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La Cina traccia la sua rotta, USA ed Europa cercano la via

di Melissa de Teffé dagli Stati Uniti, giornalista esperta di politica statunitense, accreditata per START InSight presso il Dipartimento di Stato.

Mentre l’attenzione internazionale è concentrata sulle scelte strategiche dell’Europa, indecisa tra riarmo e diplomazia, sulle conclusioni del meeting di Jeddah o sull’ennesima dichiarazione provocatoria di Donald Trump che monopolizza titoli e conferenze stampa, in Cina il Congresso Nazionale del Popolo approva silenziosamente il piano del governo, definendo così priorità economiche e obiettivi politici per il prossimo anno.

La Cina oggi è la seconda economia al mondo ed è l’unica potenza che possa controbilanciare il terremoto trumpiano. Purtroppo per chiunque voglia scrivere di Cina e capire come funziona e cosa succede dietro le quinte, è assai complicato, quasi come risolvere un crimine senza supporto tecnologico contemporaneo. Niente DNA!

Essendo un sistemo politico centralizzato e opaco nelle sue espressioni, leggendo il discorso di Xi Jinping prima e seguendo la conferenza stampa del Ministro Affari Esteri Wang Yi, possiamo quasi tracciare una linea che si andrà per forza a intersecare con gli Stati Uniti in termini favorevoli. Carta canta, e le finanze dello Stato, hanno ancora il predominio nelle scelte politiche.

Partiamo dal Presidente, che nel suo discorso ha enfatizzato la necessità di continuare a “modernizzare in stile cinese” il paese, come punto focale per il rilancio della Cina, e così promuovendo una sperata crescita economica intorno al 5% (la banca svizzera UBS ha dichiarato che invece sarà forse il 4%). “Questa crescita darà stabilità sociale e rinascita culturale, non tanto come sviluppo economico, ma piuttosto come un processo che integri equità sociale e sostenibilità ambientale” – differenziando quindi il percorso cinese dai modelli occidentali. Tuttavia, secondo l’Istituto Chatham House, la Cina affronta ostacoli significativi, dovuti a una crescita economica rallentata, una sfida demografica non indifferente, ossia l’invecchiamento della popolazione accoppiato a un record negativo di nascite oltre a una riduzione non indifferente della forza lavoro. “La triplice pressione della domanda in calo, dello shock dell’offerta e dell’indebolimento delle aspettative, insieme a numerosi rischi e pericoli nascosti che influenzano la stabilità sociale, (…) specialmente riguardo alla costruzione di uno stile di partito pulito e onesto e alla lotta alla corruzione, che continuano a presentare problemi ostinati e frequenti, (qui invece fa riferimento al grave problema di corruzione ai livelli più alti dell’esercito, nda); (…). Rafforzare la guida dell’opinione pubblica, creando un orientamento corretto che valorizzi il lavoro come fonte di ricchezza, l’impegno come base per ottenere risultati e la lotta costruttiva come via per raggiungere la felicità. Contrastare efficacemente idee malsane quali la svalutazione del lavoro, l’arricchirsi senza fatica, il godere passivamente dei risultati altrui e l’atteggiamento passivo di rinuncia e immobilismo, (qui si riferisce al grave problema posto dalla generazione Gen Z, peraltro non dissimile da quello che gli USA stanno vivendo, ossia l’incapacità di inserirsi nel mondo lavorativo di oggi, causato da una non volontà di adeguarsi alla realtà, nda); (…) Stimolare pienamente, così, la vitalità creativa dell’intera società.”

La conferenza stampa di Wang Yi è stata più illuminante, perché più diretta. Il ministro ha risposto in modo esaustivo a diverse domande, ne abbiamo estrapolate tre, che ci riguardano da vicino: la prima riguarda il rapporto della Cina con la Russia segue poi la visione cinese della diplomazia e infine come vedono “America First”.


