Principali eventi nell’area del Maghreb e del Mashreq – Dicembre
Algeria: l’Italia ha firmato un MoU per rafforzare il partenariato politico e di sicurezza
L’Algeria e l’Italia, lo scorso 5 dicembre, hanno firmato un Memorandum of Understanding (MoU) per il dialogo strategico bilaterale di partenariato, le questioni politiche comuni e la sicurezza globale. Il protocollo d’intesa è stato firmato ad Algeri in occasione della visita del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e del suo omologo algerino Sabri Boukadoum. Il memorandum d’intesa mira a sviluppare un “partenariato bilaterale” in particolare su temi condivisi quali la Libia, il Mali e, più in generale, la regione del Mediterraneo (Xinhua, 2020,1).
Egitto: esercitazioni navali congiunte con la Grecia nel Mediterraneo
Il 30 novembre, le forze navali egiziane e greche hanno condotto esercitazioni militari congiunte nel Mar Mediterraneo. Le esercitazioni hanno riguardato attività di addestramento operativo e logistico. L’esercitazione è stata condotta dalle unità navali egiziane che avevano già partecipato alle esercitazioni egiziano-russe “Friendship Bridge-3”, concluse a fine novembre nel Mar Nero (Xinhua, 2020).
Israele: Trump annuncia la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Marocco
Il Marocco è il quarto paese del Medio Oriente e della regione nordafricana ad avviare piene relazioni diplomatiche con Israele. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ringraziato il re del Marocco e ha accolto con favore lo “storico” accordo di pace tra Israele e Marocco avvenuto all’inizio di dicembre. L’evento segue i recenti passi avanti fatti da Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan nello stabilire legami diplomatici con Israele, accordi in gran parte mediati da Jared Kushner, consigliere e genero dell’allora presidente Donald Trump, e da un team di negoziatori. L’avvio delle relazioni diplomatiche tra i due paesi si è inserito all’interno del progetto politico statunitense di costituzione di un “blocco di solidarietà” tra Israele e diversi paesi arabi come mezzo di contrasto all’influenza iraniana nella regione (Salama, 2020).
Libano: “rivolte del pane” a Beirut per la sospensione dei sussidi per i beni di prima necessità
Continuano le proteste in Libano. Violente manifestazioni nel centro della capitale libanese: i manifestanti hanno incendiato pneumatici e tentato di raggiungere il parlamento. Gli hashtag #lifting_of_subsidies e #Lebanon_revolts sono stati i principali trend su Twitter in Libano. Le manifestazioni di protesta sono state alimentate dalle dichiarazioni del capo della banca centrale in merito alla possibilità di non rinnovo dei sussidi per l’acquisto di farina, carburante e medicinali. In un paese in cui, come più volte evidenziato dalle Nazioni Unite, è in corso una catastrofe sociale per le famiglie più povere la banca centrale ha tentato di arginare la crisi fornendo a tasso favorevole valuta estera agli importatori di beni di prima necessità (tra cui farina e carburante) mentre la sterlina libanese continua a perdere valore a causa della prolungata crisi economica.
Libia: pescatori italiani detenuti dal cosiddetto “esercito nazionale libico” di Haftar
“La guerra del gambero rosso” del Mediterraneo è un elemento che conferma la perdita di influenza dell’Italia in Libia: a fine agosto 2020 le milizie libiche hanno fermato e sequestrato due pescherecci italiani operanti a 35 miglia al largo di Bengasi, città portuale della Libia orientale attualmente controllata dalle milizie del generale Khalifa Haftar. Da allora, i 18 membri dell’equipaggio (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi), accusati di invasione delle acque libiche, sono trattenuti all’interno delle strutture detentive di Bengasi, mentre Italia e Libia continuano a negoziare il loro rilascio. Circa 40 pescatori sono stati feriti e detenuti negli ultimi 25 anni: sono state sequestrate più di 50 barche, e il rilascio di ognuna è costato fino a 50.000 euro, prezzo pagato solitamente dagli stessi pescatori (D’Ignoti, 2020). L’evento in sé, associato al sequestro e all’immediato rilascio del mercantile turco avvenuto nel mese di dicembre, evidenzia la perdita di influenza dell’Italia in Libia e nel Mediterraneo a favore di altri attori, tra i quali certamente la Turchia (Zahn, 2020).
Marocco: Gli Usa riconoscono la sovranità di Rabat sul Sahara occidentale
Il Marocco è diventato il quarto paese del Medio Oriente e della regione nordafricana a stabilire piene relazioni diplomatiche con Israele: un importante risultato di politica estera per l’amministrazione di Donald J. Trump alla ricerca del sostegno regionale a Israele, in risposta all’attivismo iraniano. Come parte dell’accordo, gli Stati Uniti hanno annunciato di “riconoscere la sovranità marocchina sull’intero territorio del Sahara occidentale”. “Un’altra svolta storica oggi! I nostri due grandi amici, Israele e il Regno del Marocco, hanno concordato di stabilire piene relazioni diplomatiche: un enorme passo avanti per la pace in Medio Oriente! “, ha annunciato l’allora presidente Donald Trump su Twitter (@realdonaldtrump, 11 dicembre 2020). La rivendicazione del Marocco sull’area non è ampiamente condivisa, e le Nazioni Unite considerano il Sahara occidentale un “territorio non autonomo”. Nota come “l’ultima colonia dell’Africa”, l’area contesa si trova tra il sud del Marocco e la Mauritania ed al centro dell’ambizioso progetto di sviluppo del governo marocchino, impegnato ad aumentare gli investimenti e a ridurre la disoccupazione nel tentativo di placare la popolazione saharawi che da tempo cerca l’indipendenza (Salama, 2020), anche attraverso il confronto armato guidato dal fronte del Polisario sostenuto dalla minoranza saharawi.
Tunisia: i manifestanti in Tunisia interrompono la produzione di fosfato
A fine novembre le proteste antigovernative in nome del diritto al lavoro hanno portato allo stop dell’intera produzione di fosfato tunisino. La Gafsa Phosphate, società a gestione statale è stata azienda leader globale nell’estrazione e lavorazione di minerali fosfatici utilizzati per la produzione di fertilizzanti; un settore che ha rappresentato per la Tunisia un’importante fonte di valuta estera. Ma oggi la produzione di fosfati in Tunisia è diminuita in conseguenza della riduzione della domanda da parte del mercato e a causa delle proteste e degli scioperi che hanno costantemente ridotto la produzione e causato perdite per miliardi di dollari. Il governo, che si è impegnato a rispondere alle richieste delle comunità locali interessate dall’attività estrattiva, è però impegnato ad affrontare quella che è la più grave crisi finanziaria della storia tunisina, con un deficit di bilancio pari all’11,4% del PIL (Al Jazeera, 2020).
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