Iron Swords: le nuove sfide dell’offensiva terrestre nella guerra Israele-Hamas.
di Claudio Bertolotti.
Articolo tratto dal libro: C. Bertolotti (2024), Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, START InSight Lugano (Link: https://www.amazon.it/dp/8832294230)
Introduzione all’evoluzione urbana del conflitto
Nessun ambiente è più sfidante per le forze militari di una città. Nessuna forma di combattimento è intrinsecamente più distruttiva della guerra urbana. Eppure, troppo spesso, le forze militari sono sia impreparate di fronte alle sfide imposte dai campi di battaglia ad alta densità di popolazione, sia incapaci di evitare di essere trascinate in brutali combattimenti urbani. Nel libro Understanding urban warfare, gli Autori Liam Collins e John Spencer pongono l’attenzione sulla prospettiva della guerra urbana in termini di sfide uniche: dagli effetti limitanti del terreno tridimensionale su molti sistemi d’arma, alla molteplicità di punti di fuoco nemici all’interno delle vie di comunicazione urbane (strade, vicoli, viali), alla necessità fondamentale di minimizzare le vittime civili, proteggere le infrastrutture critiche e il patrimonio culturale (Collins, Spencer, 2022). Città, intese come terreno di scontro, che offrono opzioni di manovra differenti – e spesso con una limitata prevedibilità – a seconda della tipologia di area urbana (megalopoli, città metropolitane, città periferiche, conurbazioni e persino smart city), le cui caratteristiche peculiari sono in grado di influenzare le operazioni militari nel loro complesso.
Come ho avuto modo di evidenziare nel mio ultimo volume sulla guerra urbana nel conflitto Israele-Hamas, Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, molte le battaglie urbane più recenti – dalla Battaglia di Mogadiscio del 1993 alla Seconda Battaglia di Falluja in Iraq nel 2004, alla Battaglia di Shusha nel 2020 nella Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh, e, ancora, Mariupol nel 2022 e Bakhmut nel 2023 nella guerra russo-ucraina – ci consegnano tendenze e lezioni apprese per comprendere meglio la guerra urbana poiché in un mondo sempre più urbanizzato, il futuro carattere del conflitto sarà anch’esso sempre più urbano.
L’approccio israeliano al combattimento urbano: la lezione di Gaza
Sul piano tattico, i soldati israeliani hanno combattuto l’ultima grande battaglia terrestre nel 2014, quando Israele schierò le proprie truppe all’interno di Gaza; dal punto di vista strategico, lo stato maggiore della Difesa israeliana da allora si è invece concentrato nell’opera di contrasto delle potenziali minacce dall’Iran, piuttosto che dal nemico della porta accanto. Un quadro complessivo che ha di fatto distratto le forze armate israeliane da una minaccia sostanziale, ma di natura diversa.
Al contrario, rispetto alle origini, Hamas si è rafforzato militarmente rispetto al 2008/2009, quando dovette affrontare per la prima volta un assalto di terra da parte israeliana. Allora l’ala militare di Hamas, la brigata Izz ad-Din al-Qassam, consisteva in 16.000 miliziani e circa 2.000 truppe “specializzate” nel combattimento. Situazione ben diversa quella alla vigilia dell’offensiva del 2023, momento in cui, secondo le Idf, Hamas poté contare su una forza di ben 40.000 combattenti d’élite, un arsenale di droni e circa 30.000 razzi, una quantità che, il 7 ottobre 2023, mise in difficoltà gli intercettori del sistema Iron Dome, portato a saturazione di capacità (maggior numero di razzi sparati da Hamas rispetto alla capacità del sistema di difesa israeliano), al punto da indurre gli Stati Uniti ad inviare rifornimenti con estrema urgenza (Bertolotti, 2024).
Con l’avvio dell’offensiva terrestre dell’operazione Iron Swords, le forze di difesa israeliane impegnate nell’area urbana di Gaza, la parte più densamente popolata della Striscia, diedero avvio a una nuova fase del conflitto incentrata principalmente sulla guerra urbana, una parte della quale nel sottosuolo, in cui le unità del genio sono state impegnate in operazioni di apertura di varchi per l’accesso ai tunnel, consentendo alle unità specializzate nel combattimento sotterraneo di sopraffare il nemico (Schalit, 2023).
