Iniziativa di Difesa “5+5”. 14° incontro tra i ministri della Difesa: “rompere i legami tra immigrazione irregolare e criminalità organizzata”
C. Bertolotti illustra l’analisi e le raccomandazioni ai ministri: “rompere i legami tra immigrazione irregolare e criminalità organizzata”
Ministro Elisabetta Trenta: Questa iniziativa rappresenta la sintesi condivisa di creare una cultura comune di sicurezza
Il 12 dicembre si è svolto, sotto la presidenza italiana, il 14° incontro dei Ministri della Difesa aderenti alla Iniziativa 5+5 Difesa. L’accordo di collaborazione, avviato nel 2004 a Parigi su proposta italiana, promuove la cooperazione su problematiche comuni di sicurezza e difesa e contribuisce alla stabilità regionale e alla comprensione reciproca tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo Occidentale: quella del nord, cui fanno parte Francia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna, e quella del sud, con Algeria, Libia, Mauritania, Marocco e Tunisia.
L’incontro si è aperto con un lungo meeting tra i Ministri della Difesa, che, oltre a fare il punto di situazione sui proficui effetti derivanti dall’intensa attività di cooperazione, hanno prospettato importanti linee d’azione foriere di ulteriori sviluppi cooperativi. Questo consesso è stato anche l’occasione per consentire un’analisi di alto livello delle minacce e delle sfide alla sicurezza dell’area mediterranea, con particolare riferimento ai traffici illeciti gestiti da reti criminali e al terrorismo di matrice radicale. (Fonte Ministero della Difesa).
Un’analisi collettiva comprendente importanti raccomandazioni, frutto del lavoro dei ricercatori dei dieci paesi dell’area “5+5” coordinati da Andrea Carteny del CEMAS – Università La Sapienza, che è stata presentata dal ricercatore italiano del Ce.Mi.S.S. Claudio Bertolotti che ha contribuito alla realizzazione del documento di ricerca pubblicato dal CEMRES di Tunisi.
“Il terrorismo, le migrazioni, la criminalità sono solo alcuni degli elementi di instabilità e pericolo che si promanano dai numerosi focolai di crisi che insistono a ridosso del nostro spazio comune, come nel caso del Sahel. Questi riguardano tutti noi indistintamente, per cui si rende necessario capirne, in una prospettiva comune, la natura, l’impatto e articolare assieme le necessarie misure di contrasto”.
In particolare, negli ultimi anni, la 5+5 Difesa si è concentrata sull’obiettivo di consolidare le relazioni e le attività di cooperazione nei settori del contro-terrorismo, della sorveglianza marittima, del search and rescue e dell’impiego degli strumenti militari in compiti di protezione civile.
Cosa dice il documento congiunto e quali sono le raccomandazioni fatte dai ricercatori ai ministri della Difesa del Mediterraneo Occidentale?
Il gruppo internazionale di ricercatori della “5+5 Defence Initiative”, di cui Claudio Bertolotti è l’unico ricercatore italiano, ha sviluppato un documento di analisi e d’indirizzo di policy presentato ai ministri della Difesa dei paesi del Mediterraneo occidentale. Il titolo della ricerca è:
Quale approccio e quali mezzi implementare nei settori della difesa e della sicurezza per frenare la migrazione illegale e combattere le reti criminali ad essa collegate nello spazio 5+5?
La ricerca, pubblicata ma non ancora divulgabile, è divisa in 3 assi con un’introduzione preliminare e una finale con le raccomandazioni. Un allegato finale presenta in maniera sintetica le singole strategie nazionali come utili elementi di comparazione.
L’Introduzione delinea le tematiche affrontate dando una definizione giuridica e condivisa su concetti relativi a “Migrazione illegale e reti criminali“, in particolare definisce cosa sono i migranti “illegali”, “irregolari”, i “rifugiati”, le migrazioni di “massa” e, ancora, definisce cosa si intenda per “organizzazioni criminali” e “terrorismo”.
L’asse 1 della ricerca tratta “Le minacce e le vulnerabilità correlate alle migrazioni irregolari”. La migrazione è un fenomeno storico che si è evoluto nel tempo; storicamente affrontato come conseguenza di dinamiche e ragioni economiche (la ricerca di migliori condizioni lavorative), è oggi trattato con un approccio securitario che tende più ad agire sulle conseguenze (l’arrivo dei migranti nei paesi di transito e destinazione) e non sulle reali cause. La migrazione illegale verso l’unione Europea, che è prevalentemente economica, è oggi aggravata da conflitti armati, povertà e cambiamenti climatici, e le prospettive di cambiare questa dinamica nel prossimo futuro non sono ottimistiche.
Il primo asse è diviso in 3 sezioni.
La prima si concentra sui “Flussi migratori“: le principali rotte migratorie illegali nello spazio “5+5” per raggiungere l’UE come destinazione finale sono la rotta del Mediterraneo centrale, la rotta del Mediterraneo occidentale e la rotta occidentale africana; i paesi del Maghreb diventano prevalentemente luoghi di transito, pur non escludendo un ruolo secondario di luogo di destinazione come denunciato da Algeria e Marocco. La preoccupazione maggiore tra i paesi dell’area è che le rotte sono gestite da reti criminali e gruppi di trafficanti coinvolti anche in altri traffici illegali.
In merito alle “reti criminali” e alla “sicurezza delle frontiere“: la situazione della sicurezza in Libia ha portato a un processo di destabilizzazione che offre un terreno favorevole per potenziali pericoli singoli o combinati, come il terrorismo, l’immigrazione illegale e la proliferazione di tutti i traffici illeciti (armi, droga, beni archeologici, materie prime, traffico di esseri umani e riciclaggio di denaro).