Foto di John_Appleseed da Pixabay

YI sulle relazioni Cina-Russia:

«Ogni anno mi vengono poste domande sulle relazioni Cina-Russia, sebbene ogni volta da prospettive diverse. Ciò che voglio sottolineare è che, indipendentemente da come evolva il panorama internazionale, la logica storica dell’amicizia tra Cina e Russia non cambierà, e la sua forza trainante interna non diminuirà. Basandosi su profonde riflessioni ed esperienze storiche, Cina e Russia hanno deciso di forgiare una duratura amicizia di buon vicinato, condurre un coordinamento strategico completo e perseguire una cooperazione reciprocamente vantaggiosa in cui tutti vincono, poiché questo serve al meglio gli interessi fondamentali dei due popoli e corrisponde alla tendenza dei nostri tempi. I due paesi hanno individuato un percorso di non alleanza, non conflitto e non ostilità verso alcuna terza parte nello sviluppo delle loro relazioni. È uno sforzo pionieristico nel creare un nuovo modello di relazioni tra grandi potenze e costituisce un ottimo esempio per i rapporti tra paesi vicini. Una relazione Cina-Russia matura, resiliente e stabile non sarà influenzata da alcun cambiamento degli eventi, e men che meno soggetta a interferenze da parte di terzi; essa rappresenta una costante in un mondo turbolento, non una variabile nei giochi geopolitici.

Lo scorso anno ha segnato il 75° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Russia. Il presidente Xi Jinping e il presidente Vladimir Putin si sono incontrati faccia a faccia per tre volte, guidando congiuntamente il partenariato strategico globale Cina-Russia per il coordinamento nella nuova era verso una nuova fase storica. Quest’anno ricorrerà l’80° anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. All’epoca, Cina e Russia combatterono coraggiosamente rispettivamente nei principali teatri di guerra dell’Asia e dell’Europa. Entrambe le nazioni compirono enormi sacrifici e diedero contributi storici decisivi per la vittoria nella Guerra mondiale antifascista. Le due parti coglieranno l’occasione di questa commemorazione congiunta per promuovere una corretta interpretazione storica della Seconda guerra mondiale, difendere i risultati raggiunti, sostenere il sistema internazionale centrato sulle Nazioni Unite e promuovere un ordine internazionale più giusto ed equo.

Immagine creata con AI

Rispondendo a una domanda sul ruolo diplomatico della Cina:

Yj: “Viviamo in un mondo in continuo cambiamento e turbolento, dove la certezza sta diventando una risorsa scarsa. Le scelte dei paesi, in particolare delle grandi potenze, determineranno la traiettoria dei nostri tempi e daranno forma al futuro del mondo. La diplomazia cinese sarà sempre dalla parte giusta della storia e dalla parte del progresso umano. La Cina fornirà certezza a questo mondo incerto e sarà una forza determinata a difendere i suoi interessi nazionali. Il popolo cinese ha una gloriosa tradizione di rinnovamento continuo, non provocheremo mai, né ci lasceremo intimidire dalle provocazioni. Continueremo ad ampliare i nostri partenariati globali basati sull’uguaglianza, sull’apertura e sulla cooperazione, affrontando attivamente i problemi globali con un approccio cinese e scrivendo un nuovo capitolo per il Sud globale nella sua ricerca di unità e forza.

Dimostreremo con i fatti che la strada dello sviluppo pacifico è luminosa e garantisce un progresso stabile e sostenibile; tale strada dovrebbe essere scelta da tutti i paesi. Saremo una forza progressista per l’equità e la giustizia internazionali, difendendo il vero multilateralismo, avendo ben presente il futuro dell’umanità e il benessere dei popoli, promuovendo una governance globale basata su consultazioni estese, contributi congiunti e benefici condivisi. Rispetteremo gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e costruiremo un consenso più ampio per un ordine mondiale multipolare, equo e ordinato. La Cina sarà una forza costruttiva per lo sviluppo comune del mondo, continuando ad ampliare l’apertura di alto livello e condividendo con tutti i paesi le vaste opportunità della modernizzazione cinese, tutelando il sistema multilaterale di libero commercio, promuovendo una cooperazione internazionale aperta, inclusiva e non discriminatoria e favorendo una globalizzazione economica inclusiva e vantaggiosa per tutti.

Alla domanda invece riguardo alla politica statunitense di Trump “America First”, Wang Ji ha risposto: “Il presidente Trump ha adottato una politica basata sul principio “America First” dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, a meno di due mesi dall’inizio del suo mandato. Ha parlato di ritirarsi da organizzazioni e trattati internazionali, di sospendere gli aiuti (USAID) degli Stati Uniti a paesi esteri e ha minacciato alleati tradizionali. Pensate che ciò sia vantaggioso per lo sviluppo della Cina? Queste scelte rappresentano un’opportunità strategica per la Cina per assumere un ruolo più rilevante negli affari internazionali e rimodellare lo scenario globale? – (si chiede lui ad alta voce) – Questa è una domanda molto pungente, ma sono pronto a condividere il mio punto di vista. Ci sono oltre 190 paesi nel mondo. Se tutti ponessero il proprio paese al primo posto e fossero ossessionati dalla ricerca di una posizione di forza, il mondo tornerebbe sotto il dominio della legge della giungla. I paesi più piccoli e più deboli ne soffrirebbero per primi, e le norme e l’ordine internazionale subirebbero un duro colpo. Alla conferenza di Parigi oltre cento anni fa, i cinesi posero una domanda che rimbomba nei secoli: è il giusto a prevalere sulla forza, o è la forza a determinare ciò che è giusto?


