Offensiva russa in Ucraina? I limiti dell’Occidente che la Russia sfrutterà
di Claudio Bertolotti
Le battaglie stanno prosciugando le scorte di armi da entrambe le parti.
Jens Stoltenberg, Segretario generale della Nato
Le battaglie stanno prosciugando le scorte di armi da entrambe le parti. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha avvertito all’inizio di questa settimana che l’Ucraina sta consumando le munizioni molto più velocemente di quanto i suoi alleati possano fornirle.
L’amara constatazione del Segretario generale dell’Alleanza atlantica, a conclusione della riunione dei ministri della Difesa della Nato avvenuta il 14-15 febbraio, suggerisce un quadro non favorevole a Kiev in relazione agli sviluppi della guerra russo-ucraina iniziata quasi un anno fa.
L’analisi del quadro complessivo non può tener conto di quattro fattori, da cui discendono le future prospettive e le possibili opzioni.
Il primo elemento chiave consiste nel fatto che la Russia ha la volontà politica (imposta dalla necessità della sua leadership) di proseguire la guerra fino a quando non avrà raggiunto i propri obiettivi strategici minimi, ed ha la capacità militare di proseguire una guerra di media intensità per un tempo ancora indefinito, indipendentemente dalle perdite sul campo di battaglia. L’esperienza decennale della guerra in Cecenia ne è una conferma.
Il secondo fattore è dato dalla volontà politica ucraina di proseguire sulla linea della resistenza armata, ma la sua limitata capacità militare dipende in toto dall’aiuto esterno, in primis, da parte degli Stati Uniti e, a seguire, dai Paesi e dalle organizzazioni del blocco occidentale (Unione Europea e Nato): a fronte dell’attuale ritmo di rifornimento militare, se Kiev continuerà a perseguire la linea della resistenza a oltranza come sta facendo da tempo (in particolare nell’area orientale di Bakhmut) non potrà in alcun modo condurre azioni controffensive.
Terzo fattore: la NATO. L’Alleanza fornisce un sostegno limitato, proporzionale alle sue capacità e disponibilità dei singoli Paesi aderenti, e non ha intenzione di essere trascinata in un conflitto allargato che sarebbe devastante e senza via d’uscita, se non attraverso il confronto diretto con la Russia e l’escalation di violenza che ne conseguirebbe. Un prezzo che l’Alleanza non è disposta a pagare. Dunque, si rilevano limiti politici di volontà associati a una capacità di sostegno che metterebbe in crisi il sistema industriale dei membri dell’Alleanza, la maggior parte dei quali sono anche membri di un’Unione europea politicamente debole e divisa.
Infine, il quarto fattore: gli Stati Uniti. Washington ha una limitata volontà politica e una significativa, ma condizionata, capacità di sostegno militare nel breve-medio periodo ma nessuna intenzione di sostenere una guerra sul lungo periodo rischiando un impegno simile a quello sostenuto nella guerra in Afghanistan.
Questi quattro fattori mettono in evidenza la principale criticità dell’intero meccanismo di sostegno all’Ucraina: la divergenza tra limitata volontà/capacità occidentale, propensa a un accordo negoziale in cui Kiev dovrebbe rinunciare a parte della propria sovranità territoriale, e la determinata volontà e significativa capacità russa di sostenere una guerra a media intensità sul lungo periodo per annettere (non importa in quanto tempo) l’intero territorio ucraino.
Il quadro che si è definito continua a essere a vantaggio di una Russia che, per quanto indebolita sul piano delle Relazioni internazionali, fiaccata militarmente ed economicamente impoverita, non farà alcun passo indietro, né militarmente né politicamente, così come non lo fece nel 2014/2015. E’ un deja vu: lasciare spazio di manovra negoziale a Mosca significa ripetere gli errori della prima guerra di Ucraina, che aprì le porte alla seconda fase, iniziata il 24 febbraio 2022.
Ucraina: carri armati e comunicazione. Il commento di C. Bertolotti a Rainews 24 (27.01.2023)
“Le forze russe hanno continuato gli attacchi di terra intorno a Bakhmut, alla periferia occidentale della città di Donetsk, e nella zona di Vuhledar. Attacchi che secondo lo Stato maggiore della Difesa ucraino sarebbero stati respinti dall’esercito di Kiev. Intensi i bombardamenti lungo la linea del fronte e nel retrofronte ucraino da parte dell’artiglieria russa.
Secondo l’Institute for the Study of War (ISW), “le forze ucraine hanno rilanciato le operazioni di controffensiva vicino a Kreminna.” I ritardi nella fornitura all’Ucraina di sistemi d’arma occidentali a lungo raggio, sistemi avanzati di difesa aerea e carri armati hanno limitato la capacità dell’Ucraina di sfruttare le opportunità per la condotta di operazioni controffensive più ampie sfruttando i limiti e le difficoltà nella condotta delle operazioni militari della Russia.
Guardando a un orizzonte temporale di breve termine, è logico ritenere che le forze russe si stiano preparando per uno sforzo offensivo nella primavera o, al più tardi, all’inizio dell’estate di quest’anno, così da porre termine a un conflitto durato molto più delle previsioni iniziali e per dare un risultato soddisfacente in previsione delle elezioni presidenziali del 2024.
A fronte degli sviluppi sul campo di battaglia, anche sul “fronte” della comunicazione si intensifica l’attivismo delle due parti in guerra. Da un lato il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la sua partecipazione a eventi “pop” e ad ampia diffusione come il Festival di Sanremo: tra contestazioni e sostegno riesce a far parlare della guerra in Ucraina, centrando così l’obiettivo di arrivare alle opinioni pubbliche dei Paesi che sostengono Kiev nella difesa dall’invasione illegale della Russia. Dall’altro lato, il Presidente russo Vladimir Putin, che minaccia ampie e gravi rappresaglie in risposta all’invio di mezzi corazzati in supporto all’Ucraina da parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti: un messaggio “forte” rivolto prevalentemente all’opinione pubblica interna. Entrambe le azioni hanno in comune una strategia comunicativa e propagandistica aggressiva ed efficace: un chiaro e consolidato strumento della guerra.
Guerra russo-ucraina (D+65): la coerenza della dottrina militare russa e l’errata percezione occidentale. (Seconda parte)
La coerenza della dottrina militare russa e l’inquinamento delle info-ops;
L’errata percezione occidentale sulla “battaglia” per
Kiev;
Vulnerabilità delle forze aviotrasportate russe: armi
controcarro ucraine e sotto-impiego;
Analogie d’impiego delle forze aviotrasportate ucraine e
russe;
La vulnerabilità della fanteria: mezzi vecchi e inadatti.