La seconda sezione, intitolata “Reti di migrazione irregolari”, si concentra sulla possibile infiltrazione di elementi terroristici e criminali tra le masse di migranti illegali e sulle relazioni potenziali tra migranti irregolari e le reti della criminalità organizzata; infine affronta la questione delle minacce per l’economia e degli oneri finanziari conseguenti.
La terza sezione “La sicurezza delle frontiere di fronte ai flussi migratori illegali” si concentra sui flussi migratori illegali, sulla porosità dei confini, sulle crescenti sfide che derivano da queste fragilità.
L’Asse 2 si concentra sugli “Approcci Regionali: Comunità e Paesi” e delinea il contesto geopolitico e le strategie nazionali per l’area mediterranea nello “Spazio 5+5”.
La prima sezione approfondisce il “Contesto geopolitico del Mediterraneo” – focalizzandosi su una realtà regionale caratterizzata da una grande diversità etnica e culturale; accessibile attraverso lo Stretto di Gibilterra, il Bosforo e il Canale di Suez, il mediterraneo occidentale è anche un hub essenziale per il trasporto marittimo. All’interno dell’area mediterranea i movimenti migratori sono concentrati nella direzione sud-nord e la loro natura è sempre più di natura illegale e clandestina, anche in conseguenza della perdurante instabilità regionale.
La seconda sezione si concentra sulle “Strategie e iniziative mediterranee” finalizzate alla promozione del dialogo tra gli stati della regione. Il gruppo di ricercatori ha ritenuto importante mettere in evidenza la necessità di dare vita a un processo di istituzionalizzazione della gestione migratoria nel Mediterraneo; un processo che dovrebbe auspicabilmente tener conto di tre elementi specifici:
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La leadership europea in termini di offerte di cooperazione,
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La cooperazione degli Stati della sponda meridionale e il superamento del loro timore di «violazione» della sovranità nazionale,
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La complessa geopolitica delle migrazioni del Mediterraneo.
In tale ampio quadro in cui la spinta politica è essenziale, i ricercatori hanno ritenuto opportuno suggerire ai ministri della Difesa che le strategie e le iniziative regionali in corso debbano essere affrontate con tre differenti strumenti e livelli:
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Gli strumenti del dialogo politico,
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Gli strumenti del dialogo tecnico
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I meccanismi operativi.
L’asse 3 indaga sulla questione della “Cooperazione e sicurezza per lo ‘spazio 5+5’.
“La comune minaccia del terrorismo” – il cosiddetto “Stato Islamico”, conosciuto anche come ISIL, ISIS o Daesh – è oggi in grado di mettere in atto due tipi di sfide dirette:
Da un lato, la minaccia «organizzata e strutturata» che potrebbe riproporsi con il ritorno di migliaia di foreign fighter nei paesi di origine o in paesi terzi.
D’altra parte, la minaccia “non strutturata o semi-strutturata” rappresentata da individui che emulano le azioni più eclatanti, i cui effetti sono amplificati dai media e dalla propaganda dell’IS. Una minaccia, questa, che si basa su azioni a basso costo e con armi facilmente reperibili, come il recente attacco di Strasburgo ha confermato.
L’ultima, e più rilevante parte del documento, è costituita dalle raccomandazioni proposte dei singoli ricercatori; proposte che, pur non rappresentando un elenco concordato e condiviso da tutti i paesi, rappresentano la base per un dialogo finalizzato alla realizzazione di una strategia comune di azione. In breve, le raccomandazioni proposte sono state raggruppate in due gruppi principale. Si sintetizzano quelle più rilevanti:
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Necessità di definire una nuova politica di prossimità e di vicinato tra l’Unione europea e i paesi della sponda sud;
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Stabilire un quadro multilaterale che includa «l’Iniziativa di difesa 5+5» e l’Unione Europea, ed eventualmente anche la NATO, al fine di creare aree strutturate di raccolta migranti; una raccomandazione che ha trovato la resistenza da parte dei paesi del nord Africa, intimoriti di dover affrontare la gestione di tali centri.
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Valutare la possibilità di coinvolgere la NATO nel garantire la sicurezza del fianco sud dell’Alleanza, e dunque del Mediterraneo.
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Accesso ai fondi dell’UE per le migrazioni “2012-2027” e al “Fondo fiduciario per l’Africa” dell’Unione al fine di coinvolgere i paesi nordafricani partecipanti alla “5+5”.
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Stabilire sistemi e protocolli di allarme che consentano lo scambio di informazioni per una rapida individuazione di nuove rotte alternative nelle quali potrebbero operare reti criminali.
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Limitare il ruolo autonomo e non coordinato di attori non statali (in particolare le ONG) nella gestione dei flussi migratori.
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Aprire a canali di migrazione legale verso i paesi dell’UE.
Un secondo gruppo di raccomandazioni ha posto l’accento sulla necessità di:
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Assistere la Libia.
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Adottare un approccio trasversale per far fronte alla migrazione illegale e alle reti criminali
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Aumentare il controllo delle frontiere terrestri e marittime.
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Rafforzare la cooperazione del 5+5 a supporto della stabilità regionale.
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Organizzare e sostenere i centri di assistenza al ritorno dei migranti nei paesi del Sahel.
La relazione, apprezzata dalle delegazioni dei paesi partecipanti all’iniziativa di difesa mediterranea, è stata seguita da numerosi interventi di apprezzamento e commenti da parte di tutti i ministri della Difesa o loro delegati.