso meccanismi a livello UE, potrebbe aiutare a superare la frammentazione nell’acquisto di armamenti e nello sviluppo delle capacità.

In secondo luogo, dobbiamo capire che la creazione di un esercito europeo pienamente integrato è stata a lungo considerata politicamente irrealizzabile a causa delle preoccupazioni sulla sovranità nazionale e della complessità nell’allineare strutture militari diversificate. Tuttavia, gli sviluppi recenti indicano un cambiamento verso capacità difensive europee più coese. Nel marzo 2022, l’UE ha introdotto lo strumento dello Strategic Compass, delineando la creazione di una Capacità di Dispiegamento Rapido (RDC) entro il 2025. Questa forza modulare mira a mobilitare fino a 5.000 persone, incorporando i battaglioni modificati dell’UE e forze aggiuntive degli Stati membri.

Il presidente francese Emmanuel Macron è da sempre un sostenitore vocale del rafforzamento dei meccanismi di difesa dell’UE. Nell’aprile 2024, ha proposto l’istituzione di una Forza di Reazione Rapida Europea entro il 2025, sottolineando la necessità di un'”Iniziativa di Difesa Europea” per sviluppare concetti strategici e capacità, in particolare nella difesa aerea e nelle operazioni a lungo raggio. Nonostante queste iniziative, permangono numerosi problemi. Nazioni come la Germania affrontano difficoltà nel reclutare e preparare le loro forze armate, soprattutto tra le giovani generazioni che potrebbero dare priorità all’equilibrio tra vita lavorativa e impegni militari. Nazioni come l’Italia non si fidano della Francia, riconoscendo che molto spesso le priorità strategiche e gli interessi nazionali di Parigi divergono da quelli di Roma.

Infine, potenziare la sicurezza dell’Europa richiede un approccio globale che integri i quadri militari istituzionali e la preparazione civile. Sebbene l’idea di un diritto di autodifesa a livello dell’UE simile al Secondo Emendamento degli Stati Uniti sia culturalmente e giuridicamente complessa, l’Europa ha avviato iniziative per rafforzare la resilienza e la preparazione civile.

In conclusione, l’ambiente di sicurezza dell’Europa sta peggiorando, e le attuali iniziative di difesa sono inadeguate per affrontare le sfide future. PESCO, l’EDF e il CARD non sono riusciti a offrire un cammino credibile verso l’autonomia strategica. Se l’Europa è seria nel difendersi, deve adottare soluzioni più ambiziose, tra cui un aumento della spesa per la difesa, l’integrazione operativa e un quadro giuridico che dia potere agli Stati e ai cittadini in materia di sicurezza. Senza tali misure, la difesa europea rimarrà un mosaico frammentato e inefficace, lasciando il continente vulnerabile in un mondo sempre più ostile.