Foto di Natilyn Hicks Photography su Unsplash

La Nuova Cina rimane fermamente dalla parte della giustizia internazionale e si oppone risolutamente alla politica della forza e all’egemonia. La storia della Germania dovrebbe andare avanti, non indietro. Una grande nazione deve onorare i propri obblighi internazionali e adempiere alle proprie responsabilità, senza mettere gli interessi egoistici prima dei principi, e ancor meno usare il proprio potere per intimidire i più deboli. In Occidente si dice che “non esistono amici eterni, ma solo interessi permanenti”. Tuttavia, in Cina crediamo che gli amici debbano essere permanenti e che dobbiamo perseguire interessi comuni.

Con una profonda comprensione delle tendenze storiche della nostra epoca, il presidente Xi Jinping ha proposto la costruzione di una comunità dal futuro condiviso per l’umanità, invitando tutti i paesi a superare divergenze e differenze, proteggere insieme il nostro unico pianeta e sviluppare insieme il villaggio globale come nostra casa comune. Questa grande visione riflette non solo la nobile tradizione della civiltà cinese secondo cui il mondo appartiene a tutti, ma anche l’impegno internazionalista dei comunisti cinesi. Ci permette di considerare il benessere dell’intera umanità, proprio come avere una visione d’insieme delle montagne che sembrano piccole quando siamo in cima a una vetta, come descritto in un antico poema cinese.

Siamo lieti di vedere che sempre più paesi si sono uniti alla causa della costruzione di una comunità dal futuro condiviso per l’umanità. Oltre 100 paesi sostengono le iniziative globali di sviluppo, sicurezza e civiltà proposte dalla Cina, e più di tre quarti dei paesi nel mondo hanno aderito alla famiglia della cooperazione “Belt and Road”. La storia dimostrerà che il vero vincitore è colui che tiene conto degli interessi di tutti, e che una comunità con un futuro condiviso per l’umanità garantirà che il mondo appartenga a tutti e che ognuno possa avere un futuro luminoso.”

Conclusioni:

La Cina emerge chiaramente come un interlocutore strategico inevitabile, capace di influenzare profondamente gli equilibri globali, specialmente in un momento in cui le scelte statunitensi sembrano orientarsi verso un ritorno all’isolazionismo. L’Europa, mentre cerca di definire una propria identità e autonomia strategica, non può permettersi di sottovalutare la complessità della realtà cinese, che unisce ambiziosi obiettivi economici distanti dalle tradizioni europee di qualità e bellezza. La visione cinese di uno sviluppo “in stile cinese”, orientato all’equità sociale e (forse) alla sostenibilità ambientale, (non dimentichiamo le 100 città cinesi vuote), rappresenta sempre un interlocutore interessante e danaroso anche se un concorrente nella definizione di modelli economici e sociali assai lontani. La Cina, nonostante gli ambiziosi piani di crescita e modernizzazione, deve confrontarsi con ostacoli significativi come il rallentamento economico, l’invecchiamento della popolazione, la diminuzione della forza lavoro e il difficile equilibrio tra controllo statale e dinamiche di mercato. Gli Stati Uniti, d’altra parte, si trovano di fronte a sfide interne di diversa natura, tra cui un elevato indebitamento pubblico, un’inflazione con rischio di recessione e l’incertezza sulla riuscita e sostenibilità del nuovo modello economico.

Per l’Europa, questo scenario rappresenta un’occasione per rafforzare la propria autonomia strategica, evitando di dipendere troppo da queste due superpotenze. Dunque, la sfida è duplice: collaborare con la Cina per affrontare sfide comuni di ordine globale, mantenendo però ferme le proprie posizioni su valori e diritti umani, e al contempo evitare che il vuoto strategico lasciato da un’America più isolazionista venga colmato unilateralmente da una Cina determinata ad affermare il suo modello. In sintesi, per l’Europa è fondamentale costruire una strategia coerente, capace di dialogare con Pechino senza rinunciare alle proprie prerogative politiche, economiche e culturali.




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