La coerenza
della dottrina militare russa e l’inquinamento delle info-ops
Le informazioni e i dati disponibili su
quale sia stato il reale sviluppo, e soprattutto quali erano i reali scopi,
delle operazioni condotte dalle forze russe nell’area di Kiev e dell’Ucraina
nord-orientale nelle prime settimane di conflitto sono ancora molto limitate e
approssimative, oltre che fortemente “inquinate” dalle “Information Operations”
(Info-Ops) tutt’ora in corso, in primo luogo da parte ucraina. Tuttavia, a oggi
è possibile abbozzare alcune considerazioni, soprattutto riguardo le modalità
d’azione e i procedimenti tecnico-tattici adottati dalle unità russe, in
particolar modo durante la prima fase del conflitto, quella comprensiva delle
profonde avanzate iniziali. Uno dei commenti a caldo su di esse si è
focalizzato sull’osservazione dei reparti russi che muovevano soprattutto lungo
le rotabili principali, stigmatizzandolo come un evidente errore tattico. In
realtà, queste affrettate analisi non hanno tenuto conto della dottrina tattica
dell’esercito russo, anche in questo caso direttamente mutuata da quella in
vigore già in epoca sovietica. In essa, il mantenimento della velocità di una
manovra offensiva, e del cosiddetto “ritmo dell’avanzata”, della stessa,
riveste carattere di massima importanza. Pertanto, il movimento su strada viene
privilegiato e raccomandato ogniqualvolta possibile prima dell’effettivo
contatto con le posizioni difensive avversarie. La formazione di marcia su
strada è espressamente prevista e fa parte dello schema di manovra del
combattimento offensivo, prevedendo un rapido passaggio a quella d’attacco,
aperta e spiegata sul terreno, con procedure standardizzate e ripetute più
volte in addestramento ed esercitazioni.
L’errata
percezione occidentale sulla “battaglia” per Kiev
In particolare, attualmente, per le
forze in attacco l’esercito russo prevede tre formazioni principali, con
diverse modalità per i vari livelli ordinativi: quella di marcia (compresa la
modalità “in presenza di minaccia”), marcia pre-combattimento e la formazione
da combattimento. A tutti gli effetti, osservando le avanzate delle forze russe
dei primi giorni di guerra, anche e soprattutto nei settori settentrionali del
teatro operativo (circa 300 Km, ad esempio, dal confine russo, nell’area di Sumy
fino ai sobborghi orientali di Kiev, in una settimana) si può vedere come esse
abbiano coperto diverse centinaia di km in pochi giorni, e ciò quasi certamente
è stato ottenuto con l’applicazione dei citati schemi tattici. In realtà, se
ciò abbia poi effettivamente comportato delle forti criticità, soprattutto a
causa del sistematico aggiramento degli insediamenti urbani, sui quali le unità
ucraine hanno continuato a resistere per molto tempo anche dopo essere state
circondate, dovrà essere sicuramente materia di analisi successive e più approfondite,
comprensive anche dei dati reali sulle perdite di entrambe le parti. Tuttavia,
ciò dovrà essere fatto concentrandosi più opportunamente sulla reale validità,
e aderenza alla realtà attuale delle moderne operazioni terrestri, della
dottrina tattica russa, piuttosto che sulla presunta incompetenza di comandanti
e uomini sul campo, come si è sentito affrettatamente concludere, anche da
parte di “addetti ai lavori”, tradendo in questo modo un approccio erroneo nel
voler analizzare lo sviluppo di operazioni militari reali secondo
un’impostazione “occidentalizzata” che mal si attaglia a un’analisi realmente
seria e approfondita.
Vulnerabilità
delle forze aviotrasportate russe: armi controcarro ucraine e sotto-impiego
Un altro aspetto interessante, dal punto
di vista tattico, riguarda l’impiego da ambo le parti delle Grandi Unità
aviotrasportate e d’assalto aereo. Nella terminologia militare occidentale la
distinzione tra le due categorie di forze riguarda sostanzialmente il mezzo con
il quale esse realizzano il cosiddetto “aggiramento verticale”, che è quello
aereo e l’aviolancio per le prime, e l’elitrasporto/eliassalto per le seconde
(definite più precisamente, nella terminologia militare italiana,
“aeromobili”), fatto salvo che si tratta di unità leggere che mantengono
comunque un’elevata flessibilità di impiego nelle varie situazioni operative.
Nella dottrina dell’esercito sovietico le robuste divisioni aviotrasportate
delle Vozdušno-desantnye vojska (VDV) dovevano
eseguire le cosiddette “azioni concorrenti”, lanciandosi nelle retrovie della
NATO per conquistare obiettivi in profondità, attaccare le sorgenti di fuoco
nucleare e sconvolgerne le retrovie, disarticolandone l’alimentazione tattica e
logistica. Aspetto peculiare di queste unità era che esse erano interamente meccanizzate,
ossia con i reparti dotati di veicoli da trasporto e combattimento per la
fanteria, nello specifico quelli della serie BMD (“Boevaja Mašina Desantnaja”)
specificamente concepiti per l‘aviotrasporto e anche “aviolanciabili”. Il
criterio fondamentale era riferito al fatto che secondo la dottrina sovietica
le unità delle VDV a livello divisione sarebbero state aviolanciate molto in
profondità (fino a 300 Km) nelle retrovie delle forze NATO, e pertanto dovevano
possedere un adeguato livello di protezione e capacità di sopravvivenza per
poter resistere per un tempo ragionevole (diversi giorni) prima di
ricongiungersi con il grosso delle forze amiche. Le unità d’assalto aereo avevano
invece solo un’aliquota minore (circa ¼) dei loro reparti meccanizzati.