Come parte del loro piano di difesa, i genieri di Hamas ebbero a disposizione un’enorme serie di tunnel tattici; alcuni interconnessi, altri isolati. Molti, come abbiamo argomentato in precedenza, scavati a una profondità di sicurezza dall’azione di bombardamento aereo, altri posti vicini alla superficie per consentire l’accesso o l’uscita dei miliziani. E ancora, tunnel e “buchi di topo” furono predisposti da Hamas per consentire ai propri combattenti di muoversi in maniera occulta tra gli edifici e per attaccare i soldati israeliani per poi scomparire di nuovo (Schalit, 2023). Oltre a godere di questi vantaggi tattici per muovere le proprie truppe, i genieri palestinesi allestirono e predisposero anche dispositivi esplosivi improvvisati (Ied) – alcuni nascosti nei muri per esplodere al passaggio dei veicoli corazzati, altri più grandi sepolti sotto il manto stradale o i cumuli di macerie; altri casi, ancora, videro la presenza di tunnel con trappole per attirare e colpire i soldati israeliani impegnati nella ricerca e recupero di ostaggi.
La guerra urbana è estremamente lenta
La guerra ha affrontato una fase critica con l’ingresso delle unità all’interno del perimetro urbano di Gaza, dove l’esercito israeliano, dotato di competenze di primo livello in ambito di combattimento urbano, fronteggiò un nemico determinato a lottare fino all’ultimo che si era preparato per anni per quello scontro. Una battaglia che si svolse in un contesto favorevole al difensore (Schalit, 2023).
Le esperienze di combattimento in aree urbane, come quelle vissute a Mosul in Iraq e Marawi nelle Filippine tra il 2016 e il 2017, offrono importanti insegnamenti. A Mosul, un contingente iracheno di 100.000 unità sostenuto dagli Stati Uniti impiegò nove mesi per neutralizzare un gruppo di militanti del gruppo Stato islamico in una città fortificata, subendo la perdita di 8.000 uomini e di numerose attrezzature militari a causa di esplosivi improvvisati. Analogamente, a Marawi, le forze filippine impiegarono cinque mesi per superare i militanti dello Stato islamico-Maute, affrontando la difficile realtà di poter prendere il controllo di un solo edificio al giorno, dato il costante rischio di imboscate e la presenza di esplosivi nascosti. Questi scenari testimoniano le complesse sfide del combattimento urbano e la resilienza necessaria per affrontarle.
I tre livelli di sfida della guerra urbana
Come abbiamo detto, la guerra urbana è una delle sfide più complesse e multiformi che un esercito possa affrontare. Questo tipo di conflitto si distingue per la sua intensità e per le implicazioni profonde non solo dal punto di vista tattico, ma anche percettivo ed etico-morale.
A livello percettivo, la guerra urbana mette in luce un contrasto marcato tra le aspettative di una società incline alla moderazione e alla ricerca di una condotta eticamente accettabile nel conflitto, e la realtà brutale dei combattimenti urbani, dove i costi in termini di vite umane, distruzione materiale e perdita di legittimità internazionale possono essere devastanti. Questa discrepanza crea una sorta di dissonanza cognitiva, rendendo difficile per gli eserciti moderni, ancorati ai valori delle società liberali, prepararsi adeguatamente alla brutalità intrinseca di questo tipo di combattimento.
Dal punto di vista tattico, gli scenari di guerra urbana presentano una serie di difficoltà uniche, che abbiamo in parte già illustrato. Il combattimento in ambienti densamente costruiti comporta il rischio di attacchi a distanza tramite droni o dispositivi esplosivi improvvisati, aumentando significativamente il pericolo per le forze sul campo. L’ambiente urbano facilita poi la possibilità per gli avversari di nascondersi e tendere agguati, creando un clima di incertezza costante. Le truppe in manovra si trovano esposte a rischi elevati, con il loro potere di fuoco diluito dalla necessità di disperdersi tra gli edifici, spesso con visibilità ridotta. A ciò si aggiunge il problema del degrado delle capacità dei sensori e dei sistemi di comunicazione, fondamentali per la coordinazione delle operazioni.
