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L’opinione – Il caso D&G

La Cina volta-Gabbana. Un finale poco dolce, nonostante il cannolo siciliano

di Chiara Sulmoni

Una breve considerazione a margine dell’incidente maldestro, in cui sono incorsi gli stilisti del marchio Dolce e Gabbana questa settimana. Ricapitolazione sommaria dell’antefatto: una serie di video promozionali della casa di moda italiana, diffusi online in vista di un’imponente sfilata in programma a Shanghai, in cui si ‘gioca’ con alcuni stereotipi (percepiti) e doppi sensi. Nello specifico, una giovane donna cinese griffata D&G e in atteggiamento quasi macchiettistico, intenta ad assaggiare con grande difficoltà pizza, pasta e un maxi-cannolo, con le bacchette tradizionali, guidata da una voce fuori campo. Battutina maliziosa e poco elegante al momento del dessert, quando la medesima voce allude alle notevoli dimensioni del dolce siciliano, forse non in linea con le abitudini o le preferenze della protagonista (mettiamola così). Risultato: la rete insorge contro il messaggio considerato razzista e sessista (anche se forse, si è trattato piuttosto di cattivo gusto) e il tutto si gonfia ulteriormente quando trapela un presunto scambio di messaggi privati piccati ed offensivi nei confronti della Cina, da parte di Stefano Gabbana, che sostiene sia invece il risultato dell’hackeraggio di un suo profilo social. Ma il danno è ormai fatto, la sfilata con centinaia di ospiti e clienti viene cancellata (con il coinvolgimento dell’Ufficio della cultura cinese il caso ha un risvolto ‘diplomatico’) e le collezioni D&G boicottate sui portali e-commerce del Dragone. Di conseguenza, una perdita finanziaria e di immagine considerevole.

La lezione ricorda così nel modo più duro quanto gli affari e il loro esito, nel mondo globalizzato, possano essere strettamente legati alle sensibilità culturali.

Economia e produzione come ‘occasione’ d’ingresso culturale? La globalizzazione non uniforma il mondo e non cancella le particolarità. Anzi. Mette più facilmente in contatto ma anche in rotta di collisione, tradizioni e abitudini diverse. Per coglierne i benefici, sapersi destreggiare è essenziale. Forse, in molte occasioni si guarda alla Cina come a un territorio o a un mercato di conquista, mentre sarebbe più opportuno, realistico e anche appagante, considerarla un terreno di scoperta. Anche se per D&G l’onda si è ingrossata via web, ciò che è accaduto non avrà forse a che vedere, piuttosto che con il potere del mondo virtuale, con la ‘self-confidence’ di un marchio ormai celebre, abituato anche a provocare?

L’importanza della cultural intelligence per fare business. In un recente articolo pubblicato sul portale di ‘authentico’, una app che aiuta il consumatore ad orientarsi verso il cibo made in Italy in tutto il mondo, si legge che secondo un’indagine “il 50% dei cinesi benestanti non conosce i prodotti agroalimentari italiani”; ma anche, si sottolinea la necessità di saper comunicare con il mercato di riferimento, per favorire quell’avvicinamento, per esempio proprio alla pasta, che passa attraverso l’evoluzione -o l’allargamento- della cultura culinaria. Per ora, i prodotti si adatterebbero al mercato locale (con gli spaghetti in posizione dominante, rispetto alla pasta corta, per la facilità di raccoglierli con le bacchette). Ironicamente, gli spot di D&G contenevano già gli ‘ingredienti’ giusti, per dare un bel contributo anche alla diffusione del cibo italiano.

Tant’è. Il cannolo siciliano lo mangeremo -forse- domani.




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