Le attuali unità
aviotrasportate russe, che nell’apparato militare di Mosca costituiscono una forza
armata indipendente, hanno la stessa fisionomia di quelle sovietiche, e i
veicoli della serie BMD, nei loro modelli più aggiornati, ancora oggi
equipaggiano le unità delle VDV. Tuttavia, un necessario prerequisito tecnico
di questo tipo di mezzi è quello di doverne necessariamente limitare il peso
complessivo, al fine di garantire la possibilità di aviotrasporto (e, nel caso
specifico, anche l’ “aviolanciabilità”) andando inevitabilmente a incidere
anche sul livello di protezione. Nella tipica situazione operativa in cui
queste unità dovrebbero operare, quella di azioni condotte in profondità dopo
essere state “lanciate” contro le retrovie dell’avversario, questa evidente
limitazione potrebbe essere ritenuta accettabile nel momento in cui in
quell’area della battaglia la minaccia delle armi controcarro non dovrebbe
essere così elevata come invece avviene, ovviamente, in corrispondenza o in
prossimità della linea di contatto. Ma nel corso del conflitto in atto in
Ucraina è facile rilevare come, dopo le azioni di assalto aereo condotte (a
quanto pare senza troppa fortuna) nelle primissime fasi della guerra, diverse
Grandi Unità delle VDV siano impiegate dall’esercito russo come normali pedine
di manovra, sulla linea di contatto, alla stregua di quelle motorizzate e
corazzate. Ciò è quanto è stato osservato lungo la direttrice d’attacco
iniziale a ovest di Kiev, lungo la sponda destra del Dnepr, dove sarebbero
state identificate la 31a brigata d’assalto aereo e la 98a
divisione aviotrasportata, mentre sul lato opposto del teatro di operazioni,
quello meridionale della Crimea, nel settore di Kherson- Mikolayv,
stanno operando i reparti della 7a divisione d’assalto aereo. Senz’altro,
la caratteristica di queste forze di essere “anche” meccanizzate le rende di
fatto bivalenti, cioè effettivamente in grado di assumere anche un ruolo di
questo tipo, ma resta da verificare come il minore livello di protezione dei
BMD possa aver inciso sulla loro efficacia in combattimento, e di conseguenza
su quella dei reparti che ne sono dotati. D’altro canto, questo fatto potrebbe
essere un ulteriore indicatore della non abbondanza di Grandi Unità pesanti
(con termine ottocentesco diremmo “di linea”), motorizzate e corazzate
dell’esercito da utilizzare nei vari settori dell’area di operazione.
Analogia
d’impiego delle forze aviotrasportate ucraine e russe
Le forze armate russe e
ucraine condividono la comune origine con quelle sovietiche, una circostanza
importante che si palesa non solo nell’armamento e i mezzi in dotazione, ma
anche negli aspetti organizzativi, ordinativi e dottrinali. A tal proposito, un
caso particolarmente evidente è proprio quello delle forze aviotrasportate.
Anche le Desantno-shturmovi viyska Ukrayiny (DShV), ossia le unità aviotrasportate
e d’assalto aereo ucraine, sono formalmente una forza armata indipendente (come
peraltro anche le unità delle forze speciali) e anch’esse sono formate da unità
di fatto “bivalenti”, ossia dotate di veicoli da trasporto e combattimento per
la fanteria ma, contrariamente alle VDV russe, solo la 25a brigata
aviotrasportata è dotata di veicoli BMD-1 e BMD-2, mentre le altre brigate
d’assalto aereo hanno in dotazione gli stessi veicoli da trasporto e
combattimento della fanteria di cui sono dotati i reparti dell’esercito, in
particolare i ruotati BTR-70 e BTR-80 e i più moderni BTR-3DA. In esito a ciò,
le brigate delle DShV risultano essere sostanzialmente più robuste, dal punto
di vista della protezione, di quelle similari delle VDV, e ciò è esemplificato
dal fatto che tutte, ad eccezione, anche in questo caso, della 25a
(quella che ha come compito principale la condotta di operazioni
avioportate propriamente dette, e quindi relativamente più “leggera”) hanno in
organico una compagnia carri su T-80UD. L’impiego tattico delle unità delle
DShV (all’atto pratico da considerare, come avviene per le forze
aviotrasportate in tutto il mondo, come unità “scelte”), discende direttamente
da questa precisa fisionomia organica che le accomuna a quelle russe. Anch’esse
sono infatti intensamente impiegate come unità di manovra, a tutti gli effetti
come forze meccanizzate, e stanno operando nei settori più importanti e critici
del Donbas e della Crimea. È bene sottolineare come le caratteristiche di
“bivalenza” delle forze aviotrasportate russe e ucraine differisce radicalmente
da quanto avviene per le similari componenti delle altre forze armate in
occidente e nel resto del mondo, dove l’impiego come normali unità di manovra
di reparti aviotrasportati o aeromobili è previsto solo in via eccezionale o in
particolari situazioni e contesti operativi, facendo essi parte a tutti gli
effetti della categoria delle forze “leggere”.
La vulnerabilità della fanteria: mezzi vecchi e inadatti
Una delle lezioni apprese del precedente conflitto in Donbas del 2014-15 ha riguardato l’elevata vulnerabilità dei veicoli da combattimento della fanteria, in particolare quelli cingolati delle serie BMP (Boyevaya Mashina Pekhoty) e quelli ruotati della serie BTR (Bronetransportyor), in dotazione a entrambe le parti, nei confronti di praticamente tutte le tipologie di armamento controcarro. A tal proposito è stato osservato come le squadre di fanteria che sono normalmente trasportate a bordo di questi veicoli preferivano in molti casi sistemarsi all’esterno di essi, sullo scafo, durante il movimento, secondo la modalità che nella terminologia anglo-sassone è definito “tank-riders”, accettando il rischio di esporsi alla minaccia del fuoco delle armi portatili e delle schegge di granata, piuttosto che correre quello di restare intrappolati all’interno quando essi venivano colpiti e sistematicamente incendiati e distrutti dai missili e dai razzi controcarro degli avversari. Una delle motivazioni principali della relativa scarsa protezione di queste tipologie di mezzi (anche se, comunque, come descritto in precedenza, sempre relativamente maggiore rispetto agli ancora più leggeri BMD) è che essi furono concepiti in epoca sovietica, quando lo scenario d’impiego erano le operazioni offensive da condurre sul “Fronte Centrale” della NATO, in Germania occidentale, dove uno degli ostacoli principali da superare sarebbero stati i grandi fiumi tedeschi che sbarrano le direttrici d’avanzata da est verso ovest. Di conseguenza, un requisito tecnico fondamentale identificato per molti dei veicoli da combattimento dell’esercito sovietico era quello della capacità anfibia, da ottenere con una determinata configurazione veicolare e una limitazione di peso che andava inevitabilmente a scapito della protezione. L’esercito russo pare aver preso atto da diverso tempo di questa problematica, tanto da avviare l’acquisizione di una nuova generazione di IFV (Infantry Fighting Vehicle), quali il Kurganets-25 e il pesante T-15 Armata (48 tonnellate). Quest’ultimo, in particolare, possiede uno stesso scafo similare a quello del nuovo carro da battaglia T-14 Armata (con la principale differenza dell’alloggiamento del motore, che è posto frontalmente, una soluzione che ne aumenta la protezione nell’arco frontale), aspetto che lo qualifica a tutti gli effetti come IFV “pesante”, con una concezione adottata già da tempo per questa categoria di mezzi dall’esercito israeliano. A essi si aggiunge il Bumerang, un veicolo da trasporto per la fanteria, o Armored Personnel Carrier, ruotato (8×8) destinato a sostituire i veicoli della serie BTR. Tuttavia, questa nuova generazione di mezzi, aventi lo scopo di rinnovare profondamente il parco dei veicoli da combattimento dell’esercito russo, nonostante i primi prototipi siano apparsi già nel 2015, stanno ancora attualmente completando la fase di sviluppo (come sta avvenendo anche per l’innovativo carro da battaglia T-14 Armata), e probabilmente anche a causa di problemi finanziari non sono ancora entrati in servizio. Per questo motivo, le operazioni in Ucraina, così come sta avvenendo per i principali modelli di carri, sono ancora condotte dalle unità di fucilieri motorizzati russe con i mezzi della precedente generazione BMP-BTR-BMD, con tutte le possibili implicazioni del caso in termini di protezione e vulnerabilità.
