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#ReaCT2121 – La propaganda terroristica online dello Stato Islamico e di al-Qa’ida durante l’emergenza Covid-19

di Stefano Mele, Presidente della Commissione Sicurezza Cibernetica del Comitato Atlantico Italiano [1]

La morte di Al-Baghdadi nell’ottobre del 2019 ha sancito il crollo definitivo del Califfato e la sconfitta, almeno sui territori, del sedicente Stato Islamico. Tuttavia, le molteplici e continue attività di propaganda svolte durante l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 e soprattutto i recenti attentati di Parigi, Nizza e Vienna hanno ricordato quanto questa organizzazione terroristica sia ben lontana dal poter essere considerata come una minaccia da archiviare all’interno dei libri di storia, ma si trovi, in realtà, in una mera fase discendete e di riorganizzazione. Lo dimostrano il numero sostanzialmente stabile di attentati portati a segno negli ultimi dodici mesi, così come l’elevata quantità di arresti eseguiti dalle Forze di polizia.

Contestualmente, anche Al-Qaeda vive un periodo di forte disorientamento legato, tra le altre cose, alla morte durante il 2020 di ben tre leader della sua organizzazione: Hamza Bin Laden, l’erede di Osama Bin Laden, ucciso a luglio durante una incursione dei Navy Seal tra l’Afganistan e il Pakistan, Abu Muhamamd Al-Masri, ucciso dal Mossad ad agosto nelle strade di Teheran e infine Ayman Al-Zawahiri, morto a novembre in Afganistan per cause naturali.

Nonostante ciò, al fine di mantenere saldo il vincolo con i militanti, sia lo Stato Islamico che Al-Qaeda hanno continuato ad affermare la propria identità puntando anzitutto sulla propaganda e sul proselitismo attraverso Internet e le tecnologie. L’analisi complessiva delle loro attività online durante la pandemia se da un lato restituisce un notevole intensificarsi di queste attività, dall’altro conferma le narrazioni preesistenti e la più ampia strategia di comunicazione, dettata principalmente dalle differenti posizioni di forza attualmente esercitate da queste due organizzazioni terroristiche.

In tal senso, lo Stato Islamico ha proseguito sul ben noto percorso legato ad una narrazione sempre particolarmente aggressiva e conflittuale, identificando il Coronavirus come un vero e proprio “soldato di Allah”. Un alleato, quindi, capace di offrire al loro network – si legge in alcuni comunicati – un’opportunità unica per colpire gli infedeli senza alcuna pietà e quando meno se lo aspettano. L’attenzione si è concentrata in particolar modo nei confronti dei militari e delle Forze di polizia, i quali, secondo i proclami dello Stato Islamico, essendo dispiegati per le strade e per i vicoli a causa dell’emergenza sanitaria, avrebbero rappresentato un bersaglio ancora più facile da colpire.

La propaganda di Al-Qa’ida durante la pandemia, invece, si è posta in netto contrasto con i messaggi di quella dello Stato Islamico, basandosi su narrative molto più “suadenti” e insolitamente concilianti nei confronti dei non-musulmani, tese anzitutto a continuare nel perseguire quella politica “del cuore e della mente” da tempo indirizzata ad affascinare i musulmani comuni e gli occidentali occasionali. Non è un caso, quindi, che la quasi totalità delle loro dichiarazioni durante questo periodo abbiano puntato su un invito generale alle nazioni occidentali ad aderire all’Islam dopo che – si legge – il Coronavirus ha reso impotenti economie, eserciti e governi forti. Ne è un chiaro esempio il documento di sei pagine del marzo 2020, intitolato “The Way Forward: A Word of Advice on the Coronavirus Pandemic”. Destinato in maniera evidente ad un pubblico occidentale, il messaggio di Al-Qa’ida si concentra nell’evidenziare il ruolo del Coronavirus come di una punizione divina per la presunta decadenza morale e intellettuale dell’Occidente. “Vi invitiamo a riflettere sul fenomeno del COVID-19 e a considerare attentamente le sue cause più profonde” – scrivono gli alti dirigenti di Al-Qa’ida – “La verità rimane, piaccia o no, che questa pandemia è una punizione del Signore dei mondi per l’ingiustizia e l’oppressione commesse dai governi che eletti contro i musulmani in particolare e contro l’umanità in generale”. Dopo che un “soldato invisibile” [il COVID-19, ndr] ha rivelato la debolezza intrinseca dei modi materialistici dell’Occidente, il comunicato prosegue con “Un appello generale per le masse nel mondo occidentale ad abbracciare l’Islam”. “Vorremmo condividere con voi il nostro desiderio che siate i nostri compagni nei Cieli la cui estensione è molto più grande della terra e del cielo” – si legge nella dichiarazione di Al-Qa’ida – “È con questo spirito che vorremmo introdurvi all’Islam e invitarvi ad entrare nella pace, perché questa è l’unica via che porta alla prosperità in questo mondo e alla liberazione nell’aldilà”.