Sul piano etico e morale, la presenza di civili nel teatro di guerra urbano introduce dilemmi di grande rilevanza. I civili subiscono le conseguenze del conflitto in maniera sproporzionata, sia direttamente, come vittime degli scontri, sia indirettamente, a causa degli sfollamenti e delle epidemie derivanti dalla distruzione delle infrastrutture urbane. I comandanti militari si trovano di fronte al delicato dilemma della proporzionalità, dovendo bilanciare la necessità di agire per la sicurezza dei propri soldati con la responsabilità di evitare danni ai civili, in conformità con il diritto internazionale umanitario (Diu). Questo equilibrio è complicato ulteriormente dalla presenza di civili che possono usare dispositivi elettronici e social media, da coloro che si mostrano ostili o resistono in maniera non armata, e dal peso psicologico e politico che tali decisioni impongono sui comandanti, potenzialmente influenzando il loro giudizio e le loro scelte.
Lo sviluppo delle capacità tecniche e tattiche delle forze israeliane
Le forze armate israeliane hanno storicamente affrontato numerose sfide nel contesto urbano di Gaza, soprattutto dopo il ritiro del 2005, con le operazioni militari del 2008 e le successive del 2014; momenti diversi in cui le forze israeliane hanno appreso preziose lezioni. Dal punto di vista politico, Gerusalemme ha riconosciuto l’importanza cruciale di guadagnarsi il favore dell’opinione pubblica, sia a livello internazionale che nazionale. Sul fronte militare, si è reso evidente che la potenza aerea da sola non è mai sufficiente, inducendo a ridefinire le capacità e l’organizzazione delle forze terrestri, in particolare per quanto riguarda l’acquisizione e l’impiego di robusti veicoli corazzati e l’applicazione di tecniche, tattiche e procedure innovative finalizzate a gestire la minaccia proveniente dal sottosuolo.
Come diretta conseguenza di queste lezioni, le Idf si è equipaggiato con alcune delle migliori tecnologie per le operazioni urbane; tra queste, spiccano carri armati e veicoli blindati per il trasporto truppe, considerati tra i più sicuri al mondo. L’arsenale israeliano comprende anche i bulldozer corazzati tipo “Doobi” D9 della Caterpillar, progettati per abbattere edifici e creare percorsi sicuri in ambienti potenzialmente minati, così riducendo il rischio di imboscate e attacchi con ordigni esplosivi improvvisati (Ied). Questi potenti mezzi, che possono essere anche comandati a distanza, sono stati oggetto di controversie per il loro uso nella demolizione di abitazioni, interpretato da alcuni come misura punitiva.
Ma l’impiego operativo dei D9, contrariamente alle critiche che si inseriscono nel più ampio panorama di opposizione strumentale, prevede di aprire vie sicure attraverso aree rischiose, creare percorsi alternativi distruggendo parzialmente gli edifici, e costruire barriere protettive intorno a zone strategiche per consolidare le conquiste territoriali delle unità militari. Questo approccio riflette una combinazione di forza e ingegnosità, segnando la continua evoluzione delle strategie militari israeliane di fronte alle sfide uniche della guerra urbana.
L’esercito israeliano, nel suo vasto arsenale di veicoli specialistici, dispone poi di un veicolo particolare, il “Puma”, dedicato alla neutralizzazione dei campi minati e nel contrasto agli ordigni improvvisati. Dotato di un elaborato sistema di sgombero mine chiamato “Ied Carpet”,[1] il “Puma” ha la capacità di far detonare o neutralizzare dispositivi esplosivi nascosti tramite esplosioni controllate con razzi. Oltre a questa tecnologia di punta, gli stessi veicoli in dotazione alle unità del genio militare sono equipaggiati con dispositivi in grado di disturbare i circuiti o le trasmissioni utilizzate per l’attivazione controllata degli Ied, alcuni dei quali includono il sistema “Thor” che utilizza laser di precisione per innescare gli ordigni a distanza (Schalit, 2023).