L’attesa dell’offensiva russa su Kiev. Il commento di C. Bertolotti a SKY TG24 (8 marzo 2022)
Di fatto assistiamo alla conquista russa di una larga parte dei territori ad est del fiume Dnepr con l’esercito ucraino che però riesce in parte a rallentarne l’offensiva (con azioni definite di contrattacco “di alleggerimento”, che non sono risolutive ma volte a disturbare le operazioni nemiche); ora se a Nord, il fronte di Kiev vede alcune avanguardie russe già presenti nelle aree periferiche a est della capitale, è però vero che un’azione di forza non è ancora stata avviata e che alcune unità regolari ucraine sarebbero presenti ai fianchi e alle spalle dei russi su questo fronte, sebbene non abbiano la capacità di contrastare una probabile azione di attacco russa.
Claudio Bertolotti
L’attesa dell’offensiva russa su Kiev. Il commento del Direttore Claudio Bertolotti a SKY TG24 (8 marzo 2022)
Rallentamento russo e controffensiva ucraina: tra “difesa a istrice” e fango (D+14)
Dal
punto di vista prettamente tattico, il decorso delle operazioni sta mostrando
diversi aspetti ormai piuttosto definiti e consolidati, cui se ne aggiungono
altri che emergono dagli ultimi sviluppi osservabili sul campo.
La “difesa a istrice” dei centri abitati e i “contrattacchi” delle forze
ucraine
Come
facilmente previsto sin dal primo apprezzamento risalente ai primi giorni del
conflitto, gli ucraini hanno fatto ampiamente ricorso a una “difesa areale”, forma di manovra
propria delle operazioni difensive, che consiste nella condotta di attività
tattiche su posizioni statiche “ancorate” al terreno, integrate da
contrattacchi locali da parte di unità in riserva tattica, e aventi come scopo
il mantenimento di posizioni chiave (“key
position”) e terreno vitale (“vital
ground”). In particolare, anche questo un elemento facilmente previsto, le
forze ucraine hanno basato la propria difesa sui centri abitati, sfruttandone a
fondo l’elevato valore impeditivo. Un elemento molto significativo è relativo al
fatto che molte posizioni ucraine su queste località reiterano la propria
resistenza anche dopo essere state tagliate fuori, e finanche circondate, dai
reparti russi. Ciò è particolarmente evidente nel settore Nord-Est, dove la
profonda avanzata delle forze russe verso il lato orientale di Kiev si è
lasciata indietro diverse città ancora in mano a reparti ucraini ancora attivi.
A questo punto, pur con tutte le cautele del caso in tema di paralleli storici
(anche e soprattutto in campo militare), è comunque utile segnalare un’analogia
con quanto è avvenuto sul fronte orientale, ossia in quello stesso teatro
operativo, durante la seconda guerra mondiale. Sul fronte del Gruppo Armate
Centro, durante la prima controffensiva sovietica seguita alla battaglia di
Mosca, nei mesi dell’inverno 1941-42 i tedeschi attuarono esattamente questo
modello di “difesa a istrice”, con posizioni incentrate su centri abitati che
continuavano a resistere benché circondate dalle truppe dell’Armata Rossa che
li sopravanzavano. Alla lunga, al termine di quel ciclo operativo, la protratta
resistenza delle “istrici” tedesche finì con lo smorzare lo slancio offensivo
avversario. Lo stesso schema difensivo fu adottato, sempre dai tedeschi, nelle
ultime fasi del conflitto, nel 1944-45, quando si trovarono a dover condurre
difficili operazioni difensive facendo ricorso a una riedizione della “difesa a istrice”, con città
fortificate, denominate Feste Plätze
(“posizione fortificata”), che protraevano la resistenza anche dopo essere
state circondate. In questo caso, però, a causa di molti fattori concomitanti
di carattere generale, questa tattica difensiva non sortì risultati decisivi.
La reale efficacia della difesa “a istrice”, infatti, dipende da diversi
fattori, quali innanzitutto la capacità di rifornirle, il tempo entro il quale
possono continuare a resistere validamente, e in ultima analisi la capacità di
condurre poi comunque azioni dinamiche (contrattacchi) in grado di ristabilire
definitivamente la situazione. Di certo, questa analogia è dovuta alle
caratteristiche dell’ambiente operativo (ampi spazi di manovra, terreno a
elevato indice di scorrimento, almeno in vari settori, centri abitati che si
prestano alla difesa), che quindi induce l’adozione da parte dei contendenti di
soluzioni tattiche simili rispetto a quelle del secondo conflitto mondiale.
Quanto le “istrici” ucraine possano avere successo, ora, potrà essere definito
solo dalle inappellabili sentenze del campo di battaglia emesse nei prossimi
giorni.
I russi evitano di combattere nelle città
In modo
esattamente speculare, e anche in questo caso previsto nei precedenti
apprezzamenti, in ossequio al principio dottrinale dell’arte operativa
sovietico-russa, le forze degli attaccanti non hanno accettato di farsi
attrarre nel combattimento in aree urbanizzate, e hanno invece privilegiato lo
sviluppo degli sforzi offensivi in profondità aggirando sistematicamente le
città. Questo sta comunque ponendo le forze russe di fronte al già ricordato “dilemma tattico dell’accerchiamento”,
che consiste nel dover comunque lasciare
indietro aliquote di forze sufficienti a mantenere isolate, e in fasi
successive annientare, le unità nemiche attestate nelle posizioni difensive avversarie
lasciate indietro. Se ciò non avviene in tempi ragionevoli, queste forze
rimaste arretrate possono alla lunga ostacolare l’alimentazione tattica
(rinforzi) e logistica (rifornimenti) delle unità attaccanti, anche e
soprattutto perché i centri abitati sui quali i difensori sono attestati
insistono sulle principali vie di comunicazione. Se invece le punte avanzate,
che penetrano in profondità, raggiungono rapidamente i propri obiettivi e
colpiscono i gangli vitali del dispositivo difensivo, portandolo al collasso,
la velocità e il “ritmo” operativo che hanno mantenuto evitando le città difese
gli faranno cogliere risultati definitivi. La sfida tra l’attacco in profondità
e le “istrici” difensive si basa dunque su una dialettica che si gioca tra le
variabili tempo, forze disponibili dell’attaccante e capacità del difensore di
garantire il sostegno logistico delle posizioni isolate. Cosa avverrà
esattamente, anche in questo caso, lo potremo vedere negli sviluppi successivi
delle operazioni.