Un punto di contatto nelle attività di propaganda di queste due organizzazioni terroristiche lo si può evidenziare, invece, in relazione alle comunicazioni relative alle precauzioni da adottare per evitare le infezioni. Al-Qa’ida, ad esempio, ha ampiamente promosso l’Islam come religione che incoraggia la pulizia e l’igiene personale, anche attraverso le abluzioni regolari per eseguire le preghiere, facendo così un implico riferimento all’igiene come metodo per evitare di essere colpiti dal Coronavirus.

Lo Stato Islamico, invece, soprattutto attraverso la newsletter al-Naba’, ha propagandato in via generica l’osservanza delle misure di salute e sicurezza derivanti dalla letteratura religiosa e dai consigli sulla salute dettati dall’Islam. Questa “sensibilità” verso il proprio network non ha impedito, però, di criticare fortemente le politiche di chiusura delle moschee o di limitazione delle preghiere comuni. Lo Stato Islamico, in particolare, durante il mese di maggio, ha rilasciato una notevole quantità di immagini tese ad esibire i suoi militanti nell’atto di godere dei pasti del Ramadan e della preghiera in comunità senza alcuna traccia di distanziamento sociale.

Gli effetti di breve periodo di questa strategia possono essere rintracciati nei recenti attentati di Parigi, Nizza e Vienna, dove – almeno stando alle informazioni attualmente disponibili – gli attacchi sembrano essere stati compiuti da cellule che si sono ispirate ai messaggi dello Stato Islamico, pur non essendo effettivamente coordinate da questa organizzazione.

Più complessa e meno prevedibile, invece, è la previsione degli effetti di medio-lungo periodo. Se è vero, infatti, che il perdurare della situazione di crisi sanitaria, unita sempre più anche a quella economica, il continuo alimentare e incanalare la rabbia sociale verso azioni ostili e la persistente “chiamata all’azione” dello Stato Islamico, potrebbero rappresentare il mix perfetto per essere costretti a guardare al prossimo futuro con preoccupazione, il risultato finale non è detto che possa essere così scontato e nettamente delineato per tutti gli Stati. Infatti, la stessa pandemia che finora ha rappresentato l’elemento chiave per il rafforzamento delle attività di propaganda online, potrebbe costituire – almeno in Europa – anche il freno alla radicalizzazione violenta, soprattutto fino al perdurare delle misure di cosiddetto “lockdown”. Con l’allentarsi della crisi sanitaria, invece, la situazione dovrà essere analizzata caso per caso e nazione per nazione, al fine di evidenziare quegli indicatori online e “offline” capaci di far presagire il concretizzarsi di una deriva violenta di imminente attuazione.

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[1] Stefano Mele, avvocato e Partner di Carnelutti Studio Legale Associato, ove è il Responsabile del Dipartimento di Diritto delle Tecnologie, Privacy e Cybersecurity. Si occupa a livello nazionale e internazionale degli aspetti politici, strategici e legali dell’impatto delle tecnologie sulla vita dei cittadini, sulle imprese e sulla sicurezza nazionale. È, inoltre, il Presidente dell’Autorità ICT della Repubblica di San Marino. Tra le numerose cariche ricoperte, è anche il Presidente della Commissione Sicurezza Cibernetica del Comitato Atlantico Italiano e il Presidente del “Gruppo di lavoro sulla Cybersecurity” della Camera di Commercio americana in Italia (AMCHAM). Nel 2020, ha partecipato al prestigioso International Visitors Leadership Program (IVLP) del Dipartimento di Stato americano.




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