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Il discorso di Trump: una lettura approfondita.

di Melissa de Teffè dagli Stati Uniti.

Ho vissuto diversi anni a Washington, DC e ho avuto modo di toccare con mano la difficoltà di scrivere un discorso politico per non parlare di quello presidenziale per l’inaugurazione. Se avete mai visto la serie televisiva West Wing, se ne percepisce la fatica.

Di solito non è mai una sola mano a scrivere, ma un team, e quello di ieri è stato un “second best” ossia è stato sicuramente fatto molto bene, ma, ad oggi, nessuno è ancora riuscito a superare i discorsi di Kennedy, come quello per l’insediamento nel 1961 dove persino noi di oltreoceano ne ricordiamo la famosa frase: “non chiedere cosa può fare il tuo paese per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo paese”.

A questo secondo giro di boa, per un uomo che è stato umiliato, deriso, perseguitato e criticato mondialmente, Trump ha sicuramente dimostrato, nonostante l’età, che si può ancora imparare, capire e cambiare. Sia Trump come JFK sono e vengono da famiglie di imprenditori, ma a differenza di John, e non Joe il padre, aveva quella generazione di differenza che gli permise di vestire le sue parole di grazia, di eleganza, un po’ come quando ci si cambia dal vestito da lavoro a quello per il ballo di fine anno. Trump, come Joe, ha avuto otto anni! Sono tanti, sia per capire che per decidere d’imparare. Ha avuto l’umiltà di lasciare che vestissero il suo programma con quelle parole eleganti, vicine alla cultura americana che avrebbero regalato fiducia, speranza, coraggio, unità, senza deturpare ai suoi occhi, il suo stile John Wayne.

Vediamo:

As we gather today, our government confronts a crisis of trust

Mentre ci riuniamo oggi, il nostro governo affronta una crisi di fiducia.

“As we gather today, our government confronts a crisis of trust.” La parola chiave è trust. Il leit motif americano è In God we Trust. La sfiducia nazionale sulle politiche in generale  ha cause diverse che noi in Italia conosciamo molto bene: promesse, promesse, promesse, ma nulla di mantenuto. La generosità di Biden con l’Inflation Redaction Act, Job Act, e la creazione dell’app per gli immigrati per prendere appuntamenti con i funzionari dell’immigrazione, è stata tradita dai risultati, dove gli americani si sono trovati dopo quattro anni più poveri, deflagrata di diritti, case e beni.

Quindi partire parlando di fiducia sottolinea, da un lato, il modo diretto di parlare di un uomo d’affari ma, dall’altro, lo veste culturalmente di sostanza storica andando alle origini religiose, così:

Sunlight is pouring over the entire world, and America has the chance to seize this opportunity like never before.

Il sole splende su tutto il mondo e l’America ha la possibiltà di cogliere questa opportunità mai come adesso. Ecco il primo riferimento biblico, (Giovanni 8:12; Matteo 5:14-16; Salmo 36: 9 e altri).

Qualsiasi persona di successo ci racconterebbe con semplicità che per arrivare e ottenere quello che ha, è passato attraverso le forche caudine, si è sporcata le mani, ha perso mille battaglie prima di raggiungere la mèta. Ma riconosce che le possibilità di farcela ci sono e sono concrete come la certezza che il sole sorge su tutti buoni o cattivi tutti i giorni, non è altro che il dovere di qualsiasi leader di spronare i sudditi e avere speranza. Guardate il sole, è alto e noi possiamo vedere le cose diversamente e cambiarle, perchè possiamo.

  • “Abbiamo un sistema sanitario pubblico che non funziona nei momenti di disastro, eppure si spendono più soldi per esso che in qualsiasi altro paese nel mondo. E abbiamo un sistema educativo che insegna ai nostri bambini a vergognarsi di se stessi, in molti casi a odiare il nostro paese nonostante l’amore che cerchiamo disperatamente di offrire loro.”

Con pochissime parole tocca due delle cause primarie di bancarotta americana: i costi sanitari e i costi per l’educazione. I primi sono dovuti soprattutto dall’ingordigia delle case farmaceutiche che, come chi produce armi, si sono arricchiti senza limiti.

Per quanto riguarda l’educazione, lo sbaglio iniziale fu commesso dal governo federale che offrì alle università di garantire i prestiti per gli studenti in modo che potessero pagare le loro tasse universitarie. Così le università perdendo qualsiasi senso morale, decisero di aumentare le tasse universitarie visto appunto che il governo federale avrebbe garantito i prestiti. A causa di questa politica, oggi il debito complessivo è di 1,7 trilioni di dollari.