Rallentamento russo e controffensiva ucraina
In
aggiunta alla difesa areale ampiamente adottata dagli ucraini nei primi giorni,
e come già indicato in precedenza, essi hanno scelto la fase in cui le forze
russe si trovavano protese in avanti, e in diversi settori, quindi, in “crisi
di movimento, per iniziare anche a contro manovrare e lanciare contrattacchi
con le loro unità di manovra. Ciò è avvenuto a nord-ovest di Kiev, e a nord di Kharkov, e anche senza aver realizzato una particolare
concentrazione di forze queste operazioni sembrano avere avuto comunque un
certo successo, quantomeno nell’arrestare le offensive russe in quei settori.
Il meteo e il rischio del fango per i russi
In
questo quadro un ruolo di primaria importanza, anche in questo caso in completa
analogia con quanto avvenne su quello stesso teatro operativo nel corso del
secondo conflitto mondiale, lo rivestono le
condizioni meteorologiche, e più in generale l’ambiente operativo, che
risultano (e probabilmente lo saranno ancora di più nei prossimi giorni) di
certo un fattore altamente condizionante per l’offensiva russa. In Ucraina si
approssima, infatti, il disgelo, la celebre “Rasputitsa”, che trasforma in un
mare di fango le distese pianeggianti (e le strade sterrate) della regione. Ciò
rende estremamente difficoltose le operazioni in campo aperto di formazioni
pesanti (meccanizzate e corazzate), arrivandone fino a bloccarle del tutto,
oppure di fatto, vincolandole agli assi stradali, privandole in questo modo del
grande vantaggio tattico conferitogli dalla loro capacità di manovrare
rapidamente. Come e in che termini i comandi russi hanno calcolato questo
fattore cruciale, e le soluzioni che adotteranno in condotta per mitigarne gli
effetti, resta da vedere.
Il vantaggio ucraino viene da NATO e Stati Uniti: intelligence, tecnologia
e satelliti
Un
vantaggio tattico (ma che si sta sviluppando certamente anche al più elevato
livello operativo) si sta manifestando dalla parte degli ucraini grazie al
pressoché certo robusto sostegno che la NATO e gli USA stanno fornendo alle forze
di Kiev in termini di Intelligence, piattaforme
ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) e satelliti che orbitano
intorno, e al di sopra, dell’Ucraina già dalle prime fasi della crisi. Questo
contribuisce in modo decisivo alla realizzazione da parte dei comandi ucraini
di quella che nella terminologia NATO è definita “Common Operational Picture” (COP), ossia una rappresentazione
condivisa e veritiera delle posizioni delle forze in campo, delle loro attività
e del conseguente andamento delle operazioni. Ciò si esplica anche in
preziosissime informazioni su dislocazione e caratteristiche di possibili
obiettivi da battere col fuoco (anche se, a parte la nutrita artiglieria, l’esercito ucraino non ha ampia
disponibilità di sistemi per la condotta di azioni di fuoco di interdizione
in profondità, e l’aviazione è ormai
grandemente ridotta, se non quasi annullata, nelle sue capacità) che
consentono lo sviluppo di attività specifiche, quali quelle di “targeting” e successivo intervento con
le sorgenti di fuoco disponibili, che comunque sembrano essere state condotte
con una certa efficacia. In sintesi, questo contributo esterno sta di certo
dando un apporto decisivo nel mantenere efficiente e reattivo il sistema comando
e controllo ucraino, che può sfruttare al meglio la sua “Situation Awareness”
(“consapevolezza della situazione”), assolutamente necessaria per condurre con
successo qualsiasi operazione militare. A titolo di esempio, è quasi certo che
le immagini della chilometrica colonna di mezzi russi avvistata a nord-ovest di
Kiev nelle prime 48-72 ore della campagna, già molto prima del loro apparire
sugli schermi dei mass media
internazionali, fossero state rilasciate ed esaminate nelle sale operative dei
comandi ucraini.
Possibili altre operazioni anfibie russe?
Sin
dalle prime ore del conflitto si sono rincorse le notizie di operazioni anfibie
russe sulle coste del Mar Nero e del Mar d’Azov, ma oggi solo una, in scala
probabilmente ridotta, che avrebbe contribuito all’accerchiamento di Mariupol,
pare sia stata effettivamente condotta. L’apparire a più riprese di unità della
flotta del Mar Nero davanti a Odessa (attività con la quale la Marina di Mosca
sta anche attuando il blocco della costa ucraina) ha fatto poi ritenere
imminente una nuova e più vasta operazione di sbarco su Odessa. Tuttavia, come
peraltro già indicato da alcune fonti qualificate, potrebbe anche trattarsi di
una “dimostrazione anfibia”, ossia un’azione in cui ci si limita a minacciare
l’attuazione di uno sbarco al solo scopo di costringere l’avversario a impegnare
forze per difendere un determinato tratto di costa. Si tratta di una tipologia
di attività peraltro espressamente prevista anche dalla dottrina NATO sulle
operazioni anfibie. Cosa accadrà, esattamente, anche su questo versante, lo
vedremo nelle fasi che seguiranno.
Al via le operazioni aeree russe, oltre ai missili balistici tattici a
corto raggio
Dopo la
presunta “scomparsa” dell’aeronautica russa nei primissimi giorni della
campagna, negli ultimi giorni l’intensità delle operazioni aeree russe sembra
essere aumentata in modo significativo, e con essa, inevitabilmente, le perdite.
Queste ultime, in particolare, soprattutto di fronte a un esercito, come quello
ucraino, che ha mantenuto la tradizionale enfasi sovietica posta sui sistemi
controaerei organici alle unità terrestri (oltre alla ormai arcinota fornitura
dei MANPADS FIM-92 “Stinger” di fabbricazione USA), non dovrebbero suscitare
particolare scalpore, poiché esse paiono in linea con il tasso di attrito, già
ricordato, da riferirsi all’elevatissima letalità del moderno combattimento
simmetrico ad alta intensità. A tal proposito, escludendo volutamente le
campagne aeree occidentali e NATO (ma soprattutto delle forze aeree USA)
sull’Iraq e la Jugoslavia (perché condotte contro avversari di altra natura e
con forze ben superiori) si può ricordare a titolo di esempio ciò che accadde
alla già blasonata e agguerrita aviazione israeliana nell’ottobre 1973, quando
nei primi giorni della guerra del Kippur, nel settore del Sinai, subì perdite
notevoli a opera dei sistemi controaerei egiziani (tutti di origine sovietica).
