Libia: Varvelli (Ecfr), ‘viaggio Conte e Di Maio prezzo politico pagato a Haftar’ (ADNKRONOS)
La cattura dei pescatori italiani era ovviamente un pretesto di Haftar
Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ha annunciato la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo, sequestrati in Libia per 108 giorni. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Di Maio si sono recati stamani a Bengasi, roccaforte del generale Khalifa Haftar. Sulla vicenda dei pescatori illegalmente detenuti dalle milizie libiche, due sono gli elementi da tenere in considerazione.
Il primo è che l’Italia si è schierata dalla parte del governo di Tripoli, internazionalmente riconosciuto, ma sostenuto da quella Turchia che di fatto ha sostituito l’Italia come partner privilegiato: un processo di sostituzione che si è imposto a causa della sostanziale immobilità italiana e dell’attivismo spregiudicato di Ankara nel Mediterraneo, che non si è fatta scrupoli nell’inviare armi da guerra in Libia nonostante l’embargo delle Nazioni Unite – e tra gli aiuti anche i combattenti islamisti reduci della guerra in Siria. E questo è molto pericoloso per la sicurezza del Mediterraneo.
Il secondo elemento è l’indebolimento di Haftar, leader militare e portabandiera del cosiddetto governo di Tobruch, la cui autorità non è formalmente riconosciuta e che ha perso quel ruolo chiave che aveva in precedenza. Un indebolimento, quello di Haftar che si accompagna al cessate il fuoco tra le parti e all’avvio del negoziato tra Tobruch e Tripoli che potrebbe portare a un primo risultato nella stabilizzazione libica. Haftar, escluso da questo negoziato e a rischio di essere marginalizzato, ha agito con la forza tentando di compensare la sua sempre maggiore debolezza; e lo ha fatto giocando la carta del ricatto con un’Italia sempre più marginale e in cui i pescatori italiani sono stati, loro malgrado, l’espressione della contesa tra le parti libiche.
“La guerra del gambero rosso” del Mediterraneo è un elemento che conferma la perdita di influenza dell’Italia in Libia: l’evento in sé, associato al sequestro e all’immediato rilascio del mercantile turco avvenuto nel mese di dicembre, evidenzia la perdita di influenza dell’Italia in Libia e nel Mediterraneo a favore di altri attori, tra i quali certamente la Turchia.
Adnkronos ha chiesto ad Arturo Varvelli, direttore dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) cosa rappresenti sul piano politico la liberazione dei pescatori italiani.
un premier e un ministro degli Esteri da un generale che non ha riconoscimento internazionale
(Rak/Adnkronos) “Il fatto che un presidente del Consiglio e un ministro degli Esteri si siano mossi per andare a sancire la liberazione da un generale, il generale Khalifa Haftar, che non ha alcun riconoscimento internazionale o che non dovrebbe averne, è naturalmente il prezzo implicito che abbiamo pagato per risolvere questa situazione”. Arturo Varvelli dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) commenta così con Aki – Adnkronos International l’annuncio da parte del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con un post su Facebook, della liberazione dei “nostri pescatori” bloccati in Libia dal primo settembre, 18 marittimi (otto italiani), fermati al largo di Bengasi dalle forze al comando del generale Khalifa Haftar.
“Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. E’ ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso a Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi”, ha scritto Di Maio su Facebook.
Haftar voleva si muovessero da Roma, ora governo rifletta su posizione Italia rispetto a crisi libica
“E’ chiaro che quello che voleva Haftar era che si muovessero da Roma e andassero a Bengasi e che lui avesse un riconoscimento di questo tipo”, aggiunge Varvelli, “molto felice per la soluzione di questa vicenda”, per “l’ottima notizia”.
“E’ esattamente il prezzo politico che dovevamo pagare e – dice – è stato pagato”. Bisognerà vedere, continua, “nelle prossime settimane, nei prossimi mesi come sarà la posizione dell’Italia in questa crisi, posizione che mi sembra sempre un po’ ondivaga”.
“Ci siamo un po’ trincerati dietro questa formula dell’equidistanza – prosegue Varvelli – ma mi sembra che non abbiamo ottenuto molto. Non siamo diventati migliori amici di Haftar, tanto che ha trattenuto per più di 100 giorni dei pescatori senza alcuna accusa formale a Bengasi e dall’atra parte penso abbiamo perso un po’ di leva su Tripoli”, sul governo di concordia nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale. Ora, conclude, “si apre secondo me una fase di riflessione molto seria all’interno del governo sulla nostra posizione rispetto alla crisi libica” (Rak/Adnkronos).
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ISSN 2465 – 1222 17-Dec-2020 13:04