Tra inflazione e debiti negli ultimi 10/15 anni c’è stata un’erosione importante della classe media. Il potere d’acquisto della casa è sceso, mentre i prezzi sono aumentati.


La maggior parte della classe media americana non riesce ad essere proprietaria della propria casa e mediamente il 50% di questo ceto ha un lascito non superiore ai 10.000 dollari sempre che non abbia (molto probabile) debiti con le carte di credito.

  • “Oggi è il Giorno di Martin Luther King e in suo onore — questo sarà un grande onore — ci sforzeremo insieme per rendere il suo sogno una realtà. Faremo sì che il suo sogno diventi realtà.”

Contrariamente a quanto gli è stato imputato dalla stampa, Trump non è mai stato nè maschilista, nè razzista, nè contro l’omosessualità. Ci sono tantissime testimonianze negli anni che lo dimostrano: da donazioni a gruppi di colore, all’aver assunto come capo cantiere nel 1979 una donna! Trump è il frutto dell’America meritocratica. Ecco perchè ha cancellato le quote d’ammissione a posti di lavoro federali. Il privato può continuare liberamente a fare le proprie selezioni. D’altra parte aiutare affinchè tutti abbiano una chance non sempre dà i risultati sperati. Quanto sono state dibattute le quote rosa in Italia? Eppure Elli Shlein e il nostro Presidente del Consiglio, mi pare, si siano conquistate i loro posti da sole.

Tornando al sogno di Martin Luther King, a Trump la guerra non interessa. Ci sono troppi problemi interni per perdere tempo e spendere soldi che non hanno alcun ritorno, soprattutto se si è obbligati a guerreggiare quelle degli altri.

Per quanto riguarda i dazi e rapporti esteri in generale, il rapporto di Trump è molto semplice e potrebbe essere riassunto da un antico detto di diritto romano: “do ut des”. Se sei corretto con me, lo sarò anche io. Guardando l’Unione Europea è difficile, non dargli torto, visto che di unione abbiamo molto poco. Anzi forse questo schiaffo sarà l’opportunità per noi europei di decidere la nostra identità seguendo fatti più concreti e non negoziando singolarmente ogni posizione. In relazione al Messico, così come in relazione ai paesi del centro America, inclusi Venezuela e Colombia, il discorso cambia. Così come noi europei abbiamo lasciato e continuiamo a lasciare milioni di euro alla Turchia di Erdogan per arginare l’arrivo dal Medio Oriente (vedi Siria), dall’Asia (Afghanistan) o dall’Africa profughi ed immigrati, così gli Stati Uniti hanno elargito somme importanti anche al Messico, affinchè facesse da barrage all’invasione di milioni di persone. Non è stato così.

Con Panama invece la situazione è sia economica che strategica. Il controllo del canale è principalmente nelle mani di società cinesi, una situazione che, seppur diversa, richiama alla mente quella del 1962, quando Khrushchev tentò di inviare missili balistici a Cuba, costringendo Kennedy a reagire con forza. Oggi, seppur il contesto sia diverso, Trump non vuole trovarsi nella situazione d’essere ricattato nel caso il canale venga chiuso per volere cinese. Molti non sanno che la Cina, da anni, è responsabile di gravi spionaggi industriali e attacchi interni agli Stati Uniti. In tale quadro, Trump non solo chiede una riduzione dei costi di passaggio del canale, lievitati negli anni, ma, giustamente, anche garanzie di libertà di navigazione.

Trump vuole quello che vogliamo tutti, essere libero d’agire con i suoi beni e rendere il suo paese indipendente soprattutto dal punto di vista manifatturiero. Da decenni la manifattura americana non esiste più, ma al più si assembla qui o a Juarez, in Messico, di fronte a El Paso, Texas. Tutto è prodotto altrove, soprattutto in Cina, il tasto più dolente di questa economia.

I will end the practice of catch and release

Metterò fine alla pratica del prendere e rilasciare.

La politica del “prendere e rilasciare” è stata usata per descrivere la pratica dell’arrestare gli immigrati illegali, per poi rilasciarli aspettando la loro comparizione in tribunale davanti al giudice per perorare la richiesta di asilo, non necessariamente politico. Essendo il numero di illegali, entrati nel territorio, esorbitante, spesso la data  per fare richiesta di asilo in tribunale era lontana almeno un anno. Questo ha dato, nel frattempo, agli immigrati illegali la possibilità di radicarsi nel territorio se non addirittura sparire nel nulla, senza presentarsi alle autorità. Trump invece vuole istituire l’approccio del “catch and deport” (prendere e trasferire). Ciò comporterebbe la detenzione dell’illegale fino al completamento dell’udienza. La politica del “catch and release” è stata oggetto di infiniti dibattiti, pro e contro, per i costi, i posti limitati nelle carceri, mentre altri ritengono che indebolisca le leggi sull’immigrazione e la sicurezza nazionale. Vedremo.