Nell’ambito del combattimento sotterraneo, l’esercito israeliano vanta poi unità specializzate, come gli elementi del Sarayet Yahalom, addestrati nell’individuazione, nella manovra e nella distruzione di tunnel. Queste forze speciali fanno uso di cariche esplosive speciali, droni e robot sotterranei per condurre le loro operazioni, con ciò confermando quanto Israele sia all’avanguardia nella ricerca di tecnologie di rilevamento sotterraneo, impiegando un ampio ventaglio di strumentazioni che spaziano dall’ambito geo-spaziale a quelli acustico, sismico, tomografico a resistività elettrica (Ert), fino al radar a penetrazione del suolo, in grado di mappare tunnel fino a venti metri di profondità.
L’approccio delle Idf nei confronti dei tunnel è volto prevalentemente alla loro distruzione dalla superficie, evitando ove possibile l’ingresso e la messa in pericolo degli operatori militari. Tuttavia, per missioni specifiche come il recupero di ostaggi, sono state addestrate unità speciali, incluse squadre di ricognizione Yahalom e l’unità cinofila Oketz, dotate di attrezzature specifiche per operazioni sotterranee. La possibilità di dover effettuare ricognizioni dirette mediante l’impiego di soldati all’interno di questa vasta rete di tunnel suggerisce l’impiego di tecniche operative altamente specializzate, potenzialmente affidate alle unità di élite Mista’arvim, capaci di operare sotto copertura e mimetizzarsi tra i combattenti avversari.
In questo scenario di confronto tecnologico e tattico, entrambi gli schieramenti potrebbero riservarsi sorprese impreviste e devastanti. Se da un lato le Idf dispongono della superiorità tecnologica e militare necessaria a prevalere, dall’altro l’esito della battaglia e le sue ripercussioni umane e geopolitiche rimangono avvolte in un velo di incertezza, testimoniando la complessità e l’imprevedibilità del conflitto moderno (Schalit, 2023).
Bibliografia
Bertolotti C. (2024), Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, ed. START InSight, Lugano, pp. 325.
Collins L, Spencer J. (2022), Understanding Urban Warfare, Howgate Publishing Limited, pp. 392.
Schalit A. (2023), Hidden tunnels, ambushes and explosives in
walls: the Israel-Hamas war enters a precarious new phase, The
Conversation, 23 novembre 2023, in
https://theconversation.com/hidden-tunnels-ambushes-and-explosives-in-walls-the-israel-hamas-war-enters-a-precarious-new-phase-216830.
[1] Sgombero Campi Minati e Neutralizzazione Ied: il Carpet è un sistema moderno di sgombero campi minati e neutralizzazione Ied, prodotto dall’israeliana Rafael, che può aprire un percorso di cento metri in un campo minato con alta efficienza di bonifica e può neutralizzare tutti i tipi di Ied. Per raggiungere la massima sopravvivenza dell’equipaggio, il sistema è operato da due soldati all’interno del veicolo. Il sistema Carpet consiste in un lanciatore che contiene venti razzi dotati di testate Fae (Fuel-Air Explosive). Il lanciatore è un kit aggiuntivo autonomo che può essere assemblato facilmente e rapidamente sul campo su qualsiasi veicolo. Il Carpet è il sistema più efficiente per lo sgombero di campi minati e la neutralizzazione/detonazione di Ied in qualsiasi terreno e in tutte le condizioni atmosferiche, mantenendo al contempo la sicurezza dell’equipaggio.
Articolo tratto dal libro: C. Bertolotti (2024), Gaza Underground: la guerra sotterranea e urbana tra Israele e Hamas. Storia, strategie, tattiche, guerra cognitiva e intelligenza artificiale, START InSight Lugano (Link: https://www.amazon.it/dp/8832294230)