A tale riguardo, poi, più fonti segnalano lo scarso impiego da parte
dell’aviazione russa di munizionamento guidato di precisione, forse dovuto a
una scarsa disponibilità. Tuttavia, è anche da menzionare l’intenso utilizzo in
questa campagna di sistemi che nella dottrina dell’esercito sovietico prima, e
in quello russo di oggi ora, hanno sempre avuto un ruolo molto rilevante: i
missili balistici tattici a corto raggio. Questi sono attualmente rappresentati
dagli 9K720 ISKANDER (in una versione, la “E”, in grado di lanciare anche
vettori da crociera). Nella concezione russa, questi missili balistici, armati
con testate nucleari o convenzionali, svolgono la funzione di condurre attacchi
d’interdizione in profondità, che in ambito NATO e occidentale sono invece
assegnati quasi esclusivamente alle forze aerotattiche, impieganti, appunto, in
questo ruolo, munizionamento guidato di precisione (fa eccezione, in occidente,
il missile tattico statunitense ATACMS e pochi altri) e ai missili da crociera.
Pare che ormai le forze russe abbiano
già lanciato diverse centinaia di ISKANDER, e questo può spiegare, anche se
solo parzialmente, la non particolare enfasi data all’utilizzo di bombe e
missili “intelligenti” da parte dell’aviazione russa, che pure ne dispone nel
proprio arsenale. I missili balistici tattici hanno poi l’importante
caratteristica di essere virtualmente invulnerabili ai sistemi di difesa aerea
in servizio nelle forze armate ucraine, e questo vale anche per quelli
occidentali e NATO: esistono attualmente, al mondo, ancora solo pochi sistemi
operativi con questo tipo di capacità “Anti Tactical Ballistic Missile” (ATBM).
Agli ISKANDER russi si sono poi comunque affiancati anche altri vettori da
crociera (un’altra tipologia di sistemi, in questo caso contrastabili dalle unità
controaerei ucraine) lanciati dai bombardieri strategici e dalle navi della marina
russa, che hanno aumentato il volume di fuoco erogato dalle forze di Mosca nel
loro complesso contro tutta una serie di obiettivi posti in profondità.
Numerose operazioni di assalto aereo: la punta di diamante
Un tema
che al termine del conflitto sarà certamente meritevole di grande studio e
attenzione, sono gli effettivi esiti e tutto ciò che è accaduto durante la
condotta delle numerose operazioni di assalto aereo condotte soprattutto nei
primi giorni dalle forze aviotrasportate russe, le Vozdušno-Desantnye Vojska
(VDV). Queste ultime, è bene ricordarlo, possiedono il rango di forza armata
indipendente e sono ritenute, in virtù delle loro caratteristiche di forze ad
elevatissima prontezza e mobilità strategica, la punta di diamante dello
strumento militare di Mosca. Dal punto di vista storico-militare, è poi
opportuno ricordare che la specialità delle aviotruppe nasce proprio in Unione
Sovietica negli anni ’20 del secolo scorso, nell’ambito dello sviluppo di
quell’arte operativa che dava, appunto, grande importanza alle “glubokaya operatsiya”, le “operazioni
in profondità”, realizzabili anche con questa tipologia di forze aviolanciate
nelle retrovie dell’avversario. I numerosi resoconti che hanno sistematicamente
riportato i presunti “fallimenti” di queste azioni dei reparti delle VDV (che
hanno suscitato, in virtù di quanto detto, una certa sorpresa da parte degli
addetti ai lavori), andranno quindi attentamente vagliati e verificati.
Si entra oggi nel dodicesimo giorno di guerra, e a poco più di 96 ore dall’ultimo apprezzamento, è ora possibile esprimere altre considerazioni, seppur sempre tenendo presente la marcata fluidità delle operazioni in corso, e una mole di dati e informazioni in buona parte parziali e provenienti da fonti non completamente verificate.
La campagna offensiva
russa prosegue
Dal punto di vista generale,
a livello operativo, la campagna offensiva russa prosegue, con intensità,
seppur caratterizzata da un ritmo disomogeneo nei vari settori e lungo le
diverse direttrici d’attacco. A livello strategico, il presunto obiettivo
costituito dal crollo del governo ucraino, e conseguente collasso dell’apparato
militare di Kiev, non è stato conseguito dalle forze di Mosca, e pare non ottenibile
nel brevissimo periodo.
Confermate le 5
direttrici d’attacco
Sono confermati i cinque
sforzi offensivi russi: a Nord, lungo la sponda destra (ovest) del Dnepr, a
nord-ovest di Kiev. A nord-est, in direzione del lato orientale dell’area di
Kiev. A est, nel settore di Kharkov. A sud-est, nel settore del Donbass, e a
sud, lungo il basso corso del Dnepr, dalla Crimea e in direzione di Odessa.
Le incognite del
settore nord
Nel settore nord, l’avanzata
russa in direzione sud si è sostanzialmente arrestata, forse a causa di
perduranti difficoltà logistiche e di articolazione del dispositivo d’attacco,
ma anche e soprattutto a seguito di un contrattacco condotto dall’esercito
ucraino, lanciato con forze valutate in diverse brigate, di cui una dovrebbe
essere la 14a brigata meccanizzata. In quest’area, le fonti ucraine rivendicano
il fatto di aver addirittura tagliato fuori due unità russe a livello
battaglione, rimaste isolate dal grosso delle proprie forze. In ogni caso, questa
drastica battuta d’arresto, fa sorgere anche dubbi su quale sia la reale
priorità che i comandi russi attribuiscono a questo asse offensivo.
I successi del settore
nord-est
Nel settore nord-est, le
forze russe sembrano aver ottenuto diversi successi e mantenuto il “momentum”
del loro attacco. In particolare, avrebbero sfondato le difese lungo
l’allineamento Nizhnyn-Pryluki,
raggiungendo con le avanguardie l’area a est
di Kiev, ma permangono numerose posizioni difensive ucraine rimaste
arretrate che reiterano la loro resistenza, e potrebbero rallentare lo slancio
dell’attacco avversario, se non anche disarticolarlo nel momento in cui non
venissero eliminate entro un tempo ragionevole.
Attesa nel settore est
A est, nel settore di Kharkov, le operazioni russe sono
sostanzialmente rimaste statiche, fatta eccezione per una puntata verso sud, in
direzione di Izium e dove, più a
nord-est, la conquista di Svatove avrebbe realizzato il ricongiungimento con le
unità russe e separatiste che operano a nord di Lugansk. In esito a ciò,
continuano a minacciare di cadere sul tergo delle forze ucraine lungo la linea
di contatto del Donbass (“morsa”
nord-est del doppio avvolgimento sul Donbass). Tuttavia, in quest’area, a nord
di Kharkov, si è avuto il secondo importante contrattacco ucraino, condotto
pare dalla 92a brigata meccanizzata, che secondo quanto affermato da
fonti di Kiev sarebbe penetrato in profondità e avrebbe raggiunto la linea di
confine. È presumibile, tuttavia, che questa operazione (ammesso e non concesso
che abbia davvero raggiunto le posizioni di frontiera), non possa risolversi in
un completo ristabilimento, da parte ucraina, delle posizioni di partenza, ma
che si configuri come una puntata offensiva (contrattacco “di alleggerimento”)
volta a disarticolare, per un certo periodo di tempo, il dispositivo d’attacco
avversario.