A coronamento di questa inversione, Trump ha invocato una legge del 1798 l’Alien Enemies Act (Legge sugli Stranieri Nemici –  faceva parte di una serie di leggi conosciute come gli Alien and Sedition Acts, – Leggi sugli Stranieri e la Sedizione –  approvate dal Congresso durante la presidenza di John Adams, la legge conferiva specificamente al presidente l’autorità di trattenere o deportare qualsiasi cittadino maschio di una nazione ostile durante i periodi di guerra. Adottata durante un periodo di crescenti tensioni tra gli Stati Uniti e la Francia, noto come la Quasi-Guerra, fu promulgata grazie alle forti pressioni dei Federalisti particolarmente preoccupati per i diversi atti di spionaggio e ingerenze di potenze straniere negli affari interni). Si riferisce all’ipotesi di immigrazione illegale programmata dalla Cina, e da altri paesi come l’Iran che avrebbero inviato fondamentalisti musulmani o cellule terroristiche per ora dormienti, spie e assassini con il compito di infiltrarsi nelle società, minando la sicurezza e la stabilità, raccogliendo informazioni sensibili, e preparando il terreno per future destabilizzazioni politiche e sociali.

Questa citazione durante il discorso evidenzia non solo la preparazione di Trump, che probabilmente non era a conoscenza di questa normativa, ma anche che si sia organizzato con team di lavoro altamente qualificato che lo supporta attivamente.

Arriviamo quindi alla parte centrale del discorso dedicato all’economia. La strategia, anche questa semplice e chiara è di risparmiare soldi all’estero, chiedere quindi ai paesi Nato, cosa già per altro nota, di pagare ognuno le sue quote, di chiudere le guerre, soprattutto quella Ukraina dove ormai è di dominio pubblico che gli oligarchi si stanno vendendo le armi “donate” dagli americani e di conseguenza, per soldi, sovvenzionando terroristi e mercato nero; abbassare il tasso d’inflazione causato secondo lui dall’alto costo energetico.


Drill, Baby drill

Trivelliamo!

Da qui la frase: “Drill, Baby drill, – trivelliamo!” , che gli permetterebbe di mettere in crisi immediatamente la Russia e l’Iran, dandogli subito una leva negoziale efficacissima con ambo, sia per il fronte ucraino che quello Israeliano. Infine sovvenzionando attraverso benefici di imposte la creazione di manifatture americane a iniziare ovviamente dal mercato più importante: quello automobilistico. Ecco quindi creazione di posti di lavoro, sovvenzioni per start up e tanto altro.


Men are men and women are women.

Gli uomini sono uomini e le donne sono donne.

“Men are men and women are women”. Citiamo la frase, ma solo per dovere di cronaca.

Infine, per concludere, rispondo indirettamente a tutti quelli che si meravigliano del fatto che accanto a Trump ci fossero tutti gli imprenditori più importanti e innovativi degli USA. I soldi non hanno colore politico, ma solo opportunità, e mi viene spontaneo pensare se qualcuno di voi o chi per voi nel momento clout della propria vita non abbia sfoggiato il meglio di sè, o in suo possesso. Ognuno di quei notabili rappresenta un gioiello di famiglia che vale moltissimo e contrariamente alla mentalità italiana, sempre divisionista, gli americani lavorano in team.

Non mi sorprenderebbe sapere che Bill Gates abbia parlato con Trump di carne bovina o di produzione agricola (è il più grande proprietario americano di terreni agricoli, ranch e foreste, per un ammontare di 112 mila ettari in 19 Stati). Non sarei stupita se Besos, il maggior esperto di logistica fosse incaricato di migliorare lo stato pietoso in cui versano le Poste americane. D’altra parte, seppur sia imprevedibile, Trump è un uomo che dice quello pensa e dice quello che fa e che farà. Gli obbiettivi sono tantissimi, ma il carrozzone burocratico degli Stati è difficile da spezzare, iniziando proprio dal’FBI, il cui direttore ha già detto che vorrebbe trasformare il palazzo a Washington, in un museo e spedire tutti i suoi 7000 impiegati sul territorio a cacciare criminali. “D’altra parte questo è il loro lavoro!” ha detto Kash Patel.