La morte di Sinwar ci conferma però due aspetti chiave. Il primo è che con la decapitazione dei suoi vertici politici e militari, Hamas ha perso la capacità di condurre una guerra strutturata contro Israele (avrebbe perso 80% della propria forza), sebbene il reclutamento di giovani reclute radicalizzate confermi ancora una certa presa ideologica in una fascia definita di popolazione. Dall’altro lato, questo è il secondo aspetto – molto più importante e determinante delle dinamiche della guerra – è la conferma di una capacità di intelligence israeliana che, al di là della disponibilità tecnologica d’avanguardia (pensiamo all’intensivo utilizzo dell’AI nell’attività di targeting – eliminazione obiettivi di alto valore), ha dimostrato di essere in grado di penetrare la difesa sociale creata attorno ai leader di Hamas. Questo perché per penetrare il cerchio a protezione di Sinwar (fatto di un ristretto numero di collaboratori di fiducia) Israele avrebbe colto una perdita di fiducia palestinese. La morte di Sinwar, con questa lettura, sarebbe così il risultato della combinazione tra la capacità intelligence e le crescenti crepe nella fiducia e nel sostegno da parte della popolazione di Gaza verso Hamas.