Nel Donbass, a
sud-est, l’avanzata procede lenta
Nel settore sud-est del
Donbass, le forze russe e separatiste avanzano lentamente (si tratta del
settore dove già da molto tempo vi erano posizioni ucraine fortemente
organizzate a difesa) e soprattutto hanno completato l’accerchiamento di
Mariupol, che risulta essere uno dei risultati maggiormente significativi
dell’intera campagna. Su questa città, già da molto prima dell’inizio del
conflitto una delle più fortemente munite dell’intera Ucraina, sono condotte
continue azioni di fuoco di artiglieria e attacchi aventi lo scopo di logorare
le forze dei difensori (tra le quali, vi sarebbe il combattivo e controverso battaglione Azov, che vi aveva già
operato nel conflitto del 2014-15) e restringerne il perimetro.
Il maggior successo è
il fronte sud: da Kherson verso Odessa?
Nel settore sud, il maggiore
successo conseguito dagli attaccanti è stata la conquista della posizione
chiave rappresentata dalla città di Kherson,
vitale punto di attraversamento lungo il basso corso del Dnepr, e l’aver
stabilito da qui una testa di ponte oltre il fiume, dalla quale lo sforzo
offensivo è proseguito in direzione della città di Mikolayv, circa 50 Km a nord-ovest di Kherson e 100 Km a nord-est
di Odessa. Su questa città (già sede
del comando della Marina ucraina, sostanzialmente neutralizzata già dalle prime
ore del conflitto) si è sviluppato un attacco russo, proveniente da Kherson,
coordinato anche con un’azione di assalto aereo, che però, anche in questo
caso, sembra non essere riuscito. Nelle fasi successive, non avendo conquistato
rapidamente la città, le forze russe avrebbero puntato verso nord, con quello
che appare come l’ennesimo aggiramento di un grande centro urbano e aprendo in
questo modo due possibilità: un’azione preliminare di reparti esploranti a
premessa di una prosecuzione in direzione di Odessa, o addirittura l’apertura
di una nuova direttrice di attacco verso nord, lungo la sponda destra (ovest)
del Dnepr ma questa volta da sud. In questo caso si è nel campo della pura
speculazione, anche perché resta da vedere se lungo questa direttrice i russi
abbiano forze sufficienti per una penetrazione così importante e profonda.
Sempre da questo settore, una direttrice d’attacco “divergente” (motivo,
questo, di critica da parte di diverse analisi di fonti USA) è invece verso
nord-est, in direzione dello snodo stradale di Tokmak, e in prospettiva del secondo e cruciale punto di
attraversamento del Dnepr, quello rappresentato dalla città di Zaporozhie, dove gli ucraini starebbero
allestendo nuove posizioni difensive. In questo caso, lo sforzo è concorrente
con quello proveniente dal settore sud-est del Donbass, ha contribuito in modo
decisivo all’accerchiamento su Mariupol, e potrebbe rappresentare la “morsa”
sud-ovest dell’avvolgimento sulle forze ucraine lungo la linea di contatto;
queste ultime, peraltro, avrebbero, ovviamente, iniziato ad arretrare
lentamente attuando attività tattiche di “frenaggio” (termine con un suo
preciso significato dottrinale) o “delay”
(stesso preciso riferimento, ma in questo caso nella dottrina NATO, alla quale
peraltro, quella nazionale fa necessariamente riferimento).
L’ipotesi di una
ritirata ucraina verso nord-est: rischio accettabile?
A breve, se la manovra russa
di avvolgimento continua a progredire significativamente, i comandi ucraini
dovranno fronteggiare un “decision point”
incentrato sulla necessità di dover iniziare un ripiegamento in direzione
nord-ovest, abbandonando completamente le loro posizioni nel Donbass. Questa
manovra, oltre che intrinsecamente complessa e difficile (la “manovra in
ritirata” in tattica, è riconosciuta da sempre come la più complicata e
pericolosa) avrebbe dei riflessi non trascurabili dal punto di vista morale e
politico, visto il significato che l’area in questione riveste nel contesto
generale. In ultima analisi, in questo
settore, le forze russe hanno già
conseguito quello che deve senz’altro essere ritenuto un obiettivo strategico
dell’intera campagna: la creazione della continuità territoriale (land bridge) tra il Donbass e la Crimea
occupati.
In questo momento, è
possibile inserire alcune (sempre sommarie) informazioni riguardanti l’ordine
di battaglia e le unità organiche di entrambi gli schieramenti.
L’ordine di battaglia
dei due schieramenti: le forze russe
Da parte russa, nel settore
nord, nell’area di Kiev, starebbero operando unità della 35a armata
combinata, già schierate in precedenza in Bielorussia. A queste, nel quadrante
più a nord-est del settore, si aggiungerebbero unità della 36a e 41a
armata combinata. Da parte Ucraina, sarebbero poste a difesa di Kiev la già
menzionata 14a brigata meccanizzata e la 72a brigata
meccanizzata. A queste ultime si aggiungono numerose altre unità non meglio
identificate. A nord-est, le unità russe apparterebbero alla 1a e 2a
armata carri della guardia (quest’ultima denominazione, è nell’esercito russo
tradizionalmente un titolo onorifico che sottolinea la storia e la tradizione
dell’unità), mentre da parte ucraina sono segnalate la 93a brigata
meccanizzata e la 58a brigata motorizzata. A est, nell’area di Kharkov,
le forze russe apparterrebbero alla summenzionata 1a armata carri
della guardia e vi sarebbero anche elementi della 6a armata
combinata.
L’ordine di battaglia
ucraino
Da parte ucraina, sarebbero
schierate unità della già ricordata 92a brigata meccanizzata, oltre
alla 53a brigata meccanizzata, cui si aggiunge la 81a
brigata d’assalto aereo. Nel settore sud-est del Donbass, le forze russe
dovrebbero appartenere alla 8a armata combinata, con quelle ucraine
rappresentate invece dalla 54a brigata meccanizzata, dalla 56a
brigata motorizzata e dalla 95a brigata d’assalto aereo.
Segnatamente, se confermata, la presenza in questi due ultimi settori da parte
ucraina di 4 brigate di manovra (meccanizzate e motorizzate) e soprattutto di
due brigate d’assalto aereo facenti parte delle “Desantno-shturmovi viyska
Ukrayiny” (DShV), ossia le forze aviotrasportate che, similmente a quelle
russe, detengono il rango di forza armata indipendente e sono considerate la
“punta di diamante” delle forze terrestri (anche in questo caso in analogia con
i “cugini” delle VDV russe), confermerebbe l’ipotesi secondo la quale in
quest’area sarebbero schierate quelle che sono tra le migliori unità terrestri
a disposizione degli ucraini. In particolare, quelle delle DShV sono delle vere
e proprie brigate “bivalenti”, che possono operare anche come unità
medie/pesanti, avendo in organico anche una compagnia carri, e tra esse la 95a
brigata è considerata la meglio preparata e combattiva.
Perdite, rapporti di
forza complessivi e il fattore “morale”
Dopo diversi giorni di
operazioni, sono emerse molteplici valutazioni riguardanti le perdite e i
rapporti di forza complessivi. Il “tasso di scambio” tra forze russe e ucraine
si attesterebbe a oggi ancora su un 3:1, con numeri che ormai ammontano a
diverse centinaia di veicoli di tutti i tipi e mezzi da combattimento. È ormai
palese che, com’era lecito e facile prevedere, ci troviamo di fronte a un
logoramento proprio di una forma di combattimento convenzionale, simmetrico e
ad alta intensità. Un vero e proprio “tritacarne” che è stato oggetto di studio
per decenni, con riferimento a quello che era il cosiddetto “Fronte centrale”
della NATO, in Europa, quando a fronteggiarsi (fortunatamente in modo
incruento) erano le forze dell’Alleanza Atlantica e del Patto di Varsavia. I
rapporti di forza complessivi sono parimenti oggetto di ipotesi, una delle
quali, che emerge in queste ore, è quale sia esattamente l’entità di quelle
russe (si badi bene, ormai da 10 giorni impegnate quasi ininterrottamente in
operazioni offensive) in rapporto a quelle ucraine, che si conoscevano già, da
prima del conflitto, di dimensioni affatto trascurabili. Secondo alcune
opinioni la superiorità numerica dei russi potrebbe non essere così
schiacciante e decisiva, soprattutto in relazione agli obiettivi e
all’estensione dell’area di operazioni. Inoltre, la sussistenza di non meno di
5 sforzi offensivi, dove i russi non parrebbero aver realizzato una “massa” di
forze decisiva in nessuno di essi (e in alcuni settori anche con assi
“divergenti”, come in quello meridionale) potrebbe aver inficiato, o inficiare
nelle prossime ore, il mantenimento del momentum
e dello slancio offensivo, portando poi, in ultima analisi, a un vero “punto
culmine” della campagna. In ogni caso, a tal riguardo è sempre bene ricordare
come nelle moderne operazioni militari terrestri al tradizionale concetto di
“numero” e “massa” delle forze si affianca (e in qualche caso si sostituisce)
il più evoluto concetto di “potenziale di combattimento” (Combat Power) esprimibile da una forza, in funzione della potenza
di fuoco, qualità di mezzi da combattimento e sistemi d’arma, e last but no least, morale e
addestramento degli uomini. Al momento, solo i nuovi sviluppi delle operazioni,
nelle prossime ore e giorni, potranno iniziare a fornire delle risposte
definite in questo senso.
Odessa: obiettivo russo o piano d’inganno? Il commento di C. Bertolotti a RaiNews24 (5 marzo 2022)
Si sta realizzando la conquista russa di una larga parte dei territori ad est del fiume Dnepr con l’esercito ucraino che riesce in parte a rallentarne l’offensiva e si paventa la possibilità di un nuovo fronte a sud con obiettivo la città portuale di Odessa – a meno che non si tratti di uno specifico piano d’inganno per disperdere le difese ucraine: si realizzerebbe così la linea di azione russa più pericolosa e penalizzante per Kiev che potrebbe privare il paese dello sbocco al mare, andando a creare una cornice russa attorno a quella che di fatto sarebbe una enclave terrestre ucraina. Ciò avverrebbe attraverso un’ipotetica operazione anfibia nell’area di Odessa, un eventuale intervento russo dal corridoio della Transnistria e il ricongiungimento delle truppe sull’area di Dniepro.
Claudio Bertolotti
Mentre il grosso delle truppe russe attende l’ordine di assediare e poi lanciare il possibile assalto su Kiev, aumentano le preoccupazioni per la città costiera di Odessa: obiettivo militare o piano d’inganno? Il commento de l Direttore Claudio Bertolotti a RaiNews24 (5 marzo 2022).
Segni di cedimento nella difesa ucraina: il rischio di accerchiamento russo. Il commento di C. Bertolotti a RaiNews24 (marzo 2022).
Nonostante le difficoltà logistiche e le azioni di disturbo ucraine, la manovra russa procede da est e da sud. Se Odessa cadesse, Kiev perderebbe lo sbocco al mare. Intanto, con la minaccia dell’assalto alla capitale, sul tavolo negoziale Putin può far pesare una posizione di forza.
Claudio Bertolotti
Il commento di Claudio Bertolotti, Direttore di START InSight, a RaiNews24 il 3 marzo 2022.
Non si ferma l’avanzata russa. Il commento di C. Bertolotti a SKY Tg24 (3 marzo 2022)
Avanzano le truppe russe in Ucraina. L’area urbana di Kherson è caduta nelle mani russe. Mariupol offre una strenua resistenza ma è destinata a soccombere. Kharkiv è martellata dai bombardamenti. Kiev continua a essere colpita da attacchi con razzi. Si prospetta un fronte senza soluzione di continuità, da est a sud per le truppe russe che, allargando il fronte meridionale a Odessa, possono chiudere lo sbocco al mare dell’Ucraina, anche fino alla Transnistria. Riprende il tavolo negoziale dove prevale la posizione di forza conquistata dalla Russia sul campo che “concede” l’apertura di corridoi umanitari (funzionale a drenare possibili resistenti e a presentare una Russia benevola). La resistenza ucraina si distingue per volontà, ma la reale capacità di difesa è limitata e potrebbe presto cedere in seguito all’urto della seconda ondata offensiva di Mosca.
Avanza l’offensiva russa. Il commento del Gen. Chiapperini a SKY TG24 (2 marzo 2022)
Il Generale Luigi Chiapperini interviene a SKY TG24 commentando l’avanzata russa in Ucraina e i tentativi di rallentarne le manovra da parte delle forze armate di Kiev e della resistenza.
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🔴@cbertolotti1 a FanPage sulle varie ipotesi dell'attacco👉"(...) non si tratterebbe di droni in grado di fare danni significativi, ma piuttosto di una tipologia di equipaggiamento in grado di fare danni limitati con l'obiettivo di portare l'attenzione mediatica sulla questione" twitter.com/cbertolotti